venerdì 28 dicembre 2012

Bilancio del Natale

natale-spesa-biscottiMi sono ingozzato come un pollo all’ingrasso, mi sono fatto venire un fegato schifosamente grosso come quelle delle oche del paté, ho inchiodato le mie chiappe sulla sedia fino a farle diventare piatte e mi sono disidratato la lingua a forza di gossip, chiacchere e pettegolezzi. E lo rivendico con orgoglio!!!

No perché guardate che non se ne può più eh. Tutti che parlano di sta benedetta crisi. Tutti che si lamentano che va male. Tutti che piangono il morto. Tutti che ululano alla luna “miseria, miseria”. Ma basta! Voi e la vostra crisi, voi e la vostra miseria. Certo la situazione non è delle migliori, ma star li a strapparsi i capelli come le coribanti mica ci si guadagna niente. Come se fosse colpa nostra oltretutto. L’abbiamo voluta noi la crisi? Abbiamo votato ad un referendum apposito pro/contra crisis? No. O almeno io non l’ho fatto. Direi piuttosto che sono stati gli amici smarmigatori delle alte sfere, i piazzatori delle banche o le scimmie che chiamiamo deputati ad appiopparcela. Per cui io ho deciso di fregarmene alla grande. Che poi tutta sta lagnanza, tutta sta giostra del lamento non è che aiuta!! Continuando a gridare “al Lupo! al Lupo!” prima o poi il lupo arriva davvero e allora si che so’ cazzi. La negatività attira altra negatività. Un minimo di pensiero positivo non vi ammazza!

E volendo fare l'avvocato del diavolo oso dire che ora ci toccherà pure tirare cinghia, ma finché durava ce la siamo spassata alla grande, sprecando risorse e capitali per robe futili assai. Sentivo in centro delle signore che si lamentavano che con questa crisi maledetta avevano dovuto razionare la parrucchiera. Invece che tutti i sabati trattamento completo, dovevano andarci una volta ogni due settimane! Pensa te che tragedia. Allora la domanda sorge spontanea. Vuoi dirmi, cara amica cotonata, compare amante della messa in piega, che in tutti sti anni non ti sei mai lavata i capelli nel sicuro delle tue mura domestiche? Che non sai nemmeno da che parte si prende in mano un phon o un bigodino? Se le cose stanno così fatti un calcolino e vedrai quanti soldini bellini hai speso per farti bella. E già che ci sei fatti pure un esamino di coscienza.

Concordo che questo, forse, è un caso limite, ma converrete anche che è assai esemplificativo. Perciò voglio farmi venire il sangue amaro per gli sprechi altrui? No. Voglio io sentirmi in colpa per la crisi causata da altri? No. Voglio io guastarmi la voglia di vivere solo perché mi ritrovo a vivere in un periodo di recessione? No no e ancora no. Io voglio godermela lo stesso. Ed è quello che ho fatto. Mi sono fatto venire gli occhi a panda a furia di guardare cartoni (Up, La collina dei papaveri ,Ralph Spaccatutto, Toy Story 3 – La grande fuga, Piovono polpette), che portano più buonumore e speranza di tanti film lagnosi e/o apocalittici.

Per cui basta con la lagna, avanti con la lasagna!

Chi vuol essere lieto sia del doman non v’è certezza..!

Ah, quasi dimenticavo…buon scivolone nel 2013. Ci vediamo l’anno prossimo!!!!!!!!!!!!!!!!

venerdì 21 dicembre 2012

Questa donna è un genio...

…e io sono d’accordo con lei al 100%. Generalmente io non parlo di politica, è un argomento che lascio volentierissimo a Redpoz e Bortocal. Perché loro son più bravi, se ne intendono, sanno di cosa parlano, sanno valutare e distinguere il cretino dal figo. Se mi ci mettessi io tempo due righe e la mia colossale ignoranza, il mio enorme disinteresse e noia per l’argomento salterebbero fuori di pacca proprio. Però ogni tanto mi concedo una licenza poetica. Mi prendo un permesso speciale autofirmato. Mi do il nulla osta per conto mio. E lascio parlare lei, la somma Guru Littizzetto che con il suo intervento ha espresso para para il mio pensiero su tutto sto maramagna politico. Godetevi le sue immortali parole in questo estratto:







E ora mi sale l’imbarazzo. É praticamente cosa certa che il 24 febbraio si andrà a votare. Io, che sono un cittadino qualsiasi, un pecorone disinformato e pacioso, guardo le tre alternative:

Berlusconi. Ho la nausea.

Monti. Uh, che stitichezza.

Bersani. Ecco l'attacco di diarrea.

Credo che voterò per la quarta opzione: il partito della bruschetta!

mercoledì 19 dicembre 2012

Playlist monachese

come-ascoltare-musica-dal-pc-senza-scaricare--L-bMS7cmErika, se sei sintonizzata su queste frequenze, ti becchi un grazie per avermi dato l’idea con il tuo post!

Quando si dice le coincidenze della vita. Vi è mai capitato di ascoltare fino allo sfinimento una canzone in un preciso momento della vostra vita e riascoltarla poi per caso a distanza di mesi? Ecco. Capita anche a voi che nell’istante in cui la riascoltate vi passino nella testa tutti i pensieri, le immagini, le sensazioni, gli odori che si erano cristallizzati intorno a quel testo e a quella musica? No perché a me capita. Mi capita persino, a volte, di associare un ricordo preciso a una strofa particolare. Tipo quando ascolto il ritornello di I was born to love you dei Queen mi scorrono in sovrimpressione le date di inizio e fine della Guerra dei Cent’anni. Si, ogni tanto mi viene il dubbio che dovrei farmi vedere da qualche neurologo…

Ad ogni modo l’altro giorno in macchina ho riascoltato per caso Somewhere only we know dei Keane e mi sono rivisto nella casa a Monaco, in cucina, a spulciare annunci di lavoro. E prima che me la dimenticassi del tutto ho buttato giù una playlist sommaria di quelli che sono stati i miei tormentoni monachesi. La colonna sonora dei miei folli giorni bavaresi!

Somewhere only we know – Keane

We all stand together – Paul McCartney

You can’t hurry love – Phil Collins

Top of the world - The Carpenters

Opening Sugar Sugar Rune

Opening Smile Precure

Tonari no Totoro

Waltz of Chihiro

I write the songs – Barry Manilow

Buongiorno – Luciano Pavarotti

Ancora qui – Renato Zero

We are young – Glee Cast

Daydream believer – The Monkees

I colori del cuore – Cristina d’Avena

Maledetta primavera – Loretta Goggi

Sono come tu mi vuoi - Mina

Ah quelli si che sono stati giorni memorabili e sbroccati!!

domenica 16 dicembre 2012

Questo (non) è un paese per vecchi(e)

strega

Sono più astute di una faina, più insidiose di un serpente e più velenose di una tarantola. Si aggirano furtive tra i corridoi dei supermercati, scorrazzano indisturbate per le strade cittadine, siedono statuarie sui sedili dei mezzi pubblici. Il loro numero è in continuo aumento, le loro fila si ingrossano a ritmo vertiginoso, si riproducono a velocità esponenziale.

Le vecchie.

Sono dappertutto. Ovunque ti volti le vedi. Magari una di loro mi sta persino leggendo in questo momento (se è così considerate il presente post come un’amichevole critica costruttiva). Si riconoscono facilmente: portano capelli cotonati progettati per resistere a una tromba d’aria, si paludano in lunghi cappotti dal taglio antiquato, disponibili in tutte le sfumature di marrone, nero o violetta, indossano tassativamente le gonne (il pantalone è troppo trasgressivo per loro) intonate con gambaletti antistupro, si strizzano i piedi callosi in mocassini lucidi demodé e indossano occhiali dalla montatura dorata anni ‘50. Non rinunciano mai a un filo di tacco. Aborrono le volgarità come gli stivali, i piumini, le scarpe puntute e i cappotti con il pelo sintetico. Occasionalmente avvolgono il loro corpo incartapecorito in voluminose pellicce maleodoranti. Poiché prediligono odori forti quali naftalina, mentolo, borotalco per cammelli e antisettico da farmacia, il vostro naso capterà la loro presenza molto prima del vostro occhio.

Le vecchie acquisiscono con l’età un passo felpato degno del miglior ladro professionista. Compaiono all’improvviso accanto a te in posta, in fila alla cassa o al banco del macellaio. Fai appena in tempo a girarti che loro son li. Presenti. Predatrici. Attente a cogliere ogni tua minima mossa. Ogni tua minima esitazione. E approfittarne immediatamente, senza scrupoli e con un diabolico ghigno di soddisfazione sul viso. Perché loro ci godono a farti lo sgambetto. Eccome se ci godono! Sono abilissime nello sfruttare gli acciacchi dell’età a loro vantaggio per passarti via al banco del pane, per accaparrarsi il quarto di bue migliore e la fettina di pancetta appena tagliata. Sviluppano una fretta patologica in prossimità della cassa che si trasforma in matusalemmesca lentezza pochi minuti dopo. Avete notato che ci impiegano due decadi per infilare tutto nelle borse?! Ti fulminano con lo sguardo se ti azzardi a sbuffare o a notare che nel frattempo ti sono cresciute le ragnatele tra i capelli. Se però ti attardi tu a liberare lo scivolo d’acciaio perché cerchi i 5 cent, ti guardano con commiserazione, commentando mentalmente che i giovani d’oggi son veramente imbranati e impediti.

Esibiscono con malcelato orgoglio il bastone: un utilissimo arnese che assicura loro il posto a sedere in banca o alla panchina della fermata del bus. Salvo poi sfoderare uno scatto olimpionico non appena il tabellone in banca segna il loro numero. Li anche le anche operate, il bacino fratturato o l’osso sacro incrinato diventano doloretti tipici dell’età. Nel giro di pochi istanti cruciali ritrovano elasticità e velocità, lasciando te a bocca aperta, visibilmente disorientato. Quelle più furbe tra loro poi si avvicinano alla meta gradualmente. Fanno pochi passi nella tua direzione, fingono di controllare l’ora e intanto riducono la distanza tra te e loro e in men che non si dica ti hanno superato, assicurandosi così di essere le prime a salire sull’autobus per potersi acchiappare il posto migliore (sempre se non è già occupato, va da sé).

Da quando son tornato subisco le loro angherie spesso e volentieri. E un giorno vorrei tanto, così, per togliermi uno sfizio, dire in tutta franchezza ad una di queste vecchie: “Signora, lei e tutte quante quelle come lei, m’avete proprio sbragato la fonchia!!!”. Con gentilezza e cortesia, s’intende.

martedì 11 dicembre 2012

Fauna umana - Asilo

F2Leggendo l’altro giorno La Profe di Antonella Landi (libro che per altro consiglio) mi sono imbattuto, a un certo punto, in una classificazione approssimativa che l'autrice fa degli studenti. C’è l’Impavido, la Melatiro, l’Assenteista, l’Onanista, la Sotuttoio, la Beicapelli, la Timida ecc ecc. Tutta la varia umanità spiattellata e decodificata senza tante cerimonie. E pensandoci bene anch'io ho incontrato magnifici esemplari di cucciolo d’uomo alquanto imbarazzanti e bislacchi.

Non dovrei nemmeno andare a pescare tanto lontano nei ricordi per scovare personalità di mancata fama, ma volendo prenderla larga, già all'asilo ho avuto l'incerta fortuna di entrare in contatto con questi, come chiamarli...personaggi??

