mercoledì 28 settembre 2011

Sacrificio o vocazione?

Data la crisi, un numero sempre più crescente di neouniversitari opta per facoltà "spendibili", facoltà cioè capaci di garantire un lavoro nell'immediato futuro (medicina, economia, giurisprudenza). Attratti dal miraggio del "poi avrò il mio studio e il mio lavoro", questi studenti abdicano a ciò che vorrebbero fare veramente in nome della sicurezza lavorativa-economica. Io sono della scuola di pensiero opposta. Meglio studiare ciò che ti piace che poi per adattarti a un lavoro si fa sempre ora. La mia facoltà non era di quelle che al solo pronunciarla suscita rispetto, ammirazione e timore tipo ingegneria o similari. Anzi, quando dicevo all'estraneo curioso di turno che studiavo Lingue e Culture per l'Editoria, rimaneva un attimo muto, distogliendo lo sguardo deluso. Poi mi guardava e con fare ipocrita se ne usciva con "bhe una scelta un po' inusuale, ma se a te piace", frase seguita regolarmente da un risolino isterico. Certo che va bene a me gioia, se no non ci investivo tre anni della mia vita. Non capisco perchè uno dovrebbe sacrificare i propri sogni sull'altare dell'occupazione stabile, investendo in un futuro lontano (i dottori non lo diventano a 23 anni, come non si diventa avvocati a 25), guastando il presente. Il presente me lo voglio vivere bene, voglio vivermi bene l'oggi, che al domani ci penserò domani quando aprirò gli occhi. Ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono, per questo si chiama presente, no? Ne sono arciconvinto. Se ne sente di gente per i corridoi dell'università dire "che palle sta facoltà, ma quando mai l'ho cominciata? perchè non sono andata/o a fare Lettere..." E cosa aspetti bel gioioso a tirarti via o chiedere il trasferimento? Che poi quello che mi chiedo è: se fai economia per avere un lavoro sicuro tra 15 anni e già ora sentir parlare di aziende e contratti, partita iva e fatture ti viene la nausea, non pensi che farli per il resto della vita sia un sacrificio logorante? È una conseguenza logica, penso io. E poi la gente è sempre più incazzata, maleducata, infelice. E te lo credo bene. Stai in ufficio otto ore al giorno, con le chiappe incollate a una sedia, a fare un lavoro che ti nausea. Non mi stupisco che l'infelicità imperi, anzi, mi stupirei del contrario. Poi, per carità, ci sono anche casi virtuosi in cui l'antipatia inziale si trasforma in passione perchè si scopre il lato bello della disciplina. Non lo metto in dubbio. Ma quanti di questi casi se ne vedono in giro? Moooooooooolto pochi. In più gli studenti sono condizionati dai vecchi stereotipi del maschio e della femmina. Il maschio già alle superiori dovrebbe fare robe tipo il chimico, il meccanico, l'informatico, mentre la femmina dovrebbe fare la maestra, l'insegnante e bla bla bla. I derelitti che passano nel campo avverso sono vittime dei pregiudizi: il maschio che fa il liceo classico è gay o poco ci manca, la femmina che fa informatica è un maschiaccio o ha lampanti tendenze lesbiche. Ecco, io ora dico basta a tutte ste magagnate infami. Se uno vuole fare una roba non propriamente da maschi, che male c'è? Se una vuole fare una roba non propriamente da femmine, dov'è lo scandalo? Quando si è felici dov'è il problema???? Da nessuna parte! Solo che si fa più bella figura a dire che si è fatto fatica, che la scuola scelta era una scuola di m***a. E via con gli incazzamenti e le denigrazioni gratuite. Sono della scuola di pensriero avversa anche in questa situazione. Non sono mai stato uno di quelli che alle medie sapevano già cosa avrebbero fatto alle superiori e all'università. Ho scelto una cosa alla volta. Il liceo l'ho scelto una settimana prima della chiusura delle iscrizioni. E mi sono scelto un bel liceo linguistico con tre lingue più il latino e tornassi indietro mi rifarei tutti e cinque gli anni. Stesso discorso per l'università. Ho scelto la mia facoltà relativamente tardi, a metà settembre mi sono immatricolato, al primo di ottobre cominciavano i corsi. Sono stati tre anni stupendi, intensi, divertenti, ho riso e sperimentato un sacco. Ho imparato più di quello che avrei mai creduto. La mia facoltà, pur tra alti e bassi, casini burocratici ecc, l'ho amata moltissimo. Potessi rivivere i tre anni appena conclusi, lo rifarei subito. La gente invece ogni volta che dico che mi sono divertito e che sono stato felicissimo della mia scelta ci rimane di stucco, spiazzata, perchè si aspetta che mi lamenti e sbuffi, che dica "meno male che è finita, non ne potevo più, un'università del pippolo". No, io non lo dico. Perchè fin'ora ho sempre scelto quello che mi piaceva, in barba agli stereotipi del maschio, di quello che avrebbe detto la gente e gli amici. Io voglio essere felice della mia vita e non avere rimorsi, né i "se avessi fatto..." nella mia saccoccia di esperienze. La vita è una e me la voglio godere. Niente sacrifici, solo scelte per vocazione!

sabato 24 settembre 2011

Figure di beeeeep

Trallallero trallalà, suona il telefono. Rispondo. È l'amicici Dresdnerin, ancora di salvezza e donna dalla pazienza infinita che mi ha spiegato innumerevoli cose sulla Germania, colmando la mia  enorme ignoranza. Come va come non va, ci mettiamo a raccontarci le nostre storie, i progetti, il lavoro, la mia disoccupazione etc. Poi la conversazione ha preso una piega da film satirico, in cui mentre lei rideva divertita io mi vergognavo a morte. Mi sarei sprofondato.

  • Torquitax: oh ma toglimi una curiosità, chi sono i migliori comici tedeschi, quelli più seguiti?

  • Dresdnerin: puhh, questa è una questione di gusti. A me piace molto Jaya Janar. È un tedesco-turco, cioè i suoi sono turchi, ma lui è nato e cresciuto in Germania.

  • T: Ah e altri comici? non so, quelli più famosi per esempio

  • D: A molti piace Michael Mittermeier o Hape Kerkeling. Si, Hape Kerkeling è figo. Poi c'è ancora Mario Bart, Michael Bully Herbig, Sindy aus Marzan, Oliver Pocher, Cordula Stratmann, Anke Engelke, Helge Schneider, Atze Schröder, Christoph Maria Herbst, Otto Walkes...ach ce ne sono così tanti...Paul Panzer, Dieter Nuhr e altri.

  • T: Caspita, me ne sono accorto sì che ce sono parecchi. E cos'è più divertente per i tedeschi in genere? I temi, gli sketch...

  • D: Varia, in gran parte dipende dal gusto di ognuno.

  • T: Ahnnnnnnnnnnnnnn. In Italia ridiamo molto con i doppi sensi sul sesso o prendiamo in giro i rapporti tra uomini e donne.

  • D: Si, i rapporti di coppia anche da noi e anche i clichées sulle nationalità.

  • T: An, tipo "spaghetti e pizza" sugli italiani

  • D: No no, più sui clichées caratteriali delle nazioni

  • T: E quindi che si dice degli italiani?

  • D: Che gli uomini sono molto gelosi, che si sentono machi e seguono il motto "noi amiamo tutte le donne", ma che però quando vengono stuzzicati dalle loro ragazze o cose così, diventano gelosi e poi diciamo che non avete regole per la strada. Io stessa ho sperimentato le vostre regole e andare per strada a Roma è stata un'avventura. (ride)

  • T: Eh si, è vero... (mi sto già vergognando per la nostra mancanza di disciplina). Però dai posso dire che al Nord siamo meno spericolati che al Sud.

  • D: Vero. Infatti al Sud ho visto più incidenti e macchine sfasciate. Per non parlare del parcheggio (ride). Parcheggiare in Italia è quasi impossibile!

  • T: Eh lo so, non me lo dire. Dovremmo imparare un po' di rigore tedesco e efficienza nel fare le cose.

  • D: Ah, perchè?

  • T: Eh perchè da noi la burocrazia è stressante e un sacco caotica.

  • D: Ma anche da noi sai (cooooooooooooooosa????), solo non così totalmente caotica come da voi...

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  • D: Ah sai ieri ho letto un'articolo interessante sul guidare degli italiani in rapporto al semaforo rosso.

  • T: Ah me l'immagino già. Ci sarà stato scritto che noi non lo rispettiamo mai.

  • D: Come articolo era molto interessante, era tratto da un libro intitolato "Come sopravvivere in Italia senza essere sposati o arrestati". Insomma c'era scritto che voi analizzate il rosso quando arrivate a un incrocio. È rosso -pensa l'italiano- però non è proprio un rosso perchè è quello per far passare i pedoni e se c'è la strada libera passate lo stesso. Poi se arrivate a un incrocio dove il giallo sta diventando rosso e non vedete nessuna auto passare pensate: non è un vero rosso, è un'occasione! e quindi passate lo stesso. Rispettate il rosso solo se vi trovate a un incrocio sconosciuto pieno di veicoli, allora li si che vi fermate. L'ho trovato divertentissimo. (io mi stavo già scavando la fossa dalla vergogna)

  • T: Eh...purtroppo però è vero...

