giovedì 31 gennaio 2013

Letture per donzelle

1In principio furono gli Harmony. E come molti figli di lettrici 1.0, anch’ io ci sono cresciuto. Non nel senso che sono cresciuto leggendoli (se avevate interpretato la frase in questo senso siete davvero marci fino all’osso), ma vedendoli su praticamente ogni ripiano della casa: il marmetto sopra il termosifone, il tavolo buono in salotto, il piano della lavatrice, il piano cottura in formica. L’aspetto era sempre lo stesso: un volumetto tascabile dalla costa sottile, sulla cui copertina facevano bella mostra di sé due innamorati che si guardavano languidamente come fa la trota sul banco del pescivendolo. La romantica immagine veniva inquadrata da una finta finestra nella cui parte lunata rosa campeggiava il titolo in nero. La TorquiMamma ne divorava e ne divora parecchi quintali anche oggi, di questi Harmony.

2Nel tempo la grafica e l’impaginazione sono cambiate. Da Harmony 1.0 si è passati agli Harmony 2.0: le coste si sono ispessite (segno che le storie si sono fatte più travagliate e accidentate), la timida finestra rosa è sparita e ora i due amanti si abbracciano appassionatamente a tutta copertina. Gli uomini si son fatti di steroidi ed esibiscono bicipiti torniti e oliati come pistoni d’automobili, le donne si son fatte più lascive e seduttive e scoprono le spalle con studiata malizia. Per entrambi le scollature si son fatte ombelicali dando così modo al maschio di mostrare i pettorali scolpiti su cui potete friggere un uovo e alla donna di mettere ben in risalto un decolleté di tutto rispetto.

La parte più spassosa però è l’evoluzione dei titoli. Dei timidi, pudici, puritani titoli d’altri tempi non c’è più traccia. Ora si va dritti al sodo. Si schiaffa la roba li dove deve essere: in bella vista. E ne esistono diverse tipologie, pure! Tipologie che io ho avuto cura di catalogare per voi e solo per voi (rimandate i ringraziamenti a fine post, altrimenti perdo il filo).

Tipologia nr. 1. Le coppie. Di tutti i tipi e le accoppiate: Il Falco e la Colomba, La Rosa e la Spada, La Lady e il Lord, La Dama e il Cavaliere. Il guaio di questi titoli è la monotonia con cui si ripetono. La donna è sempre la principessa, la sposa, la rosa, la colomba, la cerbiatta ecc ecc; lo stesso dicasi per l’uomo. Al che io propongo coppie più fantasiose e più accattivanti quali: L’albatros e la Tigna, La Balena e il Plancton, La Giuggiola e il Formichiere, Il Guercio e la Zoppa. Le variazioni sul tema sono infinite.

Tipologia nr. 2. Gli aggettivi. Per attirare il lettore si riduce la storia ai minimi termini, in questo caso al minimo termine:  Stregata, Innamorata, Sedotta, Punita, Corcata, Respinta e chi più ne ha più ne metta. Per ravvivare un po’ di più la tensione propongo anche Stufata (lessa o fritta fate voi), Snobbata, Scivolata, Sfigata (per gli animi meno fini) e Dadolata.

Tipologia n. 3. Titoli descrittivi. Qui l’autore vuole dare un primo assaggio della trama al lettore con solo una pennellata di colore: La Lady di campagna, La Promessa del Duca, Marito Amante, Il Bacio di un Libertino. Anche qua gira e rigira le briciole che l’autore ci passa son sempre le stesse: baci rubati, carezze diffuse, sguardi appassionati al chiaro di luna. Situazioni fritte e rifritte che ormai ci sono indigeste. Autori accogliete il mio consiglio: variate la sinfonia. Le lettrici penso apprezzerebbero anche titoli come Il pestone di un’ Amazzone, La Tentazione bussò alla porta, ma non trovò nessuno in casa, Il Barboncino abbaiò e nessuno se lo filò, Il Vichingo dalla cotta a punto croce.

Tipologia nr. 4. Titoli divini. Qua è semplice. Si prende un dio qualsiasi e gli si fa fare qualcosa: La tentazione di Diana, Lo sguardo sbilenco di Minerva, Le paturnie di Afrodite, Le caldane di Giunone e Le emorroidi di Zeus.