Alberto l’Artista: questo bel tipetto non era in classe con me. Io ero con la Maestra Gialla, lui con la Blu. Però all’asilo si sa, si è democratici: giocavamo e disegnavamo tutti quanti assieme. Alberto l’Artista aveva sempre mantenuto un basso profilo. Disegnava in silenzio, tratteneva il respiro quando c’era da restare entro i margini della figura, alzava la mano quando c’era da andare in bagno. Normalissimo. Di certo non sarebbe diventato un tronista di Uomini e Donne o un concorrente del Grande Fratello. Tutt’al più avrebbe potuto diventare uno dei postini di C’è Posta per Te. Ecco quello si. Se non che un giorno non si presentò. Le maestre, prima di rispondere alle nostre domande, si scambiavano sguardi angosciati. Poi ci refilavano una delle loro scuse passepartout che noi bevevamo tutto d’un fiato, già dimentichi dell’assenza dell’Artista. Che tornò qualche tempo dopo, esibendo un magnifico trofeo sul viso: la mascherina antismog (quella mascherina bianca che copre naso e bocca per intenderci). Facendo spallucce accettammo il fatto che ok, era tornato. Anche se la mascherina sparì subito dopo nessuno si prese la briga di chiedere o spiegare. Forse un’influenza, una grave polmonite, vai a sapere. Sta di fatto che durante la sua assenza gli avevano prelevato damigiane di sangue.

E nella disgrazia l’Artista trovò l’ispirazione. Un’ispirazione talmente potente da spingerlo a disegnare ossessivamente cerchi bianchi e rossi diligentemente divisi da una linea retta che tagliava in due il foglio. Ogni volta esibiva il suo magistrale lavoro a noi ingenui dilettanti chiedendoci: “Ti piacciono i miei globuli bianchi e rossi?”. La domanda divenne ben presto il tormentone dell’anno e fiero del suo talento d’artista ne sfornò a centinaia, intitolandoli con dubbio gusto “Globuli bianchi e rossi 1, 2, 3, 4…” Era nata una stella. L’unico deragliamento, l’unica licenza artistica se la concesse un giorno che disegno un’Italia interamente blu. Intitolò la sua opera “Italia sommersa”. Leopardi sarebbe stato fiero del suo innato pessimismo cosmico. Da bravo Artista qual’era dedicò tutto il resto dell’anno a perfezionare la circonferenza dei suoi globuli. A volte assomigliavano a delle pizzette, a volte a delle baguette, a volte a delle focacce mal riuscite. Ma lui mica si arrendeva eh. Giammai. Emulo di Giotto, anche lui un giorno avrebbe tracciato a mano una perfetta circonferenza. Consumò un numero spropositato di album, riempiendoli tutti con lo stesso tema ricorrente. Chissà se avrà mai disegnato “Globuli rossi e bianchi 100” oppure 1000…

Gemma la Cannibale: all’apparenza innocua, il donnino in questione aveva un’anima da vampiro. Prima ancora di Twilight e affini, lei aveva l’insana abitudine di dimostrare il proprio amore mordendo, tatuandoti i suoi incisivi sulla spalla e sul polso. Il malcapitato non poteva far altro che fuggire, pararsi il didietro con circospezione e mettersi le gambe in spalla non appena l’ombra della Cannibale si profilava all’orizzonte. Stranamente però non vestiva di nero, non esibiva borchie o catene d’acciaio al collo, saltellava invece di qua e di là come una giovane gazzella, indossando scarpine LellyKelly ricoperte di strass e maliziose gonnelline rosa. Insomma si mimetizzava alla grande. Ecco perché i suoi morsi sorprendevano  e disorientavano. Arrivavano inaspettati come il dolore che ne derivava.

Le maestre tentarono più e più volte di insegnarle tecniche di seduzione e d’acchiappo un filino più ortodosse. Ma lei niente. Il morso era il suo marchio di fabbrica. E secondo me un metodo per contare gli ignari fidanzatini che erano caduti nella sua rete. Le altre femmine la guardavano con sospetto, forse invidiose della disinvoltura con cui la Cannibale andava dritta al sodo. Io ho avuto la somma sfortuna di non essere stato morso. E dico sfortuna perché tra noi maschietti i suoi morsi erano una specie di rito di iniziazione: chi veniva azzannato a tradimento poteva entrare a buon diritto nella categoria dei fighi. Io dalla Cannibale guadagnai solo un piede azzoppato quando litigammo per un dolcetto di Santa Lucia. Per risolvere la questione a suo favore mi assestò un sonoro pestone. Lasciai la presa e lei l’ebbe vinta. Oltre che Cannibale secondo me Gemma era anche al 50% Amazzone!

Poi vabbè, c’erano bambini molto meno pittoreschi, ma altrettanto bislacchi. C’era la Fanalona, così chiamata perché già mezza cieca come una talpa e armata di sensualissimi occhiali tondi più simili a due enormi lenti d’ingrandimento calate sugli occhi che stilosissimi accessori civettuoli; Il Maschiaccio, la tipica ragazzina ribelle più a suo agio con un pallone tra i piedi che con una Barbie tra le mani. E Il Ciambellino, l’adorabile compagno di merendine più largo che alto e dalle guanciotte a luna piena. Le voci dicono che la prima si sia fatta l’intervento al laser, sbarazzandosi così degl’ingombranti occhiali e sfoggiando un nasino niente male, che la seconda giri ricoperte di borchie a mo’ di porcospino urbano e che il terzo, dopo una cura dimagrante disumana, sia diventato uno sciupafemmine di categoria deluxe. Un classico.

Prossimamente le Elementari!

sabato 8 dicembre 2012

Super Genia Adventurland

arbre%20fioriSi consiglia la lettura a un pubblico di soli adulti. Il contenuto e le evenienze ivi narrate potrebbero causare infarti fulminanti (dalle risate). Non riproducete i gesti a casa senza l’ausilio di un sex trainer. Lettore avvisato, mezzo salvato…

Pancri, grazie per avermi dato la spintarella necessaria a diventare cantore di torbidi fatti! Questo post è per te!

Ci fu un tempo in cui le erotiche gesta della Super Genia erano materia di leggende. Le sue imprese commuovevano i fornicatori impenitenti e scandalizzavano i borghesi benpensanti. La sua disinvoltura suscitava grida di ammirazione nelle giovani donne emancipate e mormorii scandalizzati nelle vergini di professione. Ci un tempo in cui la Super Genia sorprendeva tutti, nel bene e nel male. Nessuno sapeva chi era, eppure tutti conoscevano la sua storia. Io, il menestrello di fortuna Torquitax, ho avuto l’altissimo privilegio nonché l’immenso onore di essere suo compagno di sensuali scorrerie. Ho ricevuto da lei il sommo favore di essere suo confidente. Ora che molti anni ci dividono da quei lontani giorni, è tempo che la verità dei fatti venga narrata. Il velo del pregiudizio, del chiacchericcio e della leggenda deve essere squarciato. E ch’essa prenda finalmente il posto che le spetta nell’olimpo degli eroi del sesso.

La Super Genia non temeva nulla. Aveva il cuore e le doti predatrici di una leonessa. Lei non aspettava di esser scelta, giammai!, era lei a scegliere gli uomini. E nessun individuo appartenente al sesso forte poteva distoglierla dalla sua preda, che il prescelto ne fosse consapevole oppure no. Il rito di preparazione alla caccia era lungo e articolato, perfetto in ogni dettaglio, studiato con largo anticipo.

SG: Torqui ho messo gli occhi su un bell’esemplare di manzo, un bel tronco di pino. Speriamo che il pino ce l’abbia anche là in basso e che non si riveli essere un Arbre Magique tutto profumo e niente sostanza.

T: Mia signora, ma lo conoscete almeno codesto esemplare maschile? Lo avete già incontrato prima d’ora a qualche evento sociale? Un ballo, un cena in casa di amici, un ricevimento privato…

SG: È un amico, di un amico, di un amico. Ci siamo scritti in Facebook. Dal tono monosillabico delle sue risposte mi pare uno di poche parole e molti fatti. Stasera lo vedo e se nei primi cinque minuti mi attizza, il signorino stanotte verrà condotto per mano fin sulla soglia del paradiso.

T: Ma madama, vi pare opportuno offrire a questo cavaliere lo scrigno delle vostre virtù così presto? Non preferireste aprire i vostri sacri cancelli al prossimo incontro magari? Prima di far entrare tale turista nei vostri Paesi Bassi, non sarebbe consigliabile trattenerlo alla dogana un poco per appurare se è degno di visitare il paese in questione?

SG: Na, meno perdo tempo e meglio è. Se mi interessa stasera balliamo il tango, altrimenti avanti il prossimo candidato. Per ogni evenienza mi sono già depilata! Meglio essere preparata per ogni occasione. Che si sa, gli uomini una volta oltrepassata la soglia, ci mettono un attimo a riattraversarla…

T: Almeno avete indossato un velo di tessuto per proteggere il vostro portagioie?

SG: Assolutamente no. Se bisogna farlo che si faccia in
fretta. Bisogna aggrapparsi al manico finché dura…

La Super Genia affrontava ogni separazione stoicamente, accettando con immensa pacatezza la piega presa dagli “eventi” rivolgendosi speranzosa al futuro, portatore di ogni gioia e delizia.

SG: Torqui, quello str***o, pezzo di m***a mi ha mollata. Ma che scivolasse giù da una rupe e finisse dritto in bocca a uno squalo bianco gigante di passaggio. Sto c*****e ha inventato una zuppiera di scuse cretine per andarsene!! Ma gli venisse il cagotto fulminante senza fermenti a portata di mano!

T: Desiderate che vi canti un componimento in sua calunnia?

SG: No, vorrei che chiamassi un sicario e lo facessi pestare in qualche vicolo schifoso di Merdolandia. Ho il cuore in pezzi, come farò ora a fidarmi di nuovo degli uomini?? Basta, ho deciso, per una settimana non voglio né vedere, né scrivere a un uomo…sono troppo inconsolabile…

Tre giorni dopo

SG: Mio fidato menestrello ho conosciuto un interessante cavaliere. Pare di nobile cuore e di sostanziosa virilità. Domani sera passa a prendermi con il suo cocchio. Tanto disturbo merita una ricompensa. Ripasserò gli esercizi base per una buona sessione di allenamento brucia calorie sotto le lenzuola.

T: Ma mia signora e che ne è del vostro voto di tre giorni fa? e del vostro dolore?

SG: Uh, ma sei ancora li che ci pensi. Oggi è un altro giorno! Oggi è il giorno ideale per la caccia al falcone!

La Super Genia era sempre solidale con le altre sue simili. Essa poteva essere non solo amica, ma sorella, madre, cugina, suocera e nuora all’occasione. Il suo cuore caritatevole era colmo d’amore e non c’era giorno in cui ella non si prodigasse per portare un poco di felicità nella vita di altre donne.

Continua…

Ps: caruccio il template natalizio, nevvero??

giovedì 6 dicembre 2012

Punto di svolta

Cari tutti.

Rispondere a ognuno di voi con un controcommento mi pareva riduttivo, data la portata del vostro sostegno. Ho riflettuto, ho camminato in tondo, ho infilato il cappotto e mi sono fatto qualche vasca in centro, mi sono guardato attorno e ho realizzato. Quello che manca non è l’ispirazione: Verona può ispirarmi tanto quanto Monaco. No. Quello che mancano sono gli occhi adatti a vedere l’ispirazione che mi circonda. Eh si. Questa è la nuda e cruda verità!

Mi ero fossilizzato su delle posizioni che ora, a mesi di distanza, risultano anacronistiche. Non sono più in Germania. Sono in Italia. Devo prendermi la testa tra le mani e girarmela a 360°, mettendola nella giusta direzione: né avanti, né indietro, ma focalizzata sul presente. Per cui il mio sguardo, troppo rivolto al passato e ad un futuro che lo ricalcasse, non spaziava tutt’attorno. Insomma: stavo camminando con due bei paraocchi comodamente calati sul muso. Eh no. Non va bene. Per niente.