  • D: Lo so! Soprattutto, siete l'unico paese in cui sono stata in cui le strisce pedonali vengono completamente ignorate. Il bello è che non ho mai visto così tante strisce pedonali come a Roma, ma credi che le macchine si fermassero per farmi passare? No. Ho quindi imparato a non fermarmi e andare dritta per il mio cammino, senza guardare le macchine. Se non volevano tirarmi sotto si sarebbero fermate loro.

  • T: Oddio è così imbarazzante sentir ste cose...

  • D: Ma no perchè? Andare per strada da voi è un'avventura!(e ride ancora)

  • T: Ehm si si, è per quello che io, anche se ho la patente, vado ancora in giro con l'autobus. È più comodo e mi viene meno il nervoso, anche se mi tocca aspettarlo spesso e volentieri visto che qua i mezzi pubblici sono sempre in ritardo.

  • D: Ma anche da noi sono sempre in ritardo che credi? Per quello preferisco andare al lavoro in bici...(da quando gli autobus in Germania sono in ritardo???mah, se lo dice lei...)

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  • D: Qualche volta mi devi insegnare a litigare e dire le parolacce in italiano

  • T: @.@ ma no ma no, cerca di imparare un bell'italiano pulito invece!

  • D: Dai dai insegnami, e insegnami anche a litigare con le mani, a fare i gestacci, che voi italiani siete famosi per questo, che riuscite a parlare anche con mani e piedi. Voi riuscite a farvi capire ovunque anche se non parlate la lingua del posto. Ach che belli che siete voi italiani...


Parlare con la Dresdnerin è sempre bello perchè è spiritosa e seria insieme. Oggi però mi ha sotterrato, in maniera del tutto involontaria perchè come si è visto lei adora l'Italia. Io però mi sono sentito un cavernicolo. Mentre parlava m'immaginavo l'italiano medio vestito con un completo di Armani ma con la clava sulla spalla e il muso da scimmia. Meno male che non mi ha visto in faccia...ero color pomodoro! Praticamente ne è emerso che non sappiamo guidare, rispettare le strisce pedonali, che andiamo di fiore in fiore a impollinare in libertà e che all'estero siamo delle scimmie gesticolanti. Che figura di beeeeeeep. Popolo di artisti, poeti, inventori, navigatori e santi...

martedì 20 settembre 2011

Raccolta differenziata

Dopo un anno e più di polemiche, di mugugni e di aperte ribellioni, l'oligarchia delle vecchie di paese ha dovuto cedere. L'azienda rifiuti veronesi ha decretato che ora anche il mio quartiere seguirà il buon esempio e farà parte di quei quartieri modello in cui la spazzatura viene raccolta porta a porta ogni sera. Spariti i mega bidoni della carta, della plastica e del verde. Ora si differenzia in casa e poi alla sera si espongono i rifiuti davanti al portone Una sera la carta, quella dopo l'umido, seguita a ruota dalla plastica. L'unico bidone superstite è la campana del vetro. Prima di diventare brusca l'azienda rifiuti aveva tenuto incontri con i residenti per spiegare benefici e modalità di raccolta differenziata. Le vecchie di quartiere erano insorte, pronte a sfilare in una fiaccolata pacifica per impedire il disastro. Il povero presidente, Paternoster (mai cognome fu più azzeccato), accantonata la linea conciliante, ha preso in mano la situazione e "da domani si farà così", non c'è storia. Le vecchie continuano a sbuffare, ma gli passerà. Il mio quartiere è stato inglobato nel Comune di Verona solo cinquant'anni fa. Quindi qui le tendenze autonomistiche si fanno sentire molto. Tanto che il sentimento diffuso è quello che "siamo ancora paese autonomo e non quartiere della città". Tant'è, dalla settimana prossima si farà così. Chissà se qui questa modalità di raccolta rifiuti di stampo deutsch avrà i benefici effetti che ha anche Oltralpe. O se l'italianità intaccherà la cosa come è costume. Mah, vedremo. Per ora l'emergenza è calmare le vecchie che non trovano pace. Ci vorranno litri di Valium per distendere i nervi a questa massa di galline... Voi che dite, se la metteranno via e si arrenderanno alla realtà dei fatti???

lunedì 19 settembre 2011

Tennis

Oggi ho ricominciato il corso di tennis. Direi che posso depennare un altro proposito dalla lista. Tennis e pallavolo sono gli unici sport che digerisco, sebbene non segua ne uno ne l'altro. Mi piace praticarli, anzi sarebbe meglio dire pasticciarli, perchè un atleta proprio non sono. Non so cosa sia lo spirito agonistico, nè la corsa alla competizione. Non mi piace sprecare energie per essere il numero uno, mi piace giocare a tennis per il puro gusto di muovermi fuori, di rincorrere la pallina, ma mica per diventare il nuovo Agassi. Aborro il calcio, le moto e la formula uno. Se le abrogassero per legge non ne sentirei minimamente la mancanza, anzi sarei il primo a firmare la petizione perchè non li mandino più in onda manco sulla tv. A me il tennis è sempre piaciuto. Tra me e la racchetta c'è stata affinità fin da piccolo, ma mi è stato impedito di coltivare questa passione fino a un paio d'anni fa. Mio padre ha sempre posto il veto a che io m'iscrivessi a un qualunque corso di tennis, lo reputava uno sport troppo poco virile per un maschio. L'unico vero sport virile per lui era il calcio e per un periodo mi costrinse a fare il portiere. Che in sé era un compromesso perchè ho sempre messo in chiaro che io a sgambettare in campo non ci andavo manco morto. Non ho mai capito com'è possibile che 12 uomini affannati si rincorrano come disperati per il possesso di una palla. La finalità di questo gioco dov'è? Bho io non l'ho mai capita e stare in porta non mi dispiaceva, ma...il calcio non era il mio sport. La mia frequentazione dei campi da calcio è durata tre mesi. Tanto li ci è voluto a mio padre per arrendersi e capire che il figlio maschio e il calcio non andavano d'accordo. I traumi della giovinezza che i figli devono affrontare per far desistere i genitori dai sogni di gloria! All'alba di due anni fa, la mia emancipazione ha avuto un salto di qualità quando ho deciso che mi volevo iscrivere a un corso di tennis. A 20 anni sarò libero di fare quello che voglio no? E l'ho fatto. Caro papà mettitela via. La cosa che continua a urtarmi tuttavia sono quei genitori che tutti baldanzosi e con il petto gonfio accompagnano i loro figli al campo da tennis e poi restano li a guardare i loro pargoli giocare. Certo, se si limitassero a guardare niente da dire. Macché. Sarebbe da polverizzargli il culo a pedate. Lascia giocare tuo figlio, lascialo divertire. No. Li incitano, li insultano, li intimoriscono con frasi del genere "ma ti sembra un dritto quello? se mi fai una battuta ancora così moscia stasera niente patatine...il polso più dritto...le gambe devono stare parallele, non te lo dico sempre? le gambe parallele! ...ma insomma Caia sei troppo rigida, sciogliti, con più naturalezza". Allora genitore, mettiamoci d'accordo. C'è un maestro di tennis in campo, se a lui va bene, perchè devi martellarci tutti quanti con i tuoi rimproveri? Il gigio che paghi lo saprà fare il suo mestiere, o no? Sai cosa devi fare la prossima volta? Accompagnare il tuo figliolo e poi sparire, evacuare la zona, evaporare. Che lui viene qua per divertirsi, per muoversi, per sfogarsi, non per sentire te che lo fai sentire un incapace cronico. Altrimenti quando era ora potevi restare tu sciolto e muovere bene il polso, che se finivi a Winbledon, tutti contenti, tu più di tutti. Sempre sti ragazzini sotto pressione. Mi fanno una pena infinita. Li vedi poracci che gli viene la filossera ogni volta che entrano in campo e gli si lancia una palla. Hanno timore a muovere la racchetta. E poi sono legnosi? E sono legnosi si con una tarma appiccicata alle caviglie che gli urla che niente va bene e che sono brocchi. Se no genitore sai cosa fai? Gli insegni tu a giocare a tennis alla tua prole, così risparmi i soldi e risparmi a noi la tua presenza. Che sorbirmi le tue manie da enfant prodige è l'ultimo dei miei pensieri guarda.