Tipologia nr. 5. Titoli spinti, titoli hard. Son quei titoli che ti lasciano immaginare chissacché, tanto che esiti a prendere in mano il libro per paura di scottarti come su una piastra bollente: Vento di passione, Amore rovente, Cuori incatenati, Tempesta di sentimenti e via di questo passo. Son quei titoli che ti fan diventare la vongola verace solo a leggerli. Il più delle volte però i protagonisti finiscono per scambiarsi solo un bacetto casto le ultime cinque frasi, lasciando così spirare i venti di passione solo fuori dalle finestre. Perciò io direi di ampliare con altri termini metereologici: Cumulonembi di sentimentiAnticiclone di lussuria, Tsunami ormonale, Tornado di cuori e Nell’occhio del bellone.

Tipologia nr. 6. Vari ed eventuali. Ovvero tutti quei titoli poetici e ammiccanti che non rientrano nelle casistiche precedenti: Solo tu, Seduzione, La luna nei tuoi occhi, Non chiedere non dire, Vittime del destino. Anche qui, secondo il mio modesto parere, si dovrebbe svecchiare la tiritera con fulgide innovazioni quali: Dire fare baciare lettera e testamento, Sei l’unica donna per me (a Sydney, ma non a Bombay), Amami! No ho mal di testa, Se russo ci sarà un perché e Sarà perché ti amo.

Quanto alle trame ve le lascio solo immaginare, ma il più delle volte ricalcano quel che Agatha Christie fa dire a Salomè Otterbourne in Assassinio sul Nilo:

« Neve sul volto della Sfinge: un gelido enigma che si trasforma in un amore incandescente quando la giovane fanciulla inglese appena uscita dal collegio scioglie il cuore selvaggio del crudele sceicco del deserto …  in Passione sotto l’albero di cachi era mia intenzione descrivere solo le reazioni di una ragazza il cui cuore si sveglia al ritmo di un tamburo primordiale »


Et voilà, il gioco è fatto!

lunedì 28 gennaio 2013

Pillole d'ignoranza

Da un paio di mesi svolgo una sorta di volontariato presso il mio ex relatore. Cioè quando lui ha bisogno di una traduzione, di una mano con le scartoffie burocratiche o con archiviazioni e stampe varie, fa un fischio e io vado a dargli una mano. Capita così che finchè io svolgo il mio volontariato in un cantuccio, lui, seduto alla sua scrivania svolga i normali ricevimenti professore-studente. In prossimità delle sessioni di laurea fa anche degli esami in ufficio per chi deve collezionare gli ultimi crediti per laurearsi nella sessione adiacente la scadenza. Dal mio punto d'osservazione posso studiare le nuove generazioni di studenti, la cui qualità s'abbassa di anno in anno. Ho collezionato alcuni strafalcioni meravigliosi che proprio non ho potuto non fare a meno di segnarmi perchè troppo spassosi. E che riporto per essere condivisi. Il livello universitario è di laurea magistrale, la materia Storia dell'Arte.

Stud: ...i tetti venivano comunemente costruiti in pietra...

Prof: No, in pietra direi proprio di no! Il peso avrebbe schiacciato l'intera struttura.

Stud: Ah si, ha ragione. Mi sono sbagliata. I tetti venivano costruiti con capriate lignee ricoperte poi di calcestruzzo!

Prof: Vede? Tra pietra e cemento ce ne passa...

Stud: Volevo dire "tetti solidi", per quello ho detto pietra...(ovvero l'arte di arrampicarsi sugli specchi)

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Stud: ...si incidevano tavolette di materiale ligneo generalmente ricavato dalla corteccia degli alberi...

Prof: Perchè di solito il legno da dove si ricava?!

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Stud: ...questa tavola è di dimensioni un po' più maggiori della precedente...

Prof: Le consiglio di affinare il suo italiano per le prossime volte!

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Prof: Basandosi sugli esempi proposti dal libro mi faccia un tour Nord-Sud che tocchi le maggiori testimonianze del romanico in Italia.

Stud: Si...allora...partirei da Modena, poi andrei a Cefalù, toccando in seguito Pisa e Firenze, da li mi sposterei a Bari per terminare il mio tour a Milano.