Questo il mio nuovo motto: non guardare né avanti, né indietro, ma attorno. E smetterla di definirmi. Mi ero attestato su di una tipologia di scrittura e argomenti incredibilmente limitati. Ero un espatriato e raccontavo della mia vita in Germania. Punto. Fine della storia. Io sono questo –mi dicevo- e parlo di questo. Il mio blog quindi è solo questo. STICAZZI. Il blog è mio e io non sono solo questo o quello. Parlo di tutto quello che mi va e chi mi vuole leggere mi legge, gli altri amen. Democrazia. Uno sarà libero di scrivere e leggere quello che gli pare no? Per dire.

Qui bisogna tornare alle origini. A quel bel concetto di PAROLIBERISMO che mi ero prefissato nel mio manifesto iniziale e che campeggia ancora sotto la voce Torquitax…chi è costui. Quindi signori miei il P. Dresden non chiude, ma si reinventa. Si rinnova. Si fa il restyling (a partire da quello del template che segna l’inizio di un nuovo inizio, dopo una fase acuta di insoddisfazione estetica). Sarà un periodo di sperimentalismi. Tematici, stilistici e altri –ismi che ora non mi vengono in mente. Questa la mia nuova sfida barra proposito barra progetto. Quanto alla regolarità se ho qualcosa da dire può essere che pubblichi un post per ogni giorno dell’Avvento, se no niente, ciccia. C’è poco da fare.

Contenti? Spero di si, perché io lo sono.

E già che ci sono faccio un appello. Amici di Wordpress, amici smarmigatori del web, potete cortesemente smetterla di mettere tutti i template fighi a pagamento? Invece di mettere Premium tutti quelli spaziali, fate una promozione speciale anche per noi straccioni: cinque template li mettete sia Premium che gratis. Vi piace l’idea? E possibilmente tra quei cinque in super offertona includete anche il Simfo va la’. Che, per inciso, non è quello che vorrei io (!!!), ma giusto uno a caso che mi è venuto in mente. Sarebbe un gesto molto apprezzabile da parte vostra. Ecco.

lunedì 3 dicembre 2012

Nota stonata

Lo ammetto. Ultimamente ci penso spesso e volentieri. E se chiudessi il P. Dresden? Se radessi anch'io al suolo la mia piccola Dresda interiore?? Ogni tanto anche i più incrollabili, inguaribili ottimisti sono presi da momenti di scoraggiamento. E oggi capita anche a me. Sento che la linfa che alimentava questo blog comincia a esaurirsi: senza la Germania e Monaco gli argomenti scarseggiano, la mia scrittura si fa pedante e fredda. Sto perdendo sia l'ispirazione che la freschezza indispensabili per mandare avanti questo spazio. Sono gratissimo ai miei pochi affezionati commentatori nonchè ai miei stimabili colleghi che trovano un minutino del loro tempo per lasciare un commento solidale. Ma oltre a loro? So che si dovrebbe scrivere unicamente per se stessi, perchè si sente che si ha qualcosa da dire, da esprimere, a prescindere da tutto e tutti. E sono d'accordo. Ma quando si scrive senza avere un riscontro polivocale, senza avere un pubblico "nuovo" che alimenti il dialogo...è giusto continuare a pubblicare articoli di qualità scadente? Non sarà che ormai il mio P. Dresden si è sviluppato in quantità fagocitando la qualità?

A volte mi consolo dicendo che per quanti commentano ce ne sono almeno una ventina che leggono senza commentare, ma che aspettano con piacere un mio prossimo post. Eppure la cosa non mi tira su di morale. Mi sento come scacciato dal Paradiso. Ora che non sono più un espatriato, ma un re-impatriato non sarà un accanimento puro e semplice quello che mi spinge a continuare a pubblicare su questo blog? Non sarà che sto tenendo in vita artificialmente una cosa che doveva esaurirsi già tempo fa? Mi dico che alla fine della fiera il mio è un elogio alla normalità, un accendere i riflettori sulle persone senza infamia e senza gloria, cioè i più di noi. Però ogni tanto vorrei sentirmi di nuovo speciale, almeno un pizzico, come quando ero là OltreBrennero. E perché no, anche utile!

Sono irrequieto. Sono insoddisfatto dell'aspetto del mio blog e non riesco a trovare un template predefinito che mi piaccia subito, di botto. Mi accontento del meno peggio. Scrivo. E pubblico. E non posso fare a meno di chiedermi se il mio scrivere non coincida in realtà con il lagnarsi: di questo, di quello e di quest'altro. Voglio dire c'è gente che scrive robe molto più interessanti di quelle che recentemente pubblico io. Che fare dunque? Continuare a costruire o fare tabula rasa? Proprio non so.

venerdì 30 novembre 2012

Dresdnerin in Verona

La Dresdnerin è arrivata alla stazione di Porta Nuova accolta da un mattino particolarmente caliginoso. Aveva compiuto il suo voto da pioniera dell’avventura. E lasciatemelo dire: una gnocca da paura. Una manza mai vista, uno stacco di coscia da manuale, un pezzo di stangone nordico da urlo: alta, magra, ovale del viso perfetto, nasino greco, frangetta modaiola e occhietti vispo-indagatori. Il primissimo pensiero che mi ha attraversato: mazza che gnocca!!! Il secondo: sarà anche un po’ svampita, ma è proprio un bel vedere!

E' stato un avvio lento. Io tutto euforico, con i festoni di benvenuto, munito di chiavi simboliche della città in borsa, entusiasta di vedere/conoscere questa donna dopo ben 2 anni e mezzo di frequentazione chat. Lei amorfa. Dire che ho dovuto cavarle le informazioni con le tenaglie è dir poco. I primi discorsi son dovuto andare a prenderglieli in fondo ai tacchi con la pinza da disinnesco bombe. Poi, vedendo che rispondeva alle domande tipo compiti delle elementari (a domanda segue risposta concisa), mi son detto che bisogna seguire l'onda. Taci finché non parla, intrattienila se apre bocca. Prima tappa obbligatoria: l'Arena. Il suo commento: “ma non è grande come il Colosseo”. E li mi sono un attimo indispettito, ho arricciato il naso a fisarmonica. Della serie cominciamo a fare confronti non graditi. Oh bella, se ti va bene è così. Ringrazia che l'Arena sia ancora in piedi e non sia tre pietre a lato della piazza con il cartellino sghimbescio "Arena" appiccicato sopra. Siamo entrati. "Il Colosseo è più imponente". Recidiva la tipa. É scattato l'atteggiamento muro di gomma: rispondere ok a oltranza. Che ti piaccia o no Verona è questa e basta. Take it or leave it. Continuava ovviamente l'atteggiamento monosillabico barra conversazione ridotta all'osso. Io mi adatto, so essere flessibile.

Proseguendo il tour "sulle tracce di Verona romana, scaligera, veneziana, medievale...tutta la Verona che c'è da vedere insomma" la ragazza ha cominciato a mollarsi, a sbottonare quel cappotto di rigida circospezione germanica che si portava addosso. Tanto che nel momento della pausa pranzo era lanciatissima. Non so se siano stati la passeggiata o i resti romani o il Balcone di Giulietta o i mercatini di Natale a sciogliere il ghiacciaio. Chissà. Fatto sta che una slavina stava per colpirmi in piena fronte. Non la fermavi più. Aneddoti a pioggia, discorsi variegati (e nel frattempo io cercavo di starle dietro, che son 2 mesi che tedesco...ehm ehm), impressioni di viaggio, gossip sul suo Gastgeber rovigotto. Parlava velocissima. In certi momenti non sembrava neanche che tirasse il fiato. Da paura. E io a starle dietro sembravo quello del milionario tanto ero concentrato, mi mancavano solo le cuffie nere in pelle a tutt'orecchio e a posto. Il tutto accompagnato da una cascata di sudore dallo sforzo: fronte imperlata e ascelle che sfiatavano come altiforni industriali. Poi la scena epica: "ma vedo che mi segui bene però, che capisci quello che dico” -  eh bhe, non lo parlo da 2 mesi, ma per 10 mesi non ho parlato/ascoltato/letto altra lingua -  "ma io non mi riferivo a quello, io parlo pochissimo in Hochdeutsch, ora sto parlando sächsisch". Immaginatemi con gli occhi ingigantiti a 2000pixel, gli occhi del porca troia. Vi assicuro che ero allibito. Non tanto per il sassone, quanto perché era più comprensibile del monacese-bavaro. Infatti mi pareva strano che parlasse così bene, ma io pensavo che avesse fatto un atto di carità: parlo semplificato per non farti sentire gnucco che non capisci quello che dico. Tutto il contrario. Lei parlava bellamente in dialetto. Robe da matti.

E per rilanciare aggiungo che la ragazza, oltre a essere benedetta dal dono della gnocchitudine, era dotata di una voce da usignolo. Meno male, meno male, meno male. C’avevo un pensiero che potesse avere la tipica voce da trans delle donne tedesche, che al solo pensiero mi mettevo le mani nei capelli.
Per il resto una donna instancabile. Abbiamo girato Verona in lungo e in largo, abbiamo toccato tutti e quattro i punti cardinali, sceso e scalato le colline che circondano la città e lei non ha emesso un fiato. Non ha avuto il fiatone, non si è lamentata di avere le gambe stanche, non ha fatto un plissè. Altroché un'infermiera, quella li secondo me è un'alpina scelta, un membro onorario dei corpi d’armata d'élite. E difatti si è lasciata andare a rarissimi momenti di entusiasmo, espressioni di apprezzamento. Le mostravo le porte romane, le ex-terme, le piazze principali, i palazzi degli Scaligeri e lei niente. Annuiva, ascoltava, emetteva un suono monosillabico (aha, ok, gut) e scattava un paio di foto. Mah. Tipica teutone: erano ammessi pochi slanci emotivi.
Però poi è arrivata la soddisfazione: Verona ist schöner als Venedig (Verona è più bella di Venezia). Ho immediatamente fatto una chiamata al vescovo e alla Diocesi per dire loro di suonare tutte le campane della città dal giubilo. Quando i barbari germani si lasciano andare a complimenti bisogna festeggiare!!

Mentre il buio calava sul centro storico, le luci si accendevano, svelando il lato “invernal-chic” della città. Gli occhi non le si sono sgranati dall’emozione, va da sé. Ma non mi è sfuggito quell’involontario brillio infantile. Eh no cocca bella, verrai anche da una gran bella città, ma Verona è come una di quelle nobili signore d’altri tempi: indigente, ma di gran classe.
Unico effetto collaterale: ora ho una carnegrea (Muskelkater) da chilo. Mi sento le gambe come filamenti di finocchi: rigide e secche. Sti tedeschi hanno sempre un effetto distruttivo sul sottoscritto.
Oggi meritato riposo!! Che il mio dovere di rendere merito alla famosa ospitalità italiana l'ho fatto!

martedì 27 novembre 2012

Elasticità vs Rigidità

Assioma: l’Italia è la patria dell’elasticità, la Germania della rigidità.

Nella vita ci vorrebbe un buon equilibrio di entrambe: essere elastici quando è giusto, impuntarsi quando è necessario. Però si sa che in fatto di popoli le mezze misure non esistono. Così da noi vige la mentalità elastica, possibilista, al limite del pressappochismo a volte, in Germania impera la rigida osservanza delle regole prestabilite. Capita cioè che mentre noi gironzoliamo per le nostre città pronti a capire e comprendere qualsiasi cosa, arrivando anche a giustificare il furto come un gesto creativo di guadagnarsi il pane, i tedeschi camminano tutto il santo giorno a chiappe strette, con stampata sul viso quell’espressione a culo di gallina tipica di chi ha timore di aprire bocca per non commettere un’infrazione. Difatti quando la commettete voi un’infrazione, per svista o ignoranza delle regole del vivere civile, siete esposti agli sguardi disgustati dei più moderati e mentalmente presi a dadolate negli stinchi dai più conservatori. Fateci caso: la maggior parte dei teutonici ha un’andatura rigida come un ciocco di legno. Segno che se li mettete nel camino, vi riscalderanno durante la cena di Natale.