domenica 18 settembre 2011

Lekkerland

Una delle infinite, innumerevoli cose che adoro della Germania è la quantità industriale di cioccolata che trovi in qualsiasi negozio e le dosi abbondanti dei dolci. Per non parlare dei prezzi stracciati a cui la vendono. Fosse per me farei incetta, visto che di cioccolata vivo. Non di solo pane vive l'uomo, ma con una bella spalmata abbondante di Nutella il pane va giù che è una meraviglia. Quando mi aggiro per il Viktualienmarkt e vedo tutte quelle belle vetrine di forni con i loro panozzi e il reparto dolci accanto, li saccheggerei per direttissima. In Italia i dolci sono piccoli e costano un occhio della testa, devi farteli durare, i cioccolatini devi succhiarli a poco a poco come i lecca-lecca, se no manco li senti. In terra tetesca se gli chiedi una fetta di torta te ne danno quasi mezza per 80 cent. E come ti si risolleva lo spirito, come cantano le papille gustative non appena addenti sti blocchi di tufo dolciario. Che poi non so come facciano a farle così buone. Sarà l'acqua, sarà una farina magica, saranno le loro mani amorevoli non lo so, fatto sta che i dolci in Germania riempiono stomaco e spirito. Ricordo l'atmosfera dei mercatini di Natale in Marienplatz, con l'aria impregnata di cannella, zenzero e altre spezie non ben definite. I vecchietti che parlando in bavarese stretto vuotavano le tazze di Glüwein, l'odore dei Bratwürst al baracchino d'angolo. Non sentivo manco più il freddo dall'emozione di essere li, guardare le casette di ogni stand, annusare la frutta secca (che poi si appende pure no?), gli schiaccianoci, i merletti rigidi da mettere come centrotavola, le corone d'avvento con sti quattro enormi ceri rossi, le frittelle alla cannella di Norimberga. Oddio non sarei più tornato (vabbè che da Monaco io non tornerei mai, però....), in barba alla temperatura polare, ai piedi ghiacciati e le orecchie che si sfaldavano. E poi i Würst che io mangerei a quantità industriale. Quelli bianchi tipicissimi di Monaco, i classici Bratwürst, i Currywürst, le salsiccette verdi speziate di Norimberga, quelli della Turingia con il budello duro. Mi sto facendo fame da solo... E in assoluto lei, la pietanza di cui mangerei terrine intere, la Kartoffelnsalat. Stravedo per sto modo un po' acetoso di fare le patate (anche se a me le patate piacciono in tutte le salse), lievemente piccante e acidulo ma buonissimo. A Berlino alla sera c'era il buffet e io non mancavo di farmi il tris di Kartoffelnsalat. Finchè potevo magnarmene quanta volevo, pronti con le dosi da caserma. E non possono mancare le zuppette ultradeutsch, come quella di cetriolo, di cavolfiore, di funghi. Mi piacciono tutte, anche quel particolare brodo all'erba cipollina a cui va aggiunto il gnocco di semolino. Qualunque cosa i deutscher mi propinino io lo mando giù. Tanto è tutto buono. Quando sono in Germania stranamente non sento la mancanza di pasta, riso e affini. No no, mi adatto stupendamente agli usi dei barbari. Ingollo il cavolo rosso stufato, le rape rosso fine fine fine, il polpettone di pane raffermo lasciato in ammollo nel latte. Nessun problema. E ancora dosi gigantesche di Strudel a non finire. Innaffiato non dalla birra (ahimè la birra non mi piace), ma da un bicchierozzo di Apfelwein o Apfelsaft. Mi ubriaco di tutte e due, anche se la seconda è analcolica. Prima di tornare in Italia deruberei i supermercati così nei momenti di nostalgia mi preparerei un pranzetto alla tedesca e via. Invece no. Quando sale la nostalgia mi guardo le foto e sospiro. Lo so, sono messo male. Quest'anno mentre con il bus andavamo da un angolo di Monaco all'altro guardavo i portoni delle case e pensavo "quale sarà il portone di casa mia?". Certi amori non si controllano! Eppure gli italiani non sono tutti così elastici in fatto di cibo. I vecchietti scleravano perchè non c'era la pasta alla sera e perchè a colazione il caffè era annacquato. In compenso saccheggiavano il cesto delle brioche e delle marmellate. Anche mio cugino, di ritorno da Monaco in gita scolastica, mi aveva detto che, per carità, la città era bella, ma si mangiava male. Tsè, incolto!

mercoledì 14 settembre 2011

Libri in lingua

Da ragazzo diligente quale sono sto mettendo in atto i propositi espressi nel relativo post. Il primo che ho scelto è il proposito n. 7, ovvero la rivalutazione dell'inglese. Mi sono quindi recato nella Libreria internazionale (una delle molte librerie che adoro) e mi sono sbizzarrito nella scelta di un libro in inglese. Dalle copertine me li sarei portati a casa tutti, tanto erano accattivanti, poi l'ho trovato. Mi chiamava ammaliante con un canto da sirena. L'ho soppesato un momento in mano e ho finito per adottarlo, povero piccolo. Il libro in questione è il primo volume del Signore degli Anelli The Fellowship of the Ring. La commessa alla cassa mi ha guardato con ammirazione, avrà pensato "tanti auguri cocca bello a leggerti sto malloppo in inglese". E devo ammettere che anch'io sull'autobus mi sono fatto un esamino. Speriamo -mi son detto- che non sia in un inglese troppo difficile; che in italiano è un conto, in inglese un altro". Lette due, tre pagine a caso mi son dovuto ricredere. Oltre ad essere scritto molto semplice e blando, l'inglese era molto scorrevole e affascinante. Meno male va là. Già leggere un libro in lingua è una bella sfida, se poi è scritto per specialisti, apriti o terra. Leggere un libro in lingua originale però è un'esperienza che tutti gli amanti delle lingue dovrebbero fare. Non che sia semplice all'inizio. Le prime pagine sono le più impegnative, cerchi una parola ogni tre sul vocabolario e ti sembra di non capirci mai veramente bene del tutto. Senti che qualcosa ti sfugge, che i tempi verbali stridono, che la trama si aggroviglia. L'emozione di leggere in spagnolo, in tedesco o inglese, caspita se è unica però. Poi li ci si sono tante varianti. Non è che letto un libro in lingua letti tutti o si sa bene la lingua. Neeeeeee. È vero il contrario. Cambia lo stile dello scrittore, il genere letterario che richiede determinati registri linguistici, la tipologia dei personaggi e via discorrendo. Bisogna continuare a mettersi alla prova. Come per l'italiano, così è per le altre lingue. Il requisito primo è aver pazienza e perseveranza. Una cosa che raccomando sempre è di comprare lo stesso libro in italiano e in lingua originale. Perchè così oltre a notare le differenze stilistiche e traduttive (fidatevi che il successo di un libro è determinato in larga parte anche dalla traduzione), si svelano anche le modalità espressive tipiche di una lingua. Dove l'italiano mette il condizionale, lo spagnolo preferisce il congiuntivo oppure dove l'italiano vuole il passato prossimo, l'inglese e il tedesco esigono il passato remoto. Che bellezza. Mi estasio di fronte al fascino delle parole, alla loro musica silenziosa, alla melodia che diamo per scontata, ma che in realtà pervade tutta la nostra quotidianità. Le parole sono strumenti formidabili di emozioni e riescono a diffondere le emozioni e le atmosfere di un singolo a tutta una comunità. Per me questo rappresenta uno di quei miracoli silenti che passa inosservato, ma c'è. Basta solo avere gli occhiali giusti per vedere. Di libri in lingua ne ho letti un po', non tutti quelli che avrei voluto, ma la vita è ancora lunga. Alcuni li ho letti direttamente in originale, senza il filtro dell'italiano. Proprio perchè volevo tuffarmi in quell'universo senza reti di sicurezza. Volevo lasciami ammaliare dallo sfumato del non compreso, dalle zone d'ombra delle parole sconosciute. Leggere in spagnolo è bellissimo. La lingua scorre come Coca-Cola, frizzante e stimolante, una pagina tira l'altra. I libri di Matilde Asensi in questo senso sono magici. Ve li consiglio caldamente. Li ho letti quasi tutti. Ora aspetto il terzo volume della trilogia del pirata Martin Occhio d'Argento. Non vedo l'ora. Leggere in tedesco richiede invece più attenzione, perchè il senso delle parole non si può indovinare come con lo spagnolo, bisogna saperlo e punto. Ma m'impegnerò per migliorare pure questo lato. Ora vedremo cosa mi regalerà The Lord of the Rings. Anche se devo dire che l'esperienza si prospetta proficua. Vi terrò aggiornati!!