Prof: Le avevo chiesto di farmi fare un tour Nord-Sud, non un allegra scampagnata zigzagando per il nostro Stivale!!

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Prof: Parlando di Verona romana, mi faccia una panoramica delle strutture civili. Le porte romane, le mura, la composizione ecc ecc

Stud: Si...eh...a Verona esistevano due porte principali di accesso alla città, in corrispondenza dei due assi viari: il Cardo e il Decumano...

Prof: Vogliamo dare un nome a queste porte romane?

Stud: Si, una è Porta Vescovo e...

Prof: Il nome mi pare ben poco romano...direi piuttosto cristiano...

Stud: Ha ragione si, ehm...Porta Nuova allora

Prof: Quella mi risulta essere austriaca. Mi scusi se glielo chiedo, ma Lei è di Verona?

Stud: Si, ma non la bazzico molto...

Prof: ....

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Prof: Faccia un bel respiro e mi dica per bene come si chiama l'attuale strada che ricalca il Decumano romano...

Stud: Via del Corso Portoni Borsari...no scusi, è Via Corso Portoni Borsari...

Prof: Vuole l'aiuto del pubblico?!

(risposta esatta: Corso Portoni Borsari. Via del Corso è a Roma genia!)

Appena ne avrò raccolto altre...seguirà immediata pubblicazione!

giovedì 24 gennaio 2013

Epifanie (non del 6 gennaio)

Aprendo quello scatolone abbandonato in un angolo della cantina, credevo avrei trovato vecchie scarpe o vecchi libri, maglioni buoni per il baratto in ottobre, quadretti stinti di quelli che si appendono in corridoio in mancanza di vetrinette e tavolini da esibire. Quelli che invece salutavano la ritrovata luce del sole e mi occhieggiavano di rimando, erano frammenti di una mia vecchia pelle: diari del liceo, libri di lettura segnati a margine e poi abbandonati, pacchetti artigianali di vecchie foto, quadernoni ad anelli dalla copertina personalizzata su cui Lupo Alberto si è tinto la pelliccia di viola e arancio sbagliando il tempo di posa della solita tinta blu.

Ho sfogliato le pagine dei diari che prima profumavano di buono, di nuovo; ora sanno di polvere e crepitano mentre le giri. Ho riaperto i libri di lettura e vi ho ritrovato commenti annoiati sull’autore che, cito, “doveva scoparsi di più la cameriera e meno la penna”; qua e là una nota diligente il cui merito va più al professore che allo studente che sono stato. Ho ripassato tra le mani le foto di Roma e Venezia. Tentativi innocenti di fermare sul rullino (all’epoca il digitale era ancora di la da venire) momenti spensierati di una gita scolastica, di condividere ricordi con persone che credevamo avrebbero fatto parte della nostra vita per sempre, di fermare nel tempo un’immagine di noi (il ciuffo sull’occhio ora mi sembra improponibile e scomodo). Ho riletto appunti e nozioni di latino, storia e filosofia. Il più delle volte idee associate a interrogazioni o discorsi preparati ad arte.

E in un attimo l’ho capita, finalmente. Lei.

L’archeologia.

Si, l’archeologia. Qual è il principio base dell’archeologia? La riscoperta. Di un modo di vivere, di una civiltà perduta, di una tecnica, di una definizione del mondo. Poco importa. Il concetto è riscoprire e quindi riprendere, recuperare frammenti di ciò che è stato e che nel suo momento presente era. Ci stupiamo che lo facciano gli archeologi accucciandosi in buche nel terreno o spolverando reperti, vasi, monete, puntellando strutture che cederebbero al logorio del tempo, ricostruendo al computer l’aspetto esatto del Partenone o del Colosseo. Non ci rendiamo conto che la pratichiamo anche noi l’archeologia ogni volta che recuperiamo, che riscopriamo qualcosa. Un amico incontrato per strada dopo anni di assenza, un giocattolo o un libro dell’infanzia, un film che alle superiori ha parlato al nostro cuore, foto che hanno fatto vibrare le corde del nostro essere. In quel momento si aprono strani veli e quel che era è di nuovo. I ricordi si sovrappongono al momento presente: le corse in cortile tornano vivide nella nostra mente, i discorsi, i concetti su cui ci piaceva infiammarci o che trattavamo con sdegno ritrovano la loro attualità. La riscoperta. Di noi. Di quello che credevamo di sapere o che sapevamo, ma abbiamo dimenticato. Del mondo che abbiamo perduto, che si è trasformato. Perché ci siamo trasformati. E nemmeno noi sfuggiamo alla regola secondo cui “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. La nostra interiorità poi obbedisce  a questa regola ancor più velocemente del nostro aspetto fisico.