Mentre per noi il detto “fatta la legge, fatto l’inganno” è un evergreen, per i nostri amici d’oltralpe invece vale l’aforisma “fatta le legge, impartito l’ordine”. A tutto tondo. Senza eccezione. Insindacabile e eterno. Come la porta d’entrata dell’Inferno. Poniamo caso che entri in un bar con l’impellente bisogno di scaricarti la vescica perché ti sta esondando come la diga del Vajont. In Italia ti indicano il bagno anche se ad uso esclusivo del personale. Tutti si muovono a pietà se ti vedono rosso in faccia, sudato e con le mani nei reparti di bassa manovalanza. Tranne i tedeschi. Stai per fartela addosso? Con un aplomb ammirevole ti allungano un fazzolettino: che se devi allagarti le mutande che almeno mi pulisci il pavimento, dato che stai per sporcarmelo. La regola non si strappa e punto. Il bagno è solo del personale e del personale è. Mica storie.

L’italiano è un democratico. Nasce con la democrazia attaccata alla pelle del sedere e ci muore. Talmente democratico che per rispettare i diritti di tutte le minoranze non esita a sobbarcare la maggioranza di tot oneri pur di non ferire i sentimenti dei gruppi minoritari e incorrere nella loro ira. Plateale e di gran classe. Comprensivo ed elastico. Il compare teutone invece non si fa scrupoli. Fai parte del gruppo Antenne fucsia, pungiglione beige? Bene, paghi quello che ti spetta. Sei in minoranza e questo ti cucchi. E se osi lamentarti ti arriva un manrovescio dalla Dea bendata come niente. Che cieca sarà pure, ma gli altri sensi li ha affinati per benino.

Il tedesco è un matematico nato. Va matto per numeri e settori. Ha una mente analitica e logica. Il loro cervello anziché funzionare a impulsi nervosi, segue il codice binario dei bit dei calcolatori. Tanto in ambito lavorativo che linguistico. Per loro la sempre valida massima “al variare del contesto variano le possibilità” è legge certa e autoritaria. Se hai fatto un certo tipo di percorso scolastico puoi iscriverti solo a un ristretto numero di Ausbildung. Il che ti da diritto a cercare solo un certo tipo di lavoro. Vengono lasciati pochi slanci alla fantasia. Ogni passo compiuto è il logico procedere di un percorso già tracciato. Solo così riescono a declinare un verbo nelle sue mille sfumature secondo l’intento comunicativo del parlante, dell’udente, del passante distratto o del gatto sul balcone. L’italiano invece è un letterato. Ci piacciono le libere espressioni, i voli pindarici, i percorsi contorti, i cambi repentini di idee. Da noi i confusi sono quelli con più possibilità: assaggiano un po’ tutto quello che il paese offre senza limiti di sorta . All’italiano la logica importa poco o niente, gli basta immaginare una cosa per renderla fattibile. Possediamo una lingua flessibile, l’impossibile non ci spaventa. Siamo equilibristi per vocazione e giocolieri per necessità.

Per farla breve:

Noi creiamo. Loro mantengono.

Noi interpretiamo. Loro eseguono.

Noi polemizziamo. Loro obbediscono.

Noi comprendiamo. Loro rimproverano.

Noi siamo il poliziotto buono. Loro quello cattivo.

Noi la cicala. Loro la formica.

Noi gli elastici. Loro i rigidi.

Morale? Gli italiani stimano i tedeschi, ma non li amano. I tedeschi amano gli italiani, ma non li stimano. O era il contrario??? Bhe insomma, avete capito!

giovedì 22 novembre 2012

Avevo dimenticato...

…quanto fosse bello vivere l’inverno a casa propria. Aggirarsi per le stanze inondate di luce di prima mattina, scostare le tende e vedere gli alberi ingiallire giorno dopo giorno, accarezzati da radiosi raggi di sole, abbaglianti nel blu terso del cielo

…quanto fosse emozionante uscire di casa con addosso il maglione e il cappotto, avvertendo quel lieve sfrigolio alle guance e alla punta delle dita che sembra dire “l’inverno è qui ormai”.

…quanto fosse bello passeggiare per i monti chiudendo gli occhi e prendere sul viso i raggi mattutini sentendo le foglie scricchiolare sotto i piedi.

…quanto fosse da sturbo essere accolto dall’odore delle caldarroste dopo un pomeriggio in città.

…quanto fosse spettacolare vedere l’Adige scintillare sotto le arcate di Castelvecchio, girarsi e vedere il Santuario delle Torricelle dominare la collina che imbrunisce.

…quanto fosse piacevole lasciarsi cullare dal gorgogliare dell’Adige sotto i piloni di Ponte Pietra, alzare lo sguardo e vedere le arcate del Teatro Romano incorniciate dal cielo azzurro e terso.

…quanto fosse curioso camminare sotto i portici di Sottoriva e immaginare come potesse essere affascinante la Verona dell’Ottocento.

…quanto potesse essere rilassante sedersi in Piazza Dante e prendere il sole di mezzogiorno, addentando un panino e scambiandosi pettegolezzi con le ex compagne di università.

…quanto potesse essere esaltante cominciare a pensare cosa si vuole per Santa Lucia e aggirarsi per i negozi posseduti da quello spirito infantile del “lo voglio…no non lo voglio”.

…quanto potesse essere bello vedere la città che si mette in ghingheri per festeggiare il Natale.

…quanto potesse essere bello accogliere l’inverno a casa propria. Punto.

Della serie “gli inaspettati risvolti positivi del rimpatrio”. O, per dirla con le parole di Nada, “Ma che freddo faaaaaaaaaaaa…”







venerdì 16 novembre 2012

Google Maps, questo sconosciuto!

Previously on Projekt Dresden:

La Dresdnerin vuole venire in Italia, ma non sa scegliere tra Milano e Venezia. Chiede quindi un parere a Torquitax che la indirizza verso Venezia. All’inizio dubbiosa, la ragazza si risolve per la città dei Dogi e comincia a organizzare il viaggio. Prenota i biglietti, ma non l’alloggio. Cercando di risparmiare accetta l’offerta di couchsurfing di un ragazzo che vive am rand Venedigs (queste le sue parole). La data della partenza si avvicina e la Dresdnerin agguanta il telefono in cerca d’aiuto.

Un trillo di cellulare squarcia la quiete sonnacchiosa di un pomeriggio qualsiasi in casa Torquitax.

T: Pronto?

D: Mi devi aiutare con la mia vacanza!

T: Sono tutt’orecchi…

D: Ora so a che fermata del treno devo scendere, sai per il couchsurfing. Il ragazzo che mi ospita mi viene a prendere direttamente là. Però io adesso non so come arrivarci!!! C’è un autobus che dall’aeroporto mi porta a Santa Lucia, giusto?

T: Giusto…

D: Poi da li devo prendere il treno e scendere a “Rovigo”. La pagina in internet però non trova niente!!!

T: …ma Rovigo è bella distantina da Venezia eh…è tutta un’altra città!! Fa capoluogo di provincia…non direi proprio che è am rand

D: Massì, sono solo 50 minuti fino a Venezia!

T: Vabbè, lasciamo perdere. Quindi cos’è che non trovi? Come raggiungere Rovigo o il treno per raggiungerla??

D: Non trovo proprio il treno! Anche se già so che devo partire dalla stazione di Santa Lucia.

T: Lasciami controllare… (Signore aiutami…)

Il nostro, mosso da profonda compassione per la sprovveduta gallinella sassone, consulta velocemente il sito di Trenitalia e in pochi minuti trova tutti i dati del caso e li detta alla sua interlocutrice.

D: Cool! Grazie mille millissime! Sei il mio eroe!!!

T: Ahahaha macchè, per sta scemata. Però ecco segnati il sito. È quello delle nostre ferrovie. L’equivalente delle DB in Germania.

D: Grazissime! Dopo me lo cerco anche dal mio laptop e mi stampo la pagina. Così ho tutto sotto controllo.

T: Bhe a sto punto, dato che sei a Rovigo, sai che puoi venire direttamente a Verona senza dover cambiare treni? O almeno così mi pare…

D: Davvero??? Oh cool, das ist ja super!

Seh, come super è la tua sgallettaggine!! Proprio a Rovigo dovevi andare a finire? Altre città più vicine no? Che so, Mestre, Porto Marghera, Chioggia. C’è una laguna intera in cui sguazzare e lei va a finire a Rovigo, la provincia veneta più a sud. Talmente a sud che per una manciata di km non è in Emilia-Romagna… Che poi, dico io, ma Google Maps, questo grande sconosciuto, che non l’hai consultato? Io è il primo che controllo quando non so dov’è un posto…

Morale: la poverina ha ancora molto da imparare sull’Italia. E devo dire che la sua ingenuità è ammirevole. Nel suo immaginario Rovigo dista solo 50 minuti da Venezia. Si, in linea d’aria forse, ma in linea Trenitalia no di sicuro. Non me la sono sentita di smentirla a oltranza. Anzi, per una volta tanto che ho il vantaggio di poter giocare in casa, mi sento generoso. Preferisco farle un regalo: lasciarle scoprire la verità poco a poco. Che dai, un pizzico di folklore non guasta mai la minestra!

martedì 13 novembre 2012

Un anno dopo

Un anno fa partivo per Monaco.

Un anno fa aveva inizio un'avventura che, nel bene e nel male, è stata indimenticabile.

Un anno dopo sono di nuovo al punto di partenza.

Ma sarà veramente così?

sabato 10 novembre 2012

La Repubblica delle Banane?

...continua dai post precedenti...

Sarà un mio momento di zitellismo acuto, di acidità invernale, di stagionatura fallata. Non so. Ma le telefonate incalzanti della Dresdnerin e le sue domande mi stanno veramente cementificando il bosone. Con il rischioso contraccolpo di otturarmi il tubo del Vaffa, che, si sa, si deve portarlo in borsa come i fazzoletti. Mai uscire senza.

D: Ma quante ore dici che potrei fermarmi a Verona per farmi un bel giro? A che ora parte l'ultimo treno per Venezia che potrei prendere?

T: Mah, non so...alle 10 forse...non so...non mi sono mai spinto a certi orari...

D: Ah bhe buono dai, credevo peggio (ma peggio cosa???)

T: Si bhe, io non ti consiglio di andare in stazione a quelle ore li. Non è bello da dire, ma dopo un certo orario la nostra stazione non è un bel posto, diciamo pure che è pressochè pericolosa. Fossi in te rientrerei con il treno delle 5 o, al più tardi, con quello delle 6.

D: Perchè pericolosa??? E poi sarebbe troppo presto!! A quell'ora li non mi sono nemmeno seduta per un Abendbrot (pure le pretese c'ha la signorinella...)

T: Pericolosa perchè ci sono tanti immigrati, persone poco raccomandabili, clochard...stare ai binari non è un'esperienza che ti consiglio...

D: Oh, das ist ja blöd!!! (ma è una cosa stupida)

Ho respirato profondo. Ho contato fino a 10. Ho chiuso gli occhi e immaginato prati verdi e cime innevate. E nonostante tutto un filo di fumo mi usciva dalle orecchie. Il tubo del Vaffa era sotto pressione.