domenica 11 settembre 2011

Fervente ozista

Da quando sono "disoccupato" ho molto tempo libero. Devo ammetere che non è stato per niente facile passare da un giorno all'altro da studente a tempo pieno a indeciso cronico. Si perchè  anch'io sono ganzo forte dovete sapere. Sono uno di quelle menti illuminate che non fanno mai progetti a lungo termine, preferisco improvvisare. Già alle medie non sapevo cosa avrei fatto alle superiori, dopo la maturità non avevo la più pallida idea della facoltà in cui sarei andato a finire. Mi reinvento giorno dopo giorno. Alla mattina non so cosa combinerò il pomeriggio. Però avere uno scopo, seppur dilatato in anni, era comunque una sorta di impiego. Dopo la laurea mi sono ritrovato li a dirmi "e mo' che si fa ora?". Mi sono lambiccato le celluline grigie in cerca di uno scopo e riflessione dopo riflessione sono arrivato a una conclusione che mi garba molto. Ho deciso di usare questo tempo non come tempo morto, ma come tempo attivo per riprendere i contatti con me stesso, per rallentare il ritmo, per cominciare a fare pulizia, a spolverare quelle aree della mia personalità che l'università assorbiva e/o intorpidiva. Da questo bisogno è nato il blog. Da questo bisogno è nata la ricerca di opportunità all'estero. Da questo bisogno è nata la necessità di sentirmi realizzato. Al momento il percorso intrapreso mi regala molte soddisfazioni e ho scoperto che anche rallentare il ritmo non è una tragedia come ci inculcano. Ci insegnano che chi sta a casa a non fare niente (anche se non per colpa sua perché non trova lavoro) è un peso, è inutile. Ci insegnano che solo lo sbattimento, le corse frenetiche, la produzione nobilitano il nostro essere. Se non ti ammazzi di lavoro, se non torni a casa che sei flambé, non lavori, sei un fannullone, cazzeggi e ti limiti a sopravvivere, anzichè mordere la vita. Questa filosofia di vita la conosco bene. Ci convivo da tot anni. Padre è il profeta di questo stile di vita. Ogni minuto va impiegato, utilizzato, se no è perso. Nel tempo ha sviluppato una dedizione totale e disperata al lavoro. Lui è sempre il primo a arrivare in ufficio alle 7.30 e l'ultimo ad andarsene alle 20. Praticamente nella sua testa lavoro e vita sono la stessa cosa. E quando non c'è il lavoro non ammette l'inattività. Il sabato e la domenica monta sulla bici e per cinque ore, minimo, non lo si vede più. In più del lavoro massacrante, anche l'hobby deve esserlo??? Per carità, io voglio essere diverso. Voglio tenere ben divise lavoro e vita. Perchè io non SONO un lavoro, io FACCIO un lavoro. Quella dovrebbe essere la differenza sostanziale. Voglio recuperare l'idea tutta romana dell'otium ossia del tempo libero dedicato all'educazione interiore, alla cura di sé, all'arricchimento spirituale. Leggere un bel libro sul divano, guardare un film piacevole, divertirsi con le serie frivole, coltivare le amicizie vere. Guardarsi attorno e raccogliere materiale per il prossimo post, camminare lentamente per ammirare meglio la propria città che varia al variare della luce. Rendere più accogliente il proprio habitat, riprendere le fila delle vecchie passioni e riscoprire che ci entusiasmano ancora. Ecco, questo è il mio nuovo impiego finchè non avrò deciso che fare.  Finchè non ci saranno occasioni da cogliere, l'occasione più grande me la voglio dare io. Che non è vero che nel silenzio e nella calma non c'è nulla. Semmai è vero il contrario. Solo con un po' di sano silenzio siamo in grado di recepire i nostri bisogni, le nostre necessità e venirci incontro. L'università e il lavoro ci assorbono e ci stimolano e ciò è bene, ma aver cura di sè lo è di più a mio parere. Io voglio volermi bene e essere felice. L'università finisce, il lavoro si cambia o si perde. La propria interiorità mai. Oggi voglio essere ozioso. E voi?

sabato 10 settembre 2011

Super Genia docet

Sicuramente ricorderete la mia migliore amica, che d'ora in poi comparirà sotto lo pseudonimo di Super Genia, l'inventrice del "meravigliosissimo" e intrepida volontaria appena tornata dalla Bolivia. Bene. Lei è, come definirla, vulcanica in tutto quello che fa, un'eterna entusiasta. Se le dicessi che voglio seguire un corso per piantatori di banane lei ne sarebbe felicissima. Per lei ogni nuovo progetto, anche se assurdo, è bellissimo. Dietro però questa svanitaggine si nasconde un occhio vigile e acuto, indagatore che non manca di stupirmi in infinite circostanze. In occasione di un giro in città mi ha illustrato tutta una catalogazione sua del genere maschile che mi ha affascinato e piegato in due dal ridere. Dopo aver chiesto regolare permesso di pubblicazione e aver pagato i diritti SIAE posso rendere pubblico tale catalogo dietro permesso e patrocinio della Super Genia. A voi:

LE RAZZE MASCHILI


Una breve ma fedele classificazione di quello che è il genere maschile. Le categorie, come riconoscerli e come comportarsi.

-Razza n1 __IL GREZZO O BACCANO__ Direi di partire dal fondo, e quale razza preistorica più indicata se non il ragazzo grezzo? Questo soggetto è diffuso un po’ su tutto il territorio, dal centro città alla provincia. Ma come si riconosce questo animale? Innanzi tutto dall'abbigliamento di dubbio gusto che il soggetto porta non solo malamente, ma ancheggiando di qua e di la. La muta non varia per stagione, infatti il Grezzo porterà 12 mesi all'anno le scarpe da ginnastica con la para alta, i pantaloni con incise sul retro a caratteri cubitali col gesso da lavagna cose del tipo D&G o ArmaniJeans e capelli a leccata di vacca. Nei casi più disperati ce il marsupio in vita..ma in questo caso scatta d'ordine la soppressione con tanto di mazza ferrata. Ma la cosa più sorprendente è il linguaggio. Il suo vocabolario contiene solo 5 parole più o meno articolate ma tutte seguite da suoni gutturali a noi sconosciuti, quali MMMHMHMH  OOOHOO  EEHEHE  CIAO FIGA! UHUMHHMH....ecco..Da non tralasciare l'uso delle bestemmie al posto delle virgole. Ma come ci si salva dal soggetto numero 1? Il trucco migliore è fare finta di essere straniera. Si perche il grezzo non sa neanche l'italiano..come può quindi conoscere altre lingue? ......esatto..

-Razza n2 __IL TAMARRO DAL SESSO CONFUSO__ Il soggetto della razza numero 2 è più diffuso di quanto si posso credere. Frequenta luoghi particolari quali AlterEgo, Epoca e simili (NdR: tutte disco veronesi). Questo soggetto presenta non indifferenti problemi mentali riconducibili a turbe o molestie subite durante la prima infanzia. Come riconoscerlo? Facile. Indossa esclusivamente maglie in microfibra e jeans attillatissimi. Nelle discoteche si addobba come un albero di natale durante la Vigilia, con tanto di collane enormi dai colori fosforescenti (rosa, verde, arancione, giallo...), orecchino con piuma pendente e cintura rigorosamente abbinata non solo a scarpe, maglia, jeans, calzini, mutande e sciarpetta in licra.. ma anche ai divanetti della discoteca e alle luci dello strobo rotante per il quale nutre una profonda passione. Ma lo stadio evoluto di questa razza non si limita a tutto ciò. Al suo armadio aggiunge giledini smanicati da tirolese a scacchi e gadget Hello Kitty che tiene a mostrare con fierezza. Il Tamarro dal sesso confuso si tinge i capelli e ama lo shampoo alle ortiche...e infine, usa il profumo di Britney Spears a quantità industriali. Facilmente riconoscibile anche perche ha soprannomi strani tipo: PIZZO, TIZZO, FIZZO, RIZZO, WESH! BELLA ZIO! ...Come evitarlo?? Fare commenti poco carini riguardo a chi abbina le proprie mutande con il colore della cravatta del buttafuori della sua discoteca preferita. Lo ucciderete.....

-Razza n3 __ IL CHIODO DA BARA__ Più fastidioso delle zanzare di notte, più appiccicoso delle figurine di tuo fratello, più odioso delle briciole di biscotti nel letto. Il Chiodo da Bara è senza dubbio la specie animale più irritante del globo. Non ti lascia vivere, ti uccide di messaggi, di trilli su msn, ti chiede di uscire con lui ogni 4,5 secondi..insomma, una delle Piaghe dell'umanità inviataci dall'Onnipotente in persona. I suoi amici dicono che "però è simpatico".... certo, lo è solo quando è : legato, imbavagliato e torturato in contemporanea. Viene cestinato da un cosi elevato numero di ragazze diverse che lui per primo è stato quello che ha capito il vero  significato di "rifiuto differenziato". Senza alcuna pietà per te, il Chiodo è sempre in agguato, sempre li..dove sei te..ti manda messaggi del tipo "ti vedo........." e privo di ritegno ti chiede di trovarti in centro con lui al 26 di luglio alle 3 di pomeriggio quando all'ombra si rasentano i 79 gradi col 100% di umidità nell'aria dopo che te ti sei appena svegliata dopo una notte passata a guardare tutti e 3 i film integrali con tanto di backstage ed interviste della trilogia del "Signore Degli Anelli" morendo soffocata dalle patatine..Con tutta la tua calma e tranquillità provi a spiegargli che neanche Chuck Norris uscirebbe sul balcone poiché non sussistono le condizioni adeguate.. Ma lui zero. Non capirà mai.. E quando allora la tua pazienza si suicida reagisci male scrivendogli " UFFA SEI PEGGIO DELLA PELLAGRA"... e lui cosa fa? Ti dirà che sei cattiva, insensibile, fredda, non lo capisci...Ma..! ecco il MA..dopo, quando tu sei ad imbottirti di Valium per ritrovare la tranquillità interiore, ti manda un messaggio con scritto : PERO'  AMMETTILO  CHE  TI  PIACCIO!!!!!! ..... ecco, la mia idea dell'inferno è più o meno questa.

-Razza n4 __IL  CARINO INDECISO__ Non sai se gli piaci, non sai se piace a te..o cioè boh tu lo trovi adorabile...lui ti farà mille complimenti anche se sei struccata e con i capelli unti raccolti nel mollettone fuxia e col pigiama in pail verde mela e con le babbucce a forma di Stitch ma.... Qualcosa non ti torna.. Lui non si piace, quando invece le tue amiche si darebbero fuoco o al voto eterno di castità per un suo " Ciao..". Insomma un Rebus senza soluzione, un Sudoku per un neonato..Non ne verrai mai fuori insomma. Tu lo vedi e..bah..ti senti scema perche anche te non ricambi tutto quello che fa lui... Si ti senti proprio in colpa..ma..Qualcosa non ti torna comunque.. Come riconoscerlo? Mmmh beh è sempre vestito bene, capelli in ordine, sorriso a 32 denti 24 ore su 24 alla moda..e con un debole per i fuori pasto.. Difetti:.....ti spiazza solo dicendoti EHI COME VA! .. Pregi: si puo rivelare un ottimo e fedele amico al quale rivolgerti... In alcuni casi il Carino Indeciso si da all'alcool per dimenticare la tristezza e se ubriaco ti può rivelare di essere andato a prostitute colombiane durante un diciottesimo..