Perciò ogni tanto è scusabile ripercorrere strade prima battute e ora cadute in disuso. Perché hanno ancora storie da raccontare. Storie che furono. Anche se tra le loro crepe cresce l’erba.

martedì 22 gennaio 2013

Cinema addicted

cinemaIo adoro il cinema. Che non s’era capito? Ci vivrei pure! Un materassino in sala proiezioni, un buono d’uso valido per tutte le schifezze dei baracchini, l’accesso illimitato ai bagni e boum, fatta. Il cinema è dove vai a passare 2, anche 3, orette di piacevole sollazzo di una domenica noiosa e/o anonima. Mi piace tutto del cinema: comprare il biglietto, guardare i poster dei film in cartellone, entrare in sala assaporando quell’odore inconfondibile di pop-corn misto a polvere dei sedili, cercare l’angoletto giusto da cui guardare il film in santa pace, godere dell’istante in cui le luci si abbassano e il mormorio cessa. Ogni volta mi sale un pizzigorino nello stomaco e come prima l’inizio di una partita mi dico “ecco, si comincia”.

Mentre ero in Germania il cinema l’ho trascurato. Non perché mi mancasse la voglia di andarci, anzi, tentare il cinema in tedesco mi sarebbe piaciuto. Ma beccarmi altro tedesco extra anche nel fine settimana era più di quello che potessi sopportare. Proprio no. In più mi mancava la compagnia giusta. Nel senso che a me piace commentare un film la prima volta che lo vedo. In tutti i sensi e in tutte le sfumature: dai sospiri estasiati, stile adolescente in fase ormonale, durante le scene romantiche, a ruvide osservazioni al vetriolo in scene di cui non vedo ne l’utilità né il senso. Per tacere di quando sbuffo nauseato di fronte a certe scene smielate o tragiche. Si, ho l’anima del cinico criticone.

Uno degli aspetti positivi del tornare in patria è stato proprio recuperare il senso del cinema (e ora un minuto di silenzio finché mi asciugo la lacrimuccia tremula che mi scende sulla guancia). Tanto che ne sto facendo letteralmente indigestione, recuperando anche film del 2012 che mi ero perso. Ogni sera è potenzialmente una Movie Night. Che sia al cinema vero e proprio o comodamente spalmato sul letto con un film scovato in internet. Per esempio due film che sono finalmente riuscito a vedermi in santa pace sono stati The Artist e The Words. Entrambi mi hanno incollato allo schermo: il primo perché è un esperimento riuscitissimo di cinema muto del XXI secolo; il secondo perché gioca con i piani narrativi, spaziali e storici come altrettante scatole cinesi. E per un amante delle parole come sono io, anche solo il titolo è una dichiarazione d’amore. Consiglio vivamente entrambi (sempre se non li avete già visti, va da sé).

Mi sono dedicato anche a film più soft eh, che non crediate che sia un tipo da cinema impegnato. Come in fatto di libri, anche in materia di film sono onnivoro (a eccezion fatta per gli horror e gli splatter). Ecco quindi che mi sono goduto Biancaneve e il cacciatore e Biancaneve (il cui titolo in tedesco era Spieglein Spieglein*). Troppo gotico e fantasioso il primo, lezioso il secondo. Per una serata leggera puntate decisamente sul secondo (divertentissima la Julia Roberts nei panni della matrigna; beone il povero Principe Azzurro). Non mi sono fatto mancare nemmeno la serata trash all’italiana con Ex 2. Filmetto decisamente non impegnativo e “piacevole”.