T: Eh però purtroppo è così. Qui non siamo in Germania. Metti che li da voi c'è più sicurezza, ma qui è così. (della serie prendere o lasciare, o ti adatti o amen, facciamo anche a meno di te sai)

D: Oh, das ist ja echt blöd!!! (ma è proprio una cosa stupida)

Ma stupida sarai tu, reginetta delle svampite. Tu che non sapevi neanche che cosa ci fosse da vedere a Venezia. Tu che mi bombardi di domande cretine invece di goderti l'avventura e stai li a pitoccare sui 20 euro. Tu che sbrodoli la tua ammirazione per l'Italia e non sai nemmeno che cosa sia l'Italia. Tu che mi dici che vorresti vivere qui e poi fai polemiche per i voli e la sistemazione. Vuoi l'Italia? E questa è. Togliti le fette di mortadella dalla faccia, sfilati il würstel che hai su per l'entrata posteriore e smettila di fare la turista puntigliosa e tocca con mano l'Italia vera, pirla.

T: Non so cosa farci. Se vuoi fare una gita di un giorno a Verona queste le condizioni. (cioè dopo una certa ora la stazione la faccio di corsa pure io che sono veronese, accertandomi di avere addosso le mutande di amianto e te, che ti si legge in faccia "turista", pensi di poter stare al binario a cuor leggero alle 10 della sera????)

D: Ma dici che c'è più pericolo in stazione o sul treno?

T: Tra le due non so cosa sia peggio... (ma senti un po' sta sgallettata che ingenuità da Paese dei Balocchi tira fuori. Anche ti andasse bene che riesci a tornare incolume a Venezia, tu ti metti a passeggiare a mezzanotte per calli e campielli come se niente fosse? Venezia è un labirinto di giorno che almeno distingui i colori delle case, figurati di notte!! Roba che cammini con le chiappe strette nel timore che il primo che incontri non ti tiri fuori un coltello a serramanico o non ti insegua con una bottiglia rotta in mano!)

D: E dato che sono una ragazza ho più probabilità di essere aggredita, vero? (mo' ti sei fatta perspicace...)

T: Eh direi di si. Poi, guarda, io volevo solo avvertirti, poi fai come vuoi tu. Che almeno sai come gira qua. (sottinteso: turista avvisata mezza salvata. Che rampogne stile "potevi dirmelo" non le voglio proprio sentire. Se vuoi sperimentare l'ebbrezza di essere molestata in stazione, accomodarsi. Io me ne guardo bene)

D: Peccato però...

T: D'altronde così è.

...

D: Ma che per caso ti stavi preoccupando per me?

T: Eh certo che mi preoccupo. Per una volta che vieni nelle mie zone, vorrei che sperimentassi il meglio di qui. Mica voglio che tu abbia esperienze spiacevoli.

D: Ma davvero? E io che credevo che gli italiani sapessero godersi la vita, che non avessero un pensiero al mondo.

E no eh. Adesso basta. Un Vaffa te lo meriti. Di tutto cuore. Con tanto amore. Sonoro. Sentito. Proferito con spirito di vera fratellanza tra i popoli. Prima critichi una realtà che non conosci e che fino a 10 giorni fa non sapevi nemmeno esistesse e ora mi riduci a uno stereotipo nazionale. Vai a fare la grandiosa in Costa Azzurra l'estate, ma per risparmiare vieni in Italia. Ma cosa credi che siamo? La Repubblica delle Banane? E tu da dove vieni? Dalla Federazione del Bengodi?? Lo Stato ideale dove le stazioni non puzzano di criminalità e dove all'arrivo ti scortano in camera d'albergo con l'auto d'ordinanza?! Ma vai va', brucia nel vento. Che messi male saremmo pure, ma la spocchia puoi mettertela dove so io. Noi ne facciamo volentieri a meno. Grazie.

mercoledì 7 novembre 2012

Dresdnerin in arrivo?

Dopo lunghe e penose trattative (un eufemismo per "estenuante promozione turistica"), la Dresdnerin si è decisa: Venezia.

D: Ma dici che a Venezia c'è tanto da vedere?

T: Uacci se ce n'è di roba da vedere. E da girare. Venezia la fai tutta a piedi. É il suo fascino!

D: Quindi dici che un paio di giorni la vedo?

T: Oddio si, vedi l'essenziale. Però per gustartela 5 giorni ti van via. Da li puoi prendere i traghetti per le altre isole della Laguna: Murano, Burano, il Lido...

D: Uhmmm, non so se mi potrebbero piacere...É che non volevo restarci tutto il tempo. Quanto ci vuole per venire a Verona?

T: In un paio d'ore sei qua. E non devi nemmeno cambiare. Sali a Venezia Santa Lucia e scendi a Verona Porta Nuova.

D: Fantastico! E Verona in un giorno la vedo?

T: Stesso discorso di Venezia: puoi vedere l'essenziale. Ma per vederla davvero un paio di giorni sono d'obbligo.

D: E quante fermate ci sono tra Venezia e Verona? Cioè li diranno i nomi delle stazioni sul treno, vero?

T: Eh certo!! (saremmo anche un paese in crisi, ma sempre un paese civilizzato siamo!!)

D: Ah meno male. Per un attimo ho pensato di dover contare le stazioni per essere sicura di arrivare a quella giusta!

...a parte che i nomi delle stazioni si possono anche leggere sui cartelli ciclopici in bella mostra sui binari, ma...secondo voi dovrei sentirmi offeso?? Va bhe Trenitalia, ma un Venezia-Verona non mi pare la Transiberiana...o si?!

venerdì 2 novembre 2012

Sprachlos

Al telefono con la Dresdnerin.

D: L'ultima settimana di novembre ho ferie e vorrei farmi 4-5 giorni in Italia.

T: Ah che bello! E dove vorresti andare?

D: Avevo pensato alla Calabria, ma è decisamente troppo cara. Ho trovato dei voli vantaggiosissimi per Milano e Venezia. Quale mi consigli tra le due?

T: Venezia. Assolutamente. Non c'è nemmeno da fare un confronto.

D: Ah si? E perchè? Cosa c'è da vedere a Venezia?

T: ...

giovedì 25 ottobre 2012

Robe dell'altro mondo - II

Giorni fa sono tornato in Crucchia richiamatovi dai teutoni stessi. Avevo un colloquio di lavoro. Si, quando mi è arrivata la mail di convocazione ho fatto la ola per venti minuti saltando sul letto a mo’ di tappetino elastico. A furia di craniate euforiche ho lasciato delle belle crepe sul soffitto. Sono partito con le farfalle nello stomaco: il colloquio era a Monaco. Ansia. Aspettativa. Emozione. Innumerevoli film che mi proiettavo nella testa durante il viaggio. Non vedevo l’ora di riabbracciare gli amici espatriati e riprendere il gossip mai interrotto.

Solo che gli amici crucchi sanno sempre come sorprendermi. E ora capirete perché.

Veniamo al colloquio. Da dove posso iniziare. Dai convenevoli. Mi hanno fatto accomodare, la signorina (assai giovane tra l'altro) ha cominciato a inquisirmi con le solite domande. "Se ha lavorato qui, com'è che è tornato a casa e ora cerca di nuovo lavoro in Germania o in particolare a Monaco? - Quanto ci ha messo ad arrivare qui da Verona? - Dove alloggia al momento? - Dove abitava durante il tirocinio?". Io stavo per tirare fuori anche la tessera del codice fiscale, il bigliettino del sarto con le misure 60-90-60, la dichiarazione ISE dei miei e il mio CUD del tirocinio. Non so, vuoi sapere anche le mie misure intime?? Da li siamo passati al colloquio vero e proprio. Tenetevi forte, mi raccomando.

Mi avrebbero dato 400 euro mensili per lavorare 9 ore al giorno, con 1 ora di pausa pranzo, dal lunedì al venerdì. Sticazzi!! E tu me lo chiami Mitarbeit? Io direi piuttosto strozzinaggio bello e buono. Al che l'ho stoppata subito e le ho detto che 400€ per una città come Monaco sono veramente pochissimi, una somma al limite dell’indigenza. Gliene ho chiesti minimo 600. Mica per avarizia -ho puntualizzato- ma perché gli affitti in città sono altissimi. Che l'altra volta mi hanno fregato perché non sapevo niente e ho dovuto ballare non sapendo neanche i passi. Stavolta fregate qualcun'altro. Lei si è segnata la richiesta e ha chiarito che però -ovviamente- la prima scelta sarebbe ricaduta su chi avrebbe accettato i 400 senza fiatare. Accomodarsi le ho detto. Mi pareva una risposta più elegante di quella che mi bruciava sulla lingua: "se io dall'Italia vengo qua devo potermi mantenere con quello che mi date, non trova? Se devo mettercene del mio, non ha senso, dov'è il mio guadagno? Se c'è un monachese che per farsi l’esperienza si tiene i 400€ ma ha mammina e papino con casa sicura ecc ecc, che se lo prenda lui il posto". Invasato dal dio della contrattazione ho anche messo in chiaro che, in caso di buon esito, avrei voluto minimo 2 settimane per la ricerca alloggio (ammesso e non concesso che mi alzassero lo "stipendio"). Si perché han tentato di scusarsi dicendo che sono 400€ ma mi coprono l'assistenza sanitaria, che, voglio dire, non è da sputarci sopra, ma con quella mica ci pago l'affitto tutti i mesi, scusatemi eh. Basta subire, largo alla contrattazione –mi sono detto- che disperato non sono più e se vi va bene è così, se no chiamate qualcuno che prenda tutto senza fiatare. E per farle capire che dalla loro offerta non dipendeva il futuro della mia vita le ho spiattellato che ho in ballo altri due colloqui le settimane prossime, deutschlandweit.

-Posso chiederle dove? -mi ha chiesto.

Uno a D. e uno a N. (dandole altre città mi sono tutelato e ho conferito credibilità alla balla).

Mi ha chiesto delle mie mansioni all'ABZ e io ho sbrodolato le solite frasette fatte, il copione ben studiato in treno. E dopo un po' sono fioccate le domande inutili.

-Lei è capace di priorizzare le mansioni?
Si… (e lì tutta la spiegazione del perché e del come)
-Lei si sente portato per l'organizzazione e il Planung?
É il mio forte! Sono uno molto pratico bla bla bla…
-Dovrebbe rispondere al telefono, redigere le liste dei partecipanti ai corsi, rispondere alle mail di informazioni, avere a che fare con i docenti...
Tutte cose già fatte all'ABZ baby, niente di nuovo sul fronte occidentale per me!

E la ciliegina sulla torta. Oltre allo stipendio da fame mi ha fatto capire che i primi due mesi sarebbero stati di prova. Per vedere se mi svegliavo fuori, se mi velocizzavo, se mi integravo. Cito: "Per farle capire come funziona qui le faremo fare più che altro attività di back office". Va che ti ho capito cocca, la sinfonia mi è chiara.

Ha testato il mio inglese (prima ti fanno gli zebedei a striscioline sulla conoscenza del tedesco, parallelamente devi anche sapere inglese come un pescatore delle brughiere). Che devo dire è uscito meglio delle altre volte, ma assai inquinato dal tedesco. Amen. Se ti va bene è così, se no capperi tuoi. Ha osservato che dovrei migliorare le mie skills in english perché quando tiriamo su il telefono non sappiamo se sono tedeschi o inglesi e bisogna essere rapidi nel rispondere (ma rilassati darling, respira!!). Inoltre –ha proseguito-  abbiamo a che fare con insegnanti madrelingua inglese che non parlano tedesco e dobbiamo interagire con loro nella loro lingua madre (cioè belli sti qua, tirano i soldi in Germania ma non imparano la lingua. Vogliamo fare un minuto di silenzio?). Mi ha classificato come B1 scarso. Se lo dici tu che non sei manco madrelingua…

Si è dilungata in spiegazioni che ho già dimenticato e alla parte "domande da farmi" le ho chiesto come avesse trovato il mio tedesco. B2 abbondante. Non proprio C1. Bhe contando il mese e mezzo di lassismo, va più che bene. Mi ritengo soddisfatto. Ancora bla bla bla e bla. Le ultime formalità: Ich melde mich wieder in 5 Tage und ich sage Ihnen bescheid ob es geht oder nicht (mi farò viva tra cinque giorni e le dirò se la prendiamo oppure no). Si si grazie e arrivederci. Per me anche se non si fanno più sentire mica mi dispiace. Per uno sfruttamento così un lavoretto lo trovo anche a Verona senza avere lo sbattimento della lingua, della ricerca alloggio e della valigia sempre tra le balle. In una parola: poleggio.