-Razza n5 __ IL MEGAFIGO__ Ecco..tutte le certezze che avevi nella vita svaniscono nel nulla appena lo vedi..bruciate, fulminate, estinte. Tu che mantieni sempre la calma e la diplomazia, quando ti trovi in presenza della razza n5 la tua dignità evapora dal tuo Ego come un bicchiere di acqua nel deserto. Lui è perfetto: alto, moro, capelli nerissimi o castani abbastanza lunghi che gli coprono la fronte e in alcuni casi anche l'occhio, ha un profilo talmente perfetto che ti accontenteresti di averne solo un lato, una bocca con i denti più bianchi di quelli finti e la pelle senza niente. Il Megafigo non è umano, è una razza aliena proveniente da chissà quale emisfero. Sembra un Manga giapponese, gli mancano solo i contorni neri... Le sue mani sono lisce e affusolate e il suo essere Androgino ti uccide moralmente ... LUI.. nel 96% dei casi ignora la tua presenza.. non sa chi sei.. mentre tu, di lui..sai anche che profumo usa. Nel restante 4% dei casi. lo conosci e ti saluta anche.. Lui non ti guarda, ti scruta..Riesce a desumere il tuo Q.I da come ti soffi il naso.. Se riesci ad agganciarlo ti ascolta per 12 secondi dove ti giochi tutto. In presenza di questo raro esemplare ti senti una cozza e fai sempre figuracce..inciampi, mentre parli ti esce la ciunga dalla bocca, o starnutisci con tanto di coda sonora ( ECCCCCCIIIIIUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUAAAAAAAAHHHHHHHHHHH!!!!!!  ) Ehm.. Come riconoscerlo? ppppppff!! ti prende un infarto appena lo vedi a 67 chilometri di distanza e vai in iperventilazione. Inoltre, lo sogni do notte vestito Jack-Sparrow con in mano il barattolo di nutella che ti spalmerà addosso.. Difetti : 1) in linea di massima non ti caga...sembra stitico... 2) ce ne sono pochissimi..2-3...mmh..sono una specie protetta.

Care Lettrici come avete notato, la classifica è in prima persona perchè redatta dalla Super Genia stessa. Sono arciorgoglioso del mio scooop esclusivo. In più so che penserete com'è che su un blog scritto da un ragazzo compaia una satira si tagliente sul genere maschile. Facile: trovo che sia sacrosanto poter ridere del proprio genere e accettare le critiche dell'altro sesso. Essere coscienti di sé va bene, prendersi troppo sul serio uccide! Quiiiiiiiiiiiiiiiiiindi è bello ridere di se stessi e perchè no, anche essere leggeri!

venerdì 9 settembre 2011

CV auf Deutsch

La vita quotidiana ci riserva sempre sfide da superare, piccoli problemi da risolvere con pazienza e costanza. La mia oggi mi ha messo tra le mani una bella patata bollente: scrivere un curriculum in tedesco. Premetto che non sapevo neanche da dove cominciare, buio totale, black-out completo. So si e no scriverne uno in italiano, figuriamoci in tedesco che per via di lessico specifico è un castiga matti. Per fortuna esiste Internet, questa magnifica risorsa della società tecnologica. Cerca che ti ricerca ho trovato un prototipo. Scaricato immediatamente mi sono messo all'opera. I prototipi sono carucci, ti fan sembrare tutto facile. Qua ci va questo, li ci metti quell'altro, una passeggiata dai. Seeeeeeeeeeeeee, quando però ti ci mette tu a fare il prototipo ti esce una roba alla bell'è meglio, qualcosa che può ricordare alla lontanissima il modello, ma che non ci si avvicina manco morta. Allora ti metti li a studiartelo ben bene sto minchioso prototipo. Lo analizzi, lo smonti, lo indaghi una voce alla volta e dopo approssimativamente tre ore credi di aver la scienza. Torni al tuo banco di lavoro, ti friggi gli occhi davanti allo schermo e ci dai sotto. Paziente, calmo, con il collo che pulsa dal nervoso. Il risultato c'è. Non è schifoso come quello di prima, ma neppure lindo come lo vorresti. Vabbè, per oggi va così. I compromessi nella vita servono. I curriculum in generale però mi suscitano sempre esami di coscienza. Tipo alla voce conoscenza linguistica snocciolo un bell'elenco: inglese, tedesco, francese, spagnolo, dialetto veronese e mi sento tutto ganzo, cioè sono un poliglotta, mica un imberbe qualunque. La voce dopo "livello linguistico" mi getta in una revisione totale. La ganzeria si è dissolta, fagocitata dalla modestia-umiltà. Bhe si, so l'inglese, ma mica al livello B2 avanzato, se capita quella determinata situazione non saprei rispondere, allora metto un B1 che non si aspettino niente di che. Che almeno sappiano a cosa vanno incontro sti datori di lavoro. Tedesco, oddio, si lo parlicchio e lo capisco meglio dell'inglese dai, ma mica da far discorsi sui massimi sistemi del mondo. Mettiamo un B1 intermedio anche qui e accontentiamo tutti. Spagnolo no caspita, questo lo sai, spara in alto, butta un bel C1 che se non sai come cavartela infili una serie di S dietro alle parole in italiano e lo spagnolo lo parli già. Francese eh, qua si fa dura. Quanto sarà che non lo parlo? Un paio d'anni, forse di più. E' arrugginito, se mi chiedono informazioni ci pianto di sicuro qualche figura da pupazzo gnappo. No no mettiamo un A2 striminzito anche qua che figure di m**** è bene evitarle. A questo punto però il compromesso scricchiola sotto i colpi di martello dell'orgoglio. Che è sta scena desolante? Che mi son fatto anni di liceo lingustico e facoltà di lingue per per sti livelli asfittici?? Qua è da cambiare tutto. Rimaneggia tu che rimaneggio io i livelli salgono tutti di un livello, tranne lo spagnolo che mettere il C2 un po' mi pare eccessivo. Sapersi vendere è un arte, essere sfacciati è un vizio. In termini di capacità non sono propriamente uno che le sbandiera, anzi, se dovessi vincere un Nobel per qualcosa, sarei uno dei tipici che si schernisce subito "no, ma è stata solo fortuna, in realtà non ho fatto niente di più di tanti altri ehm ehm ehm". Anche se segretamente gongolorei e mi direi "grande vecchio, te lo sei portato a casa tu sto Nobel, non un parrucone di quelli la". Però è anche giusto essere fieri delle proprie risorse e aver fiducia nelle nostre qualità. Quindi ho deciso di mettermi in luce, ma non troppo. La modestia ha il suo fascino, ma anche la consapevolezza di sé lo ha. Tanto il più delle volte la morale è che quelli che si sanno vendere stanno in cattedra a grattarsi le natiche, tu invece che sei cosciente (anche troppo) della portata delle tue qualità sguazzi nella mediocrità e porti il caffè all'incompetente che ha avuto il titolo per posta. Ah no. Se spari in alto tu, sparo in alto pure io, poi che vinca il migliore! Ps: stendere il curriculum in tedesco è stata un'impresa tosta tosta. Ma mi ha fatto bene. Mi ha decisamente ringalluzzito! E vaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

giovedì 8 settembre 2011

Genere e numero

Quando ci si accinge allo studio del tedesco e si comincia ad addentrarsi nella grammatica, ci viene spiegato che esistono i casi Akkusativ e Dativ. Bene. Fin qua tutto chiaro. Il passo successivo è illustrare allo studente che l'articolo determinativo e indeterminativo maschile all'Akkusativ cambia, il der diventa den, l'ein diventa einen. Fatto? Beeeeeeeene. Io però al riguardo c'ho un problema. Eh si perchè quando scrivo o chatto l'Akkusativ mi riesce, quando parlo no. Quando parlo in tedesco gli articoli mi escono tutti al femminile. Infilo eine ovunque e buonanotte al maschile, al neutro e ai casi. Anche mentre ordinavo durante la settimana tedesca. Me ne uscivo con la formula magica Ich hätte gern...eine cola...eine hamburger... Salvo poi darmi dell'imbecille appena udivo uscire il femminile dalle mie labbra. Hamburger è neutro, mi dicevo, o tutt'al più maschile. Se usavo il neutro almeno ci facevo più bella figura. Mi sa che soffro di idiosincrasia tra cervello e bocca. In testa so che li c'andrebbe un bel einen, però la lingua non ce la fa, disubbidisce sta infame. Cioè è grave sta cosa. E non so come risolverla. Mica posso star li ogni volta a ritrattare il genere appena mi accorgo di aver toppato. Spesse volte, anzi quasi sempre, faccio finta di niente e sorvolo sull'enorme errore da fesso che ho appena infilato. Certo che sto tedesco ti fa venire di quelle fisime mentali... Un'altro aspetto della lingua tedesca che mi rallenta le funzioni celebrali sono i numeri. Son tutto il contrario dei nostri. E mi devo fare un iter talmente tortuoso in testa per arrivare a capire che numero mi stan dicendo, che penso mi ci vorranno cinque minuti buoni per indovinarlo, sto benedetto numero. Faccio un esempio. Se mi dicono achtundzwanzig il mio cervello comincia a soppesare: allora acht è otto, bon e li ci siamo, poi vediamo, zwanzig è venti, quindi mi ha appena detto otto e venti, ribaltandolo è ventotto. E solo li il 28 si illumina nella mia scatola cranica. Ormai son passati secoli e il tipo davanti a me è invecchiato, ma almeno ci sono arrivato, con un filo di ritardo per carità, ma la pazienza è la virtù dei forti....no? Per non parlare poi di quando i numeri cominciano ad essere a tre cifre, li non esco più dalla selva oscura in cui mi trovo. Quando arrivano a quattro getto la spugna per direttissima e copio dalle mie compagne. Anche li bisogna salvarsi. In compenso la concordanza dell'aggettivo mi riesce abbastanza bene. In tanta miseria almeno una qualità dai! Li non mi posso lamentare. Trovo però che potrebbero affiggere un bel cartello fuori da ogni sede del Goethe Institut con su scritto "Lasciate ogni speranza o voi ch'intrate". Almeno uno sa a cosa va incontro, se la mette via e s'impara il tedesco per hobby, giusto per sapersi ordinare una birra se qualche volta capita in Germania. Che mi dite? Anche voi avete di questi problemi? Condividete, non abbiate paura, che siam tutti sulla stessa barca...o almeno spero!

mercoledì 7 settembre 2011

Programmi culturali (inno a Michael Wigge)

La televisione italiana è molto furba. Manda i onda i programmi culturali tipo Rai Storia, La storia siamo noi, Interviste con la storia o similari sempre a orari molto cristiani. Alle 7 della mattina o dalle 23 della sera in poi. E se no sti intelligentoni ti dicono di guardarti i filmati on line sul sito del programma. Si, io posso anche farlo, ma il nonnetto che non sa manco usare il cellulare, figurati se naviga in internet. Cioè facciamocelo un concetto no? Che la televisione italiana è molto democratica, quello si. In compenso ci sono film per tutti i gusti: sparatorie, thriller, indagini criminologiche (C.S.I., R.I.S. e chi più sigle ha più ne metta), telefilm smutandati, ogni tanto c'è anche qualche filmetto romantico, ma solo quando hanno esaurito il resto. Se no bisogna consolarsi con programmi di ripiego stile Alle falde del Kilimangiaro o quelli di dibattito politico (che io aborro) sulla falsa riga di Ballarò, Porta a porta e Matrix. Morale: non ci si sa dove salvare. I nostri cugini tedeschi invece sembrano amare molto i programmi culturali o quelli che aiutano i telespettatori tedeschi e non a entusiasmarsi per la Germania. Basta andare sul canale della Deutsche Welle su Youtube e sbizzarrirsi a guardare un video dopo l'altro. Dall'ambientalismo al design, dalle interviste a scrittori e scenziati a promozioni delle città europee, dalle presentazioni delle mostre ai consigli per chi visita una determinata città, trovi di tutto. Adoro questo canale. E la stella indiscussa dei servizi che la Deutsche Welle offre è Michael Wigge. Tranquilli, non passate per ignoranti se non sapete chi è, un anno fa nemmeno io sapevo chi fosse. Ora che invce so chi è non mi perdo neanche una puntata dei suoi reportage. Lui è assolutamente geniale perchè coniuga interesse culturale con una buona dose di umorismo, insomma fa informazione divertendo. La prima serie che mi ha conquistato è stata Die Wahrheit über Deutschland dove lui viaggia per tutta la Germania cercando di capire i cliché di cui sono vittima i tedeschi e quindi ricercarne le cause e/o sfatarli. Trovo che sia una bellissima idea. Perchè non fanno una roba del genere anche in Italia? Io sarei il primo a guardarla. Poi Wigge si è cimentato con un'avventura folle. Senza un soldo in tasca, solo guadagnando in loco la somma che necessitava per i prossimi spostamenti ha viaggiato da Berlino fino all'Antartide. Il libro-resoconto che ha scritto, intitolato Ohne Geld bis ans Ende der Welt, in Germania è diventato quasi subito un best-sellers. In seguito ha girato una serie di 30 puntate sulle meraviglie architettoniche, naturali e turistiche più belle della Germania. Il titolo della serie è Das schönste Land der Welte per darvi un'idea di dov'è andato sto uomo vi faccio la lista delle prime 10 puntate:

  1. La porta di Brandeburgo-Berlino;

  2. Zugspitze-Alpi bavaresi;

  3. Il duomo di Colonia;

  4. Il municipio di Brema;

  5. Zeche Zollverein-Essen;

  6. Konopkes Imbiss-Berlino;

  7. Schloß Neuschwanstein-Baviera;

  8. Loreley-Reno;

  9. Città di Quedlinburg;

  10. Le scogliere di gesso di Rügen;


E via di questo passo fino alla puntata numero 30 sulla Hofbräuhaus di Monaco. Al momento però il vulcanico Michael Wigge è impegnato in un altro progetto ambizioso. Sta infatti girando il mondo per ottenere una casa alle Hawaii solo tramite scambio/baratto. A partire da una mela ha cominciato a scambiare, scambiare, scambiare fino ad arrivare dov'è ora, in Brasile, alzando sempre di più la posta dello scambio. Troppo forte sto tipo! Tira fuori idee straganze da quel suo cervelletto. E chi l'avrebbe mai detto che i tedeschi così compassati amassero l'avventura senza rete di sicurezza??? Se comunque volete saperne di più sull'ultima impresa di Wigge, vi consiglio di seguire il suo blog (io lo seguo anche per fare esercizio di tedesco, che tutto aiuta, diciamoci la verità):  http://blog.zdf.de/wigge-blog/ In conclusione, neanche su sto terreno c'è storia. I tedeschi ci battono. Consoliamoci va' che in fattore di pasta non c'è storia per loro, vinciamo nettamente noi. Pensiamola in questi termini: un colpo corre il cane, un colpo corre la lepre (auf veronesisch: un colpo core el can, un colpo core el levro)!

lunedì 5 settembre 2011

Propositi alla Torquitax

Stimolato dal recentissimo post di Eireen rispondo con questo post alla sua domanda (un commento sarebbe stato chilometrico). Se si vuole fare un po' di sana autoironia meglio farlo in pompa magna no? Tanto non c'è nulla di cui vergognarsi.
Propositi per la nuova stagione autunnale-invernale:

  1. Attivarmi seriamente per reperire occasioni che mi permettano di trasferirmi a Monaco, dovessi ridurmi a fare il suonatore d'organetto davanti alla Hofbräuhaus con tanto di scimmietta vestita alla turca e cappellaccio raccattasoldi (sono cosciente del fatto che avventurarsi a Monaco d'inverno è un suicidio, ma da qualche parte bisogna pur cominciare...)

  2. Cominciare a curare la mia eccessiva dipendenza dai filmetti tedeschi in onda su canale5 e dai programmi "trash" del digitale quali Projeckt Runway, Top Chef, Appuntamenti al Buio, Cambio vita...mi ha lasciato, Cerco casa disperatamente, Cortesie per gli ospiti e infiniti altri.

  3. Tornare a fare tennis che qua la culatta s'appesantisce e farla riposare sempre sul divano non va bene.

  4. Diradare il saccheggio al reparto biscotti&cioccolata che ingerire troppi chili di Gocciole al mese non è salutare. E l'insulina mi schizza alle stelle, ops!

  5. Prendere in considerazione il mio prossimo futuro, ovvero: voglio continuare a studiare o cominciare a guadagnarmi il pane nel vero senso della parola?

  6. Riuscire ad andare in fondo ad un libro in tedesco e non arrendermi alle prime 20 pagine, stufo di cercare più parole sul vocabolario che non quelle che capisco.

  7. Rassegnarmi al fatto che devo coltivare anche l'inglese perchè serve, superando la mia insofferenza per tale lingua.

  8. Dare un taglio netto alla mia dipendenza dalle serie in streaming che seguo accanitamente. Vedi Royal Pains, Drop Dead Diva, The Big Bang Theory ecc ecc.

  9. Curare la mia naturale predisposizione alla pigrizia e prendere magari come esempio la mia amica che è appena tornata dalla Bolivia dopo un mese di volontariato laggiù @.@ . Sei mitica...

  10. Selezionare attentamente le serie manga che voglio collezionare che ormai lo scaffale scricchiola e non so più dove metterle!