Cioè ma vi rendete conto?! Finché ero là seduto tutto sorrisi e "certo...non sarebbe un problema...ma sicuramente, lo posso capire...assolutamente...", ma quando ho infilato la porta ho detto ciao belli e grazie a voi. In più mi aveva chiesto se scrivevo, sia in tedesco che in inglese, meglio o peggio di come parlavo. Le ho refilato una risposta pronta preriscaldata: “bhe parlare è essenzialmente improvvisazione, ci scappano più errori. Lo scritto invece dà l'opportunità di pensare meglio a cosa si vuole dire cercando di eliminare gli errori più frequenti”. No perché sa -ha controribattuto- se arrivano delle mail di richiesta informazioni, lei deve essere veloce nel rispondere. Al che mi sono pensato "copio e incollo la risposta da un'altra mail cambiando eventuali date o prezzi e la risposta pronta ce l'ho già, senza star li a sbattermi a scriverla ex novo ogni volta". Ogni tanto i tedeschi mancano di furbizia. Ma di tanta anche.
Come se non bastasse mi ha esortato a valutare la mia capacità di lavorare sotto stress. Di saper gestire le situazioni di emergenze improvvise e risolverle brillantemente. Volevo risponderle che per un italiano mettere una pezza durante un'inondazione è il suo pane quotidiano, ma mi sono trattenuto. Se no mi scappava che loro un'emergenza la sanno gestire solo se riportata nel libretto delle istruzioni.

Per dirvela tutta il mio atteggiamento era di puro scazzo. Tenete presente che per 40 minuti scarsi di colloquio io mi sono fatto 10 ore di viaggio (5 di andata e 5 di ritorno), per cui l'ansia era già andata a farsi benedire. Che se pensavano di aver davanti il tipico italiano disperato, pronto ad accettare tutto pur di venir via dalla crisi, avevano chiamato l'italiano sbagliato. Assumetevi qualche bel monachese figlio di papà. 400 euro. Non ci paghi nemmeno la camera. O se riesci a starci dentro, gli altri 50 euro ti vanno via di abbonamento mezzi. E per mangiare ci devo mettere del mio. Sto a casa mia e faccio prima. Ovviamente non mi aspettavo nemmeno 2000 euro pronti, serviti su un piatto di porcellana di Meißen. Sarà anche la Germania, ma la gavetta è d'obbligo in qualsiasi paese. Tò, avrei capito 800 euro. Mica sta gran cifra, ma se gestita bene arrivi in fondo al mese dignitosamente. Ma con la metà ci paghi si e no mezza pannocchia al Viktualienmarkt (quando ci sono le svendite di fondo magazzino).
Per quel che mi riguarda, il discorso è già chiuso. Io da Verona mi sposto solo se ne vale la pena, altrimenti sfruttate un vostro bel crucchetto, che non sono servo qui e di certo non lo vengo a fare Oltralpe. Patti chiari amicizia lunga.

Prima di lasciarvi una minigalleria: la prima neve dell’anno sul Brennero. Che emozione!!!

[gallery link="file" columns="6" orderby="ID"]

mercoledì 24 ottobre 2012

Ma parla come mangi!

Questo post fa il pendant con il post precedente. Dopo aver parlato di come gli stranieri stramazzino l’italiano, è il momento di svelare come anche gli italiani evitino i termini nostrani in favore di una terminologia straniera considerata molto più “ficcante” del corrispettivo italiano. Primi fra tutti i beneamati/odiati Enzo e Carla che si danno un’aria da intenditori usando termini anglo-francesi nel tentativo di risultare più chic, finendo invece per essere snob e incomprensibili. Ditemi voi cosa capite della seguente lista (e questa non è che la punta dell'iceberg) :

Tela canvas (normalissima canapa eh, trattenete gli entusiasmi)


Gonna gypsy in sangallo


Dress code (per i comuni mortali: divisa, tenuta da lavoro)


Jaboux


Govonierre di seta (una misteriosa forma di seta lavorata)


Color toup con foudre morbidissima (è una variante parigina di pelle di lontra?)


Foulard con boules crepe de chine


Borsa big-size (in italiano: grande formato)


Maxi dress in mini poule (traduzione: un gran vestitone con piccole zampe di gallina)


Outfit iperromantico


Fascia tricot


Ancor-boute sandal (chi conosce il sumero?)


Collier bianco


Broche (chiamarla spilla, fa schifo?)


Bicolor trompe l’oeil (due colori che ti fanno gli occhi a panda)


Niente brown (un colore che abbiamo anche noi, si chiama marrone!)


Clutch (borsetta porta-mentine?)


pochette


tubino animalier (leopardato, zebrato, muccoso: ultime urla dalla Savana)


mini-dress semiaderente


pajette da color tiffany o coute tendente all’avorio (chi ci capisce è bravo)


dettaglio gold


lato bijoux (gioielli, ragazzi, gioielli)


oversize


tricot larghissimo


plissé (pieghe, le sempiterne pieghe)


trench


ma come sei glam!


collier plastonne (?)


scarpa plat (qui si mangiano anche le parole)


color cognac


effetto fifty spant (stiamo ancora aspettando l’esperto di sumero…)


scarpa con traforo seducente


vernissage fashion o drink estemporaneo


tonalità dal brown al bourdeaux


abito con stampa provenzale (è dagli anni ’60 che sappiamo che c’è)


open toe


cocktail ring


fisico a colonna, mela, pera… (altra frutta?)


rosa schiapparelli


seta delavé total black


scarpe noirée


bangles (semplicissimi bracciali rigidi)


bauletto Speedy (aspettiamo quello per Willy il Coyote)


una magnifica Kelly


torchon


la parigina check nudo e nero (i vecchi calzettoni della nonna)


vitello spazzolato (la pulizia innanzitutto)


mood board


spencer in jersey (e Susannah a New York)


tessuti cadì, marouquine, madras e argan (Samarcanda, Baghdad purchè sia oriente!)


par-dessus in seta cruda (quella cotta solo con i dessert)


total look gold


dare un tocco shine (splendente, che fai prima)


abito in shantung (a Pechino ci devo arrivare)


Non che Briatore sia da meno mentre prendi a calci in culo i concorrenti di The Apprentice. La patina da grande imprenditore esige un linguaggio settoriale e manageriale. Per i profani un vocabolario minimo:

Teambuilding (ita: spirito di gruppo)


Business (ita: affari)


Headhunters (ita: cacciatori di teste)


Packaging (ita: il caro vecchio confezionamento, scatola, inscatolamento)


Pricing (ita: fare i prezzi)


make up (ita: trucco!!!)


restyling


buyer (ita: compratore eh!)


testimonial publicitary


junior assistant (ita: apprendista)


boss


teamleader (ita: capogruppo)


Enzo, Carla, Flavio, un consiglio da uno che le lingue le sa: parlate come magnate!

venerdì 19 ottobre 2012

L'italiano mortificato

Che l’italiano sia una lingua minoritaria è cosa certa e universale. Il che (non) giustifica che la nostra lingua, considerata da molti l’idioma dell’amore e della poesia, venga mortificata a ogni piè sospinto. Chi come me avrà preso il treno per Monaco spesso e volentieri, avrà notato che la nostra lingua viene continuamente smoccicata, calpestata e maciullata.

L’esempio più fulgido di cotanto scempio? Gli annunci trilingue del treno DB per Oltrebrennero. Dato che l’amato mezzo locomotore viaggia attraverso ben tre stati, la multilinguistica è d’obbligo. Multilinguistica che, per inciso, segue regole tutte sue. Alla partenza da Verona la corretta successione è: italiano, inglese e tedesco. Alla partenza da Monaco invece l’italiano va in coda e il tedesco in testa. Solo l’inglese gode della neutralità territoriale. In entrambi i casi lo speaker sbrodola una serie di frasette ruffiane molto ben studiate, alquanto toccanti, nonché smielate. Le avrete sicuramente sentite anche voi. Di solito il discorsetto standard d’apertura è: Diamo il benvenuto ai signori viaggiatori sul treno XD 459/doppia Z 56 per Monaco. Il treno fermerà alle stazioni di (inserite alcune città a caso). L’arrivo previsto a destinazione è per le 2.58. Vi ringraziamo per aver scelto Ferrovie Crucche. Vi auguriamo buon viaggio. Poi segue una traduzione alquanto annacquata in inglese (strapazzato anch’esso da un povero controllore imberbe la cui pronuncia è simile a quella di un macaco della pampa) e un balbettio confuso di un controllore imbarazzato, percepito come una serie di monosillabi incomprensibili classificati sotto la categoria “versione tedesca dell’annuncio”. Che non oso immaginare cosa pensino i teutoni della nostra pronuncia, se persino a me si rizzano i peli dal disdegno.

Proseguendo verso il Brennero questa macabra danza linguistica si ripete a ogni sosta. Anche se già da Bolzano in poi l’italiano si affievolisce e nei vagoni si sente sempre più bisbigliare in teutone. E fin qui l’italiano ancora ancora si salva. Anche solo per una questione formale: fino al Brennero quella che sfila sotto i nostri occhi è ancora Italia (un misto acrilico 20% italiani e 80% sudtirolesi). Dal Brennero in poi cominciano le bastonate e le omissioni. Ora lo speaker non è più un mangiaspaghetti, ma un mangiacrauti. E nel passaggio è l’italiano a perderci. Sia a livello informativo che per qualità della lingua (l’unica cosa che mi consola è che loro mortificano la nostra tanto quanto noi mortifichiamo la loro). Così, mentre il treno sferraglia verso Innsbruck, potrete godere delle sensibili differenze tra un annuncio e l’altro.

-Versione tedesca: Si avvisano i signori passeggeri che il treno è in arrivo alla stazione di Innsbruck. Da qui è possibile raggiungere Salisburgo recandosi al binario 7, Bad Termalen dal binario 3 e AlpeggenParadies dal binario 5. Si ringraziano i signori viaggiatori che concludono qui il loro viaggio per aver scelto Ferrovie Crucche. Vi auguriamo una buona giornata.

-Versione inglese: Ladies and gentlemen, siamo in arrivo alla stazione di Innsbruck. Da qui è possibile proseguire per Salisburgo, Bad Termalen e AlpeggenParadies. Grazie per aver viaggiato con noi.

-Versione italiana: Si informano i gentili viaggiatori che siamo in arrivo alla stazione di Innsbruck. Grazie per aver scelto Ferrovie Crucche.

No e il resto dov’è finito?! Perduto tra le fitte maglie dell’etere. E mica vi potete lamentare. Anzi. Accontentatevi che te l’hanno detto anche in italiano, se no bisognava farsi andar bene il crucco o l’albionico. Ad ogni modo una via di mezzo tra la logorrea dell’annuncio tedesco e la stitichezza dell’annuncio italico non pervenuta.

Se si impegnano però, gli amici germanici possono fare anche di meglio. Ogni tanto l’annuncio in italiano viene dimenticato per direttissima o tagliato nella parti “sensibili”. Tipo:

-Versione tedesca: Si pregano i signori viaggiatori di scendere dal lato sinistro del treno, grazie.