Mi sa che dovrò fare pure una selezione in ordine d'importanza dei suddetti propositi. Sarebbe meglio vero? Allora forse i primi per ordine d'importanza dovrebbero essere il 5 e l'1. Anche se non metto limiti alla Provvidenza e da qualche parte comincerò, magari proprio da quelli più semplici, tipo il 10. Quello in un giorno posso risolverlo...o almeno credo!

domenica 4 settembre 2011

Toilettes, caffè e sigarette

Come anticipato in un paio di post precedenti, la comitiva che mi ha accompagnato da Monaco a Berlino fino a casa non è stata delle migliori. Arrivavamo perennemente in ritardo ai punti d'incontro con le guide locali, a cena, alle visite dei castelli o dei musei. Ci spostavamo lenti come lumache, sfilacciati per chilometri lungo le strade. Praticamente eravamo un gregge di pecorelle smarrite. Dovunque ci fosse una panchina loro si sedevano, sfiniti, anche dopo 10 minuti di giro a piedi per la città. Per non parlare poi della caccia all'ombra. Se anche ci fosse stato solo un palo a fare ombra, si sarebbero messi in fila indiana, come un plotone d'esecuzione, l'uno accanto all'altro, pur di starsene all'ombra. In due parole: una tragedia. Tra Monaco e Berlino ce ne passano di chilometri, all'incirca 580. E farli in pullman richiede il suo bel tempo. Dopo l'abbondante pranzo (minestre, panini, quintali di kartoffelnsalat e pure la fettina di dolce) si addormentavano come ghiri cinque minuti dopo essere saliti di nuovo sul pullman. Attimi benedetti di pace e silenzio, senza discorsi sulla politica, sui tempi d'oro e sulla guerra. Poi si risvegliavano dal letargo lamentando che erano stanchi di stare sul pullman, che s'annoiavano! Ma se hai dormito fino a adesso come hai fatto ad annoiarti??? Comunque non c'erano santi che tenevano, bisognava fermarsi al primo autogrill per pausa toilettes e per sgranchirsi le gambe. E qua le vecchie davano il meglio di sè. Continuavano a uggiolare che il tour era massacrante per le loro anche, ma appena si aprivano le porte scattavano fulminee e scendevano le scale come corridori, puntando veloci la toilette. Li chissa come mai le anche non si facevano sentire. E' un po' quello che succede quando vai in posta. Che le vecchiette si siedono nei posti più vicini allo sportello "che intanto riposano le gambe" salvo però scattar su rapide passando davanti a te pirla che stai ancora dietro la linea gialla tutto inebetito. Prime alla toilette poi non sapevano come far passare il tempo, visto che dietro c'erano almeno altre 20 donne che aspettavano di usufruire del bagno. Ed è cosa nota e risaputa che le code al bagno delle donne sono molto più lunghe e lente che non quelle al bagno degli uomini. Alleggerite del loro carico ballonzolavano insieme ai mariti fin dall'autista che li deliziava servendogli del caffè. Nel giro di cinque minuti si formava il nugolo di caffeina dipendenti che chiedevano caffè con la bava alla bocca. E stavano li a contarsela, bel belli. E intanto il quarto d'ora destinato alla pausa bagno trapassava nella mezz'ora. Dopo il caffè ci voleva un digestivo, per cosi dire no? E allora momento sigaretta. E il valzer dei discorsi triti continuava mentre il  tempo passava. Insomma dal quarto d'ora iniziale rimontavamo sul pullman tre quarti d'ora dopo. Poi si stupivano, una volta arrivati a destinazione, che fossimo così in ritardo e che ci toccasse mangiare alle 9.30 senza nemmeno essere riusciti a farci una doccia. Ma secondo te, vecchietto mio adorato, di chi è la colpa del ritardo? Di te nonnetto caro, che vuoi il caffè e la sigaretta. Di te anziano vetusto che ti perdi in discorsi che interessano solo alla tua banda di ottuagenari. La scena si ripeteva anche ai pranzi. Da una mezz'ora si sforava nelle ore. E sul pullman tutti stupiti si dicevano tra loro che "caspita, abbiam visto poco oggi eh". Non so come abbia fatto la nostra accompagnatrice a mantenere la calma e la pazienza, a non sgridargli, a non fargli presente che loro erano la causa dei nostri ritardi. Per questo l'ho ammirata. Fosse stato per me li avrei presi a scudisciate, li avrei piacchiati con una spranga incandescente ogni volta che tiravano fuori il pacchetto di sigarette. Porca miseria nera. Quando entravano in un bookshop poi era finita. Non li recuperavi più. E ritardi su ritardi! Ero disperato. Il finestrino a fianco del mio posto era crepato a forza di testate. Non sapevo in che altro modo sfogare la mia frustrazione. Erano talmente rimbambiti che sono riusciti a perdersi ben due volte nel parcheggio dei pullman davanti a Schloss Sanssouci la prima volta e sotto il Carolabrücke a Dresda la seconda. Ammetto che se non li avessimo recuperati non dico che ne sarei stato felice, ma quasi... Quando siamo scesi al punto di raccolta all'aereoporto di Verona ho gioito. Neanche mi sono reso conto che avevo già una decina di becconi (punture) di zanzara di benvenuto (in Germania manco visto una zanzara). Massì -ho pensato- meglio dieci becconi sparsi qua e la che quaranta ottuagenari sul groppone.

sabato 3 settembre 2011

Libri & Divani

Per un amante dei libri come me, anche lo stato e la struttura delle librerie straniere è un aspetto imprescindibile per misurare il grado di civiltà di un paese che non è l'Italia. E devo dire che in questo senso la Germania differisce moltissimo dal Bel Paese (sai che novità...). Analizziamo le due situazioni:

  • Germania. In una libreria tedesca sono predisposti a uso esclusivo dei lettori pratici e comodi divanetti su cui accomodarsi e leggere in santa pace uno o più libri (all'Hugendubel di Francoforte i divanetti erano in pelle rossa, dotati anche di appoggiatesta ortopedici. Mai visto tanto lusso). E leggono sul serio. Quando entri in una libreria tedesca devi parlare a bassa voce altrimenti disturbi. I divanetti servono anche per darti il tempo di leggere qualche pagina del libro che ti interesserebbe comprare per valutare se effettivamente ti prende, ti appassiona e costituisce quindi un buon acquisto. Nessuno ti mette fretta o lancia occhiatacce. Il divanetto è li per te da apertura a chiusura. Il tedesco mi diceva addirittura che le librerie fungono anche da biblioteche semiufficiali. Ossia se non si ha voglia di comprare un certo libro, ma lo si vuole leggere ugualmente, lo si può leggere a puntate un giorno dopo l'altro. Libertà assoluta. Se non si trova un certo libro ci si rivolge alla suchenkasse, dietro alla quale il ragazzo o la ragazza ti indicano gentilmente dove si trova il volume richiesto, consultabile senza impegno. Inoltre ogni libreria è dotata di una caffetteria dove si possono leggere i libri appena acquistati o non acquistati tra una sorsata di caffè e l'altra. Le librerie sono anche dotate di una sorta di reparto "universitario" dove sono esposti i codici legislativi e tributari, vocabolari bilingue e monolingue etc etc anch'essi consultabili senza impegno. Ho visto con questi occhi studenti seduti al tavolino del bar consultare il codice civile, prendere appunti e poi rimetterlo sullo scaffale. Un ulteriore motivo di stupore è stata la modalità di vendita. In Germania solo il primo libro è apribile, leggibile, consultabile. Gli altri dietro sono incellofanati per evitare che si sgualciscano. Ecco questo riguardo per la parola scritta mi ha proprio commosso. Perchè un libro non è solo pagine, inchiostro e copertina, è anche un oggetto da vivere e rendere nostro. Un libro è una foresta silenziosa che cresce con te.

  • Italia. Salvo rare eccezioni da noi divanetti o poltrone per i lettori non se ne vedono. Non si vede neanche gente che legge. Se mai si scorre velocemente il risvolto di copertina per sapere la trama e capire se ci potrebbe piacere oppure no. Parecchi libri sono così fuori posto che anche i commessi non riescono più a trovarli e si devono dannare a cercare da uno scaffale all'altro. Se esistono caffetterie interne non sono luoghi in cui leggere, ma in cui fare gossip. Gli studenti non si sognerebbero mai di consultare un codice a caso e poi riporlo a beneficio altrui. Temo invece che il codice scivolerebbe distrattamente nello zaino e "ops! bhe, ci ho guadagnato un codice gratis". Applicando la mentalità tedesca in Italia a quest'ora gli scaffali sarebbero vuoti causa razzia. Una volta che qui disturbi il commesso sei quasi obbligato a comprare il libro, quando magari tu volevi solo sapere se ce l'hanno per sbirciare la trama e qualche pagina, leggiucchiare qualche dialogo. No, qui se te lo vanno a prendere il passo successivo è andare alla cassa e uscire dalla libreria con borsetta e libro. Che il più delle volte resterà a prendere polvere sullo scaffale. Quasi quasi era meglio comprarsi un Topolino, quello si legge di più...