-Versione inglese: Le uscite sono posizionate sul lato sinistro del treno. Please, scendere solo dal lato sinistro.

-Versione italiana: Preghiamo i signori viaggiatori di scendere dal lato –click- (Della serie aprite gli occhi e vedete un po’ voi se dovete scendere a destra o a sinistra). Sti tedeschi burloni…

Viaggiare in treno è un’esperienza sensoriale che ognuno dovrebbe provare. Anche solo per le gaffe inconsapevoli di cui si è testimoni. Come quando il controllore ti apostrofa direttamente in tedesco 5 minuti dopo la partenza da Verona. O come quando partendo da Monaco il controllore bavaro prima esordisce in bavarese, poi in tedesco, in seguito in inglese e quindi in italiano, affermando però che il treno è in partenza da Verona (tò, ero già a casa e non me ne ero nemmeno accorto). O come quando il controllore quasi ti butta giù la porta del bagno accusandoti di star fumando. Mah, a me sembrava di star facendo dell’altro…A meno che la mia non sia la prima pipì al sapor di nicotina…

In pratica, tra il cartello dell’altra volta e questi nuovi obbrobri, quando si parla di italiano all’estero bisogna solo metterci una pietra sopra. Siamo gente complicata che parla una lingua complicata!

giovedì 11 ottobre 2012

Imparare tedesco è...

…è ritrovarsi a fare un po’ di ordine negli scaffali della libreria e trovare una valanga e mezza di libri di tedesco, grammatiche varie e vecchi testi scolastici imprestati da questo mondo e quell'altro. Vedendo tutto questo mare magnum di testi, testini e testoni mi è venuta l’idea di farvi una piccola lista di “volumi” che potete reperire per allenare il vostro tedesco fai-da-te o trovare pronte risposte a tutti i dubbi grammaticali che possono assalirvi.

Pronti…partenza…via!!

Il primo titolo che vi faccio presente è Il Tedesco della collana Assimil.



Veramente ben fatto. All’interno trovate unità riassuntive di grammatica, dialoghi con note a margine, piccole chicce culturali, trascrizioni fonetiche, esercizi di ripasso e di apprendimento lessico.

Heft vari bimestrali. I miei preferiti restano gli Spiegel Geschichte, di cui ho un discreto numero.



Anche gli heft della Stern non sono male. Più incentrati sull’economia e sulla politica. Decisamente non il mio genere. I primi li vendono anche qui a Verona. Avere i teutoni sempre sulla soglia di casa ha i suoi lati positivi.

Deutsch Perfekt.



Rivista principe dell’apprendimento della lingua tedesca. Offre inserti con esercizi, traduzioni, vocabolario specifico e una vasta gamma di letture suddivise secondo il grado di difficoltà. Base, intermedio e avanzato. Il classico caso di divertirsi imparando.

Ora passiamo al box grammatiche:

In università mi avevano costretto a comprare questa grammatica Die neue Gelbe – Grammatica tedesca con esercizi di Dreyer e Schmidt (casa editrice Hueber).



I professori millantavano che era la migliore grammatica in circolazione. Io mi trovavo malissimo. Spiegazioni spiccie e raffazzonate. Esempi pessimi e esercizi incomprensibili. Non lasciatevi però influenzare dal mio giudizio. Quello che va bene a uno non va bene all’altro.

Personalmente preferisco i Wie Bitte, vere grammatiche-culto delle superiori. E per un buon motivo. Oltre alle unità pluritematiche sono corredate di schede e spiegazioni grammaticali chiarissime e alquanto intuitive. Un vocabolario molto ben fornito a fine unità completa il quadro. Aver ereditato i tre volumi della collana da una vecchia conoscenza del liceo è stata a dir poco una mano santa!

Altro testo valido è il Deutschestunde kompakt A e B. Un po’ più dispersivo del Wie Bitte, ma va bhe, da un volume per le scuole mica si può pretendere chissà cosa. Ringraziamo che ci sono questi vah…

Em neu – Deutsch als Fremdsprache (Hueber) era il libro di testo che usavamo al laboratorio di tedesco C1 in università. Fatto maluccio, ma per scovare qualche lettura dal lessico un po’ fiorito è un valido alleato. Più che per la sua utilità l'ho tenuto per ricordo: mi ricorda che ho passato il C1. Che poi io sappia tedesco a livello C1...bhe questo è tutto un altro paio di maniche...

E per concludere una nota culturale. A me piace molto rovistare nelle bancarelle o nelle librerie dimesse e acquistare libri sulla vita delle città prima e dopo. Se hanno anche delle belle foto d’epoca poi. Affare fatto!





Altri suggerimenti? Altri libri salvavita da far presente?

sabato 6 ottobre 2012

Reperti archeologici

Ma ve li ricordate gli albori del Projekt Dresden? La settimana di cattività francofortese…il tedesco scassamaroni…il fraticello spagnolo semipedofilo…la città orribile e il mio tedesco ancora peggio…

Ecco. Oggi ricorrono due anni esatti da quell’esperienza. E pensate un po’ la fatalità. Facendo pulizia nel mio vecchio computer ho riscoperto in una cartella di una sottocartella le foto-testimonianza di quell’esperienza (da notare la mia allora scarsa attitudine con la macchina fotografica: non ero ancora capace di togliere data e ora preimpostate). Così, per onorare l’evenienza, vi lascio una galleria di foto che abbracciano tutta la settimana di “soggiorno forzato” (perciò non stupitevi se vedrete giornate di sole in alcune e nuvole minacciose in altre). Le didascalie vi aiuteranno a ripercorrere le mie orme per le strade di Francoforte. In una vi aspetta anche una sorpresa. Enjoy!

[gallery link="file" columns="6" orderby="ID"]

martedì 2 ottobre 2012

Sinceritàààààààà...

Per chi mi segue da un certo tempo un’idea su di me se la sarà fatta. Capita che ogni tanto nei miei post lasci cadere briciole d’informazioni personali. Così, perché ci sta. E perché scrivere sempre degli altri è divertente, ma ogni tanto un piccolo riferimento all’autore del blog ci sta. Che Narciso che sono!

Giusto per farvi un riassunto ho già reso noto che: non bevo caffè, sono cioccolata-dipendente (in particolare dalle Gocciole), la mia migliore amica è una pazza furiosa nonché mente eccelsa (con lei il detto “genio e sregolatezza” è più che mai vero), mi piace malignare su come è vestita la gente (in Italia tutti giudicano come ci si veste, perché non dovrei farlo anch’io?), sono filobavarese (e continuo ad esserlo nonostante le batoste ricevute), non sono una persona vendicativa (anche se ci sono volte in cui vorrei esserlo), il mio sport preferito è lo sport del divano (se lo includessero nel novero degli sport olimpici, mi darei allo sport anima e corpo), sono un feticista dei libri (regalatemene uno e solleverete il mio mondo). Se trovate altre briciole che non ho raccattato notificatemelo.

Ma oggi mi spingo oltre. Rivelerò alcune cose di me altamente imbarazzanti (ma forse anche no). Così. Che oggi mi gira bene e c’ho il friccicorio dell’animo sincero.

I – Ho la patente, ma non mi piace guidare. Guidare mi manda fuori dai gangheri, mi esaspera, mi pezza le ascelle in un batter d’occhio. Tempo 10 minuti e tutte le ore di meditazione del giorno prima vanno a farsi benedire. Guidare non mi da gioia, né tantomeno delirio di onnipotenza. Anzi. Mi annoia da matti. Freud sarebbe deluso da me: non potendo essere la macchina l’estensione  della mia terza gamba, mi manderebbe in analisi per direttissima. Sorry Siegmund. Mi sposto in autobus. Così posso godermi il viaggio senza farmi venire i calcoli biliari ed evito lo stress dal cercare parcheggio. Potessi permettermi un autista lo assumerei domani.

II – Il mare mi fa cagarissimo. Odio tutto del mare. La spiaggia affollata, le temperature elevate (o afa insopportabile che dir si voglia), i marmocchi che ti tirano i palloni in testa, le panze flaccide e le tette mosce che ti tocca vedere, i marmocchi over forty che si aggirano famelici alla ricerca di qualcuna da abbordare, la sabbia tra i piedi che ti finisce pure tra i denti, il mare caldo come brodo, lavarsi di continuo il costumino, puzzare di salsedine, i capelli ridotti a spago per candele, la risacca sulla battigia, le discoteche in cui si ammucchia e ci si pesta i piedi a suon di tecno music, le persone unte come polli di olio abbronzante. Resisto due ore poi tiro di matto. Portatemi invece su un prato di montagna. Lasciatemi li con un libro e una sdraio sotto un pino e io mi sentirò talmente in armonia con l’universo da scrivere I monologhi dell’ago di pino.

III – Il mio eroe non è Batman, non è Spiderman, non è Wolverine, non è Ironman. È Jean Claude. Non Van Damme. Il Jean Claude di Sensualità a Corte interpretato da Marcello Cesena. Quello oppresso da Madre, schiavizzato dalla vogliosa Cassandra e dalla dubbia identità sessuale. Ecco, quello è il mio eroe. Non me ne perdo una puntata. E da quando ho scoperto che da Mai dire martedì lo hanno trasferito a Quelli che il calcio lo seguo anche li. Senza guardarmi la trasmissione ovvio. Lo cerco su YouTube il giorno dopo.

IV – Se il calcio non esistesse sarebbe un mondo migliore. Almeno per me. Lo trovo lo sport più stupido, se non inutile dell’intero pianeta. Firmerei qualsiasi petizione pur di farlo sparire. Da piccolo gli sfottimenti cadevano a pioggia perché non lo praticavo e non riuscivo proprio a farmelo piacere. Io volevo fare tennis. Ma guarda un po’ te.

V – Il mio sogno più grande è incontrare Luciana Littizzetto. Ho tutti i suoi libri, tutti i cofanetti dei suoi interventi a Che tempo che fa e mentre ero in Germania la seguivo da YouTube. Poterla vedere in diretta la domenica sera è uno dei pochi vantaggi riacquisiti con il reimpatrio. Tenetevi pure Angelina Jolie, Zoe Saldana e la Scarlett Johannson. Datemi la Littizzetto!!

VI – Da piccolo sapevo tutte le canzoni di Tutti insieme appassionatamente a memoria. Quando ancora esistevano le cassette video e i DVD e i Blu-Ray erano solo murmugli da infanti io ho sbindato il videoregistratore a forza di fare rewind e ascoltare le canzoni ancora una volta. Ero un’anima semplice infarcita di idee romantiche e fiducia nel supremo bene. La mia preferita era quella della capretta nella scena del teatrino (“Una capretta che pascolava…”). Quando vedevo il Comandante e Maria ballare il Ländlei in terrazza piangevo come un lattante. Avevo il cuore tenero.

VII – Amo così tanto Scrat da averne pure il peluche. È una delle mie molte manie. Anche se questa devo dire è stata un puro caso. Non sono andato apposta al Disney Store a comprarlo. No no. L’ho vinto per puro culo alla macchinetta con il gancio meccanico alla modica cifra di 1 euro. Scrat è il mio maestro di tenacia e perseveranza. Trovatemi qualcun altro che si smazzi così pur di inseguire una misera ghianda e che non si arrenda mai all’evidenza. Chiamasi avere degli obiettivi ben chiari in mente.

E voi non avete niente da confessare al buon vecchio Torquitax? Non abbiate timore, eventuali segreti imbarazzanti rimarranno tra me e voi…e qualche lettore! Ehehehehehe

giovedì 27 settembre 2012

Robe dell'altro mondo - I

L’espatriato in genere riceve due promesse da chi è rimasto a casa. La prima: venire a trovarti adducendo qualsiasi scusante. Da “festeggio la scampata cistite del barboncino” a “rimorchio qualche pollastrella bionda” passando per la sempre valida “mi scolo tutti i boccali disponibili all’Oktoberfest”. L’unica che resta in fondo al cassone delle scuse è la classica “vengo a trovare te perché sei te”. La seconda: organizzare un incontro in occasione del tuo ritorno in madrepatria “perché dobbiamo assolutamente vederci, non sai quante cose che ho da raccontarti”.