Però devo essere sincero, io mi sono fatto una certa teoria. Dicono tanto che gli italiani non leggono, che siamo un popolo di calciatori e veline analfabeti. Ma non sarà che siamo stufi di comprare un libro per forza anche quando chiedevamo un'informazione? Non sarà che siamo stufi di comprare libri da 120 pagine al modico prezzo di 20 euro? Cioè uno più terra terra con quella cifra ci esce una sera a cena. O no?

venerdì 2 settembre 2011

Lenzuola VS Piumoni (e altri accessori)

Una cosa che mi imbarazza molto ammettere è che ogni volta che entro in una camera d'albergo in Germania non so  mai come gestire il piumone. Te lo presentano anche bene per carità, ripiegato ben bene sul letto a mo' di involtino primavera che invita a ficcartici dentro e farci la casetta come le lumache. Hanno tutta un'estetica del piumone che invita all'uso. Solo che a casa mia, regno di madre, il piumone non esiste. Qua le lenzuola imperano. Di tutti gli spessori. Da quelle più fini per la mezza stagione della mezza stagione a quelle felpate, in lana merinos, spesse come una tavola di legno massello per gli inverni più rigidi. Capite anche voi che quando invece mi trovo davanti una roba multiuso e dall'applicazione semplicissima e sistematica mi manchi l'agilità mentale di farne buon uso. In più quest'anno il caldo aggravava il dilemma. Con sta canicola serale, lo uso o non lo uso il piumone? Se non lo srotolo magari di notte c'è escursione termica, il clima a mille certo non aiuta e da li a una colica alle 2 di notte il passo è breve. Se lo srotolo e poi di notte mi alzo in un bagno di sudore come un cotechino scongelato nonostante l'aria condizionata? Dilemmi esistenziali. Allora decido di tagliare la testa al toro. Lo srotolo si, ma solo a metà, giusto per coprirmi le gambe che ti tengono comunque caldo in caso di escursione termica, ma si possono sfilare agilmente dal piumone in caso di sudore. La falla nel piano è che non avevo tenuto conto che di notte il piumone gode di vita propria. Mi addormento con il piumone che mi arriva alle ginocchia e mi ci sveglio interamente avvolto dentro. Che sto sudando ovviamente. E li la cosa non mi va per niente bene. Me lo butto in fondo al letto, vado a sciaquarmi la faccia, mi rimetto a letto, mi riaddormento e mi risveglio di nuovo avvolto nel piumone. Mi sa che per stavolta l'ha avuta vinta lui... Le lenzuola invece sono gentili, rispettano i tuoi desideri. Se le butti in fondo al letto stanno li finchè  tu, con un'ipotermia mostruosa, non le vai a ripescare tra la veglia e il sonno. Donandoti il loro calore, ma senza esigere eccessivo contatto fisico. Un altro problema che mi si presenta tutte le volte è come gestire la foretta (o guanciale). Le forette tedesche sono mollissime, gommose, avvolgenti, se ci appoggi la testa sprofondi, risucchiato e chi ti vede da fuori oltre al collo non vede più niente di te. Allora la pieghi in due, che fa più volume. E ti senti furbo, ma loro sono più furbe di te. Poco a poco si molleggiano e tu ri-sprofondi. Mumble muble, che fare quindi? Eh, bella domanda... Io poi devo anche pensare ai capelli (si dovete sapere che i miei capelli hanno una spiccata personalità, puoi pettinarli finchè vuoi, ma poi stanno dove vogliono stare), perchè svegliarsi con la permanente da dito nella corrente non è carino! Ma alla fine della fiera ti svegli alla mattina sperando di non avere un topo morto in testa, confidi nel sapiente uso del pettine e come va va. A un certo punto bisogna sapersela mettere via. Infine, l'ultimo oggetto che mi crea turbamento in un hotel tedesco è il water. Eh si si, tra le mie molte fisime c'è anche questa. In Germania il water non è saldamente piantato a terra come in Italia, no! In Germania il water è incassato nel muro, leggermente sospeso da terra. E la cosa mi crea non poche paturnie. Sarà che sono rimasto traumatizzato dal mio primo soggiorno monacense dove il water di turno schricchiolava paurosamente ogni volta che mi ci sedevo sopra. Al che ogni volta stavo in punta di piedi, con le chiappe elettrificate, auscultando il water che non mi crollasse da sotto il didietro (che poi -pensavo- come glielo spieghi alla reception? eh sapete mi sono seduto e il water mi è crollato da sotto il culo...non son cose belle da dire). Eh si che non sono grosso, anzi sono piuttosto mingherlino e asciutto, non mi porto mica dietro il peso specifico di un elefante. Eppure... In più, i water tedeschi hanno il gradino interno, così ogni volta che ridoni alla terra ciò che ti ha donato puoi ammirare orgoglioso il tuo prodotto interno lordo. Ecco, questo proprio no! Tiro l'acqua e ciao, mi risparmio certe scene. Pare invece che i tedeschi ci tengano molto a osservare ciò che producono. Stando a un intervista letta su Deutsch Perfekt, i teutonici la osservano attentamente per monitorare ogni giorno il loro stato di salute. Pensate che a Berlino esiste l'apposito tour dei wc pubblici, basta rivolgersi alla guida specializzata nel suddetto tour. Certo che dicono tanto degli italiani, ma anche i tedeschi quando ci si mettono sono bislacchi forte...

giovedì 1 settembre 2011

Risvolti scientifici

Dopo ricerche e confronti, interviste con cavie da laboratorio, verbosi verbali e colloqui con altri specialisti sono arrivato alla conclusione che un punto d'incontro tra la Germania e l'Italia c'è e esiste. Un grazie particolare va alla mia eminente sorella che con un fugace commento mi ha illuminato d'immenso, mi ha guidato verso la rivelazione della settimana tedesca. Ecco il mio assioma: se a un tedesco e a un italiano parlate nelle loro rispettive lingue, questi si illuminano letteralmente, si prodigano in sorrisi e cortesie. La conoscenza della lingua è la chiave della vittoria, il metodo primo per vincere la simpatia tanto del germanico che del latino. So già che mi chiederete prove scientifiche e incontrovertibili. Le ho. Le ho sperimentate io stesso e or ora passo a illustrarvele.

  • Berlino, Potsdamer Platz. Il sottoscritto si era rifugiato nel centro commerciale sotterraneo ivi ubicato per sfuggire al solleone e godersi l'aria condizionata. Era ora di pranzo e tempo quindi di procacciarsi il cibo. Quale scegliere? e, orrore orrore, come riuscire a farsi capire senza passare per un impedito? La risposta è la preparazione! Mi sono preparato in anticipo il discorso d'esordio (si lo so, è veramente patetico ^^) e mi sono buttato. Il cameriere, non appena ho proferito parola in lingua tedesca, si è illuminato. Mi ha esibito un largo sorriso e tutto baldanzoso mi ha servito, lasciandomi nel piatto anche una dose extra di fazzolettini. Li per li non mi sono reso conto della scoperta che avevo fatto, in effetti ero troppo occupato a darmi pacche sulla spalla e complimentarmi con me stesso per il risultato raggiunto. Ma la via ormai era aperta. E il grammofono suonava Don't Stop Me Now dei Queen.

  • Berlino, Hotel. Premettendo che la mia famiglia non parla tedesco (l'unica formula che sono riuscito a fargli impare è il dankeschön di cortesia) tocca sempre a me il ruolo di interprete. Al tavolo era finita l'acqua e la caraffa vuota reclamava di essere riempita. Così appena la signorina è venuta a portar via i piatti le ho chiesto se poteva portarne un altra. Mi ha guardato con fare commosso e con un sorriso da pubblicità progresso mi ha risposto Ja, gern, sicherlich. E li mia sorella ha osservato "Sono più contenti se gli parli in tedesco mi sa". Il giorno dopo ho iniziato a testare la somma verità.

  • Potsdam, Park Sanssouci. Ora di pranzo, stomaco che reclama. Un baracchino di currywürst e bratwürst ci fa l'occhiolino. Come resistere? Tocca a me ordinare per tutti e quattro e ognuno lo vuole a modo suo. Chi con la senape, chi senza, chi con il ketchup, chi nudo e crudo. Non mi tiro indietro. Stavolta improvviso, mi faccio avanti, resto concentrato, è un successo. Mi sarei abbracciato. E il giradischi fatato che suona nella mia testa comincia a cantare Yes Sir I Can Boogie delle Baccara. Cammino a due metri dal suolo mentre il gentiluomo del baracchino mi augura una buona giornata! Che tenero...

  • Potsdam, Schloß Cecilienhof. Mia mamma ha addocchiato il Mc'Donald e non riesce a resistere. Vuole la macedonia. La gentile ragazza, avendo notato la mia titubanza, traduce ogni mia parola in inglese. Che avvilimento. Ma il suo sguardo divertito mi suggerisce che lo fa per me, perchè io mi senta più sicuro. E va bhe, un fallimento ci sta. Non si può sempre cavalcare l'onda. La gentilezza comunque è innegabile. Mi manca solo un'ultima conferma per poter provare la mia tesi.

  • Monaco, Hotel. Per cause varie, che esporrò in dettaglio prossimamente, siamo ovviamente in ritardo e i poveri camerieri, alla bellezza delle 10 di sera, sono ancora li che servono 55 maledetti turisti italiani. Poracci. Ogni volta che mi mettono davanti il piatto sorrido e ringrazio educatamente esibendo il dankeschön. Ogni volta mi guardano straniti e rispondono arrossendo bitteschön. E qui accade una cosa singolare. Nel mio piatto c'è sempre la porzione più abbondante, sarà un caso? Mah, mistero. Se anche fosse favoritismo, perchè lamentarmi? Ich spreche Deutsch!!! C.V.D. (come volevasi dimostrare)


Tutte le esperienze sovraesposte mi hanno condotto a questa soluzione. In maniera più approfondita posso annotare inoltre che i bravi tedeschi sono consapevoli che la loro lingua, al pari dell'italiano, non è parlata in maniera diffusa e che la sua difficoltà intrinseca scoraggia anche i combattenti più duri. Tendono quindi a essere riconoscenti a coloro che si sforzano di comunicare. Carucci! Non sono tremendamente teneri???