Posto che la prima promessa verrà puntualmente disattesa (il barboncino ha sicuramente avuto una ricaduta quindi non si può partire), mantenere la seconda sarà una vera impresa titanica. Memori delle velate zampogne dell’altra volta “sei tornato a casa e non me l’hai detto, str***o!”, appena rimesso piede sul suolo natio si scrive a mezzo mondo dando la grande notizia.

Tu: raga sono tornato dalla Germania, resto a casa per un po’, quando volete ci vediamo e ci aggiorniamo.

Risposta: uh che bello, mi fa piacerrimo che sei tornato. Guarda, per il vedersi ti saprò dire che sono impegnatissimo. Non ho tempo neanche di respirare. Se va tutto bene riusciremo a vederci ai primi di gennaio 2013.

Tu: caspita, così tanto da fare hai? Hai trovato lavoro, finalmente ti laurei, ti sposi, non so hai avuto un figlio e non mi hai detto niente…

Risposta: no, tutto come prima.

E allora che caspita mi scassi che appena torni dimmelo che ci vediamo!! Prima mi trituri gli ammenicoli dicendo che dobbiamo ASSOLUTAMENTE vederci e non appena torno sei più impegnato tu di un candidato al congresso. Va bhe che in 10 mesi la vita è andata avanti per me come per te, ma se “tutto è come prima” vuol dire che di tempo ne hai a bisacce intere. Anzi, la maggior parte di quel tempo che non hai lo passi a fare aperitivo in centro. Allora facciam così: la prossima volta non mi sfrantechi la fonchia giocando al finto offeso e io mi risparmio il teatrino del “sono tornato incontriamoci”. Che se son venuto via da sto budello ci sarà stato il suo bel motivo, no? La prossima volta meno chiacchere e più fatti, please.

I più delicati poi sanno esibire un vero arsenale di scusanti assai valide: mi si è rotto il cellulare facendo free climbing, ho cambiato scheda due ore fa e non mi ha salvato il tuo numero, avevo finito la ricarica e gli ultimi spiccioli mi sono andati per comprare le sigarette, ho visto il tuo messaggio solo ora (cioè due settimane dopo), avevo la memoria intasata dai messaggi in uscita. I maestri dell'eleganza infine ignorano per direttissima il tuo messaggio che, a sentir loro, è andato perduto nell'etere.

Quando tra mille e più difficoltà, scambi di orari, turni immaginari in Croce Verde, appuntamenti irrinunciabili in palestra e giri di shopping con la nuova fiamma, si riesce a combinare un incontro di 40 minuti (e pure contati che ho la macchina con il disco orario), il dialogo è unilaterale.

-Ma quindi in Germania?

Tu: Eh sai…bla bla…la lingua…bla bla…la gente un po’ freddina…bla bla…però la città è favolosa…bla bla…le metro, fantastiche…bla bla…il tempo quando si apre, altrochè da noi…bla bla…i parchi poi…bla bla…e il cibo…bla bla…il senso di libertà, inebriante…bla bla…in più ho conosciuto persone meravigliose…bla bla…io là ci stavo benissimo…bla bla…

L’interlocutore, che avrà smesso di ascoltarvi più o meno appena avete aperto bocca, archivierà il vostro discorso con un ok. Poi vi farà andare le balle a terra sfoderando la domanda principe dell’incontro.

-Ma la di fighe ce ne sono? Te ne sei fatto qualcuna? C***o oh, dovrei troppo venire in su e castigarne anch’io…

Tu: …e tu invece con la Maddi come va?

-Bene

Tu: ah, e in università, esami, tesi…

-Bene

Tu: …qualche novità?

-No

E allora io qui che cacchio ci sto a fare!!! I 40 minuti più strazianti della tua vita.

Certe cose cambiano. Altre no.

venerdì 21 settembre 2012

Reportage - Sirmione

Alzi la mano chi non c’è mai stato. Vedo parecchie mani alzate. Male, male molto male. Lasciate quindi che vi illumini e vi accompagni in questo magico angolo di mondo. Avete presente il Lago di Garda? E' questo qua:


La vedete nella cartina? La penisola di Sirmione è quel minuscolo lembo di terra che si protende nella zona del basso lago regalandogli quella caratteristica forma “a chiappa”. La penisola dal satellite appare più o meno così. Caruccia eh?


La vera meraviglia della piccola cittadina non è il castello scaligero all’imboccatura della penisola...



...né le terme sulfuree bazzicate da una marea e mezza di persone. No. Il vero fiore all’occhiello di Sirmione sono i resti di una monumentale villa romana costruita sulla punta della penisola. Le suggestive Grotte di Catullo (cioè quel grosso rettangolo bianco sulla sinistra nella seconda foto). Le cronache infatti raccontano che il geniale autore dell’Odi et Amo passasse qui l’estate quando non doveva dividersi tra Roma e le numerose proprietà agricole nel veronese. Che non lo sapevate che il bel Gaius Valerius Catullus era nato a Verona in una data imprecisata tra l’87 e il 57 a.C?! Eh bhe ora lo sapete.

L’amico Catullo si trattava bene. La villa si apre su tre lati sul lago e lo sguardo abbraccia tutto il basso lago. Purtroppo nel corso dei secoli le spoliazioni sono state numerose e quindi non sono rimasti che i ruderi dell’enorme complesso. Ciò non toglie un grammo alla sua monumentalità, bellezza e suggestione. Pare infatti che ai bei tempi dovesse apparire più o meno così:



Ora invece si presenta così:

[gallery link="file" columns="6" orderby="ID"]

Ps: stavolta il Reportage è stato un po' stitico, ho dovuto ripiegare sulla galleria a causa di problemi tecnici. A quanto pare la memoria era insufficiente...valla a capire sta tecnologia. Spero di risolvere il problema per la prossima volta. In ogni caso ditemi se le foto vi sono piaciute e se vi han fatto venire voglia di andare a visitare le Grotte!

lunedì 17 settembre 2012

Galateo per una corretta conversazione

Cari Amici benvenuti a questo nostro consueto appuntamento. Oggi parleremo di bon ton da conversazione, delle regole basilari per condurre un dialogo elegante con il vostro dirimpettaio germanico.

Partiamo dagli argomenti più classici. Come in Italia anche in Germania parlare del tempo è un vero sempreverde, una tematica che non conosce cadute di stile. Il tempo vi da l’indubbio vantaggio di poter sfoderare una vasta gamma di osservazioni: che tempo nuvoloso…eh, ma che umidità oggi e dire che ero appena stata dalla parrucchiera…maledetta elettricità statica! Mi rende i capelli crespi come fieno…questo sole di primavera è delizioso, adatto per un romantico pic nic nel parco…con questa atmosfera invernale tutto diventa più intimo, nevvero?...questo vento impetuoso ricorda quell’estate a Trieste, uh, così ventosa, d’altronde con la Bora che soffiava…il cielo piombo mi ricorda la nuova collezione di Missoni, certo i colori erano un poco castigati, ma le linee, semplicemente divine…E via di questo passo insomma. Parlando del tempo non sbagliate mai.

Se incontrate in atrio il vostro vicino accompagnato dalla numerosa prole potete lasciarvi andare a commenti estasiati. Ogni genitore sogna di ricevere complimenti sulla bellezza dei propri figli, anche se i poveretti sembrano un Picasso. Solleticate la loro vanità e li vedrete prendere quota. Altrimenti, se il vicino è sprovvisto di pargoli, ma vestito con giacca e cravatta, cadete dalle nuvole e domandate con una certa disinvoltura “ah, va anche lei al lavoro?”. Le formalità ai teutoni piacciono molto. Specialmente poi quando ci si riduce a dei numeri. Ma lei è il 3G? Ma pensi, io sono il 4G. Davvero??? Oh oh che felice coincidenza. Li vi va quasi bene. Smettete di essere l’italiano per diventare il 3G. Fico eh?

Non dimenticate però che ogni situazione richiede il suo corretto galateo. In tram potete lamentarvi del caldo soffocante, dell’affollamento, della maleducazione dei giovani (i vecchietti adorano scrollare il capo in merito), del traffico esorbitante. Lo stesso dicasi per metro e autobus. Può capitare che veniate interpellati per offrire assistenza stradale: a Münchner Freiheit, si scende a destra o a sinistra? La Ostbahn è la prossima o tra due? O per scambiarsi impressioni sui libri letti. Anche lei sta leggendo I Pilastri della Terra? Anch’io l’ho letto sa, non che mi sia dispiaciuto, ma c’era troppo sesso (quest’ultima parola ve la diranno sottovoce, quasi atona, dovrete leggere il labiale).

Il che ci porta alla sezione argomenti da evitarsi tassativamente (per lo meno ad un primo scambio di battute). Primo argomento: soldi. Non tirate fuori il tema denaro con tutti gli annessi e connessi. Sorvolate sul vostro stato finanziario, evitate di parlare di crisi economica, di debiti, di spread o dello scandalo Wulff. Parlate di temi ambientalisti piuttosto: la mattanza delle balene in Giappone colpisce sempre. Secondo argomento: sesso. Quello è terreno minato, un acquitrino paludoso da cui sarà difficile uscire, rischiate di restare impantanati nella vostra stessa becera “modernità”. Assolutamente no. Non perché abbiano qualcosa in contrario, ci mancherebbe, anche loro si riproducono alla stessa vecchia maniera. Solo lo reputano un argomento estremamente intimo e confidenziale. Le battute a doppio senso lasciatele nel cassetto per quando tornate in Italia, a noi piacciono. In Germania vi frutteranno un’ordinanza restrittiva con effetto immediato. Quindi no a battutine su piselli, zucchine, cetrioli, cavoli, carote, ciliegine, boschetti, uccelli, passeri, rapaci notturni, cormorani e albatros. Mangiate l’insalata senza commentare. Terzo argomento: politica. Più spinoso ancora del sesso. Discussioni filosofiche paraintellettuali sul NaziZeit inavvicinabili, osservazioni sulla Stasi e la DDR sopportate al West, tabù in Ost, ridolini sulla Merkel concessi solo tra le vostre quattro mura o tra connazionali. Quarto argomento: la religione. Cattolici, protestanti, atei. La confessione religiosa è la cosa più privata che esista. Anche più del sesso e della politica. Che quelli si fanno con chi capita, ma il dialogo con Dio, eh, quello è tutt’altra storia. Le domande esistenziali non si pongono, si mettono in internet: su Facebook, su MySpace, su Twitter. Vi è abbastanza chiaro?! Mi raccomando non cadetemi sulla classica buccia di banana.

Non sentitevi scoraggiati però, pensando a torto di non poter parlare di granchè: siate coscienti invece che voi avete un incredibile vantaggio: il fascino dello straniero. Siete il tocco esotico che rende intrigante la conversazione. Ne avrete di roba da raccontare sulla vostra città, sul vostro paese o sul foruncolo del dito mignolo. Insomma, prima di impegolarvi con argomenti topici, sviscerate le ovvietà! Certo è che gli argomenti verboten di cui sopra (S.S.P.R.) dipendono dal grado di confidenza che avete con l’interlocutore. E dalla sua apertura mentale. Le nostre linee guida si limitano solo a darvi un aiutino per rompere il ghiaccio in situazioni comuni.

Avete preso appunti? Bene! Ora uscite in strada preparati e abbattete il muro di riservatezza teutonico. Scariche di adrenalina assicurate!