Mi sono concesso un tuffo nell’infanzia deliziandomi con il nuovo capitolo di Asterix e Obelix: al servizio di Sua Maestà. Godibilissimo e autoironico, non privo di una certa satira “europea”, punteggiato da trovate geniali come la Londinium romana più simile a una swinging London anni ’60-’70 che a un’accozzaglia di casupole fatiscenti. E per restare in tema anni ’60 non ho potuto fare a meno di andare a criticare/amare Moonrise Kingdom. Che ho semplicemente amato. E ho detto tutto. Infine, incuriosito dal trailer che lo spacciava come il seguito de Il Discorso del Re, mi son guardato A Royal Weekend. Assolutamente delizioso. Non lo definirei propriamente un “seguito” però, quanto un film basato sullo stesso filone narrativo. Ma seguito proprio no.

Poi va bhe, mi sono dato a rivedere certi film che per me sono pietre miliari, capolavori assoluti. Per l’appunto Il Discorso del Re,  La Diva Julia, The Illusionist, Frankenstein Junior e Orgoglio e Pregiudizio (2005). E ogni volta che li vedo mi fanno l’effetto del Thè Infrè: è buono qui…è buono qui…

[*il titolo tedesco eccheggia la famosa frase della matrigna davanti allo specchio (Specchio specchio delle mie brame…), che in tedesco è: Spieglein Spieglein an der Wand, wer ist die Schönste auf dem Land?]

mercoledì 16 gennaio 2013

Pronto?!

untitledMi hanno chiamato tre volte. E per tre volte io ho risposto.

Mi hanno chiamato tre volte. E per tre volte io ho risposto cortesemente.

Mi hanno chiamato tre volte. E per tre volte mi son sentito chiamare “signor Torqui”. E la cosa mi ha lusingato.

Mi hanno chiamato tre volte. E per tre volte ho parlato con un individuo diverso.

Mi hanno chiamato tre volte. E per tre volte ho sentito ripetere da tre voci diverse lo stesso discorso.

Mi hanno chiamato tre volte. E per tre volte ho annuito attento, anche se loro non mi hanno visto.

Mi hanno chiamato tre volte. E per tre volte ho soffocato l’istinto di riattaccare non appena iniziavano a declamare il loro copione.

Mi hanno chiamato tre volte. E per tre volte ho portato pazienza. Anche loro sono li a guadagnarsi il pane.

Mi hanno chiamato tre volte. E per tre volte ho tentato di sviarli. Fregandomene se le scuse potevano risultare plausibili o no. Meglio che un no sul muso, no?

Mi hanno chiamato tre volte. E per tre volte hanno creduto di avermi preso in castagna. Aspetta e spera.

Mi hanno chiamato tre volte. E per tre volte ho pregato perché la chiamata non mi costasse soldi, anche se chiamavano loro.

Mi hanno chiamato tre volte. E per tre volte ho fatto finta di ascoltare quello che avevano da dire. Per educazione.

Mi hanno chiamato tre volte. E per tre volte ho sperato accadesse il miracolo: che cadesse la linea.

Mi hanno chiamato quattro volte. E per la prima volta gli ho sbattuto giù il telefono.

Centralini della Vodafone. Amici delle promozioni You&Me. Sottopagati dei call-center. Ma non ve li passate i tabulati di chi avete chiamato? Mi avete chiamato quattro volte nell’arco di due mesi. Come ve lo devo dire che no, non mi interessa la VodafoneStation, no non mi interessa avere l’accesso internet sul telefonino (perché il mio va ancora a tasti e mi va bene così) e no, non mi interessa la promozione SpendiBeneEvaquiMeglio e neanche la ParlaParlaCheISoldiTeLiCiuliamoVolentieri. Mi interessa che mi lasciate in pace. Tirate un bel sfriso, un bel segnaccio sul mio nome e archiviatemi.

Che se mi chiamate una quinta volta, vi canto una bella sinfonia.  E non credo sarà di vostro gradimento.

lunedì 14 gennaio 2013

Anime blogger

Ripropongo qui un  post scovato zompettando di blog in blog. Come altri blogger prima di me, lo condivido molto volentieri. Merita.

Sono anime senza pelle, i blogger.

Li scovi nei blogroll altrui, tra un impegno e l’altro e succede che te li bevi a piccoli sorsi, gli rosicchi un po’ l’anima, ti appropri delle loro paure e dei loro sogni. E loro te lo fanno fare: ne hanno bisogno.

Si schiudono in modi diversi, il loro about è il viso truccato, ma nei post intimisti scopri chi sono e chi vorrebbero essere, cos’hanno perso per sempre, cosa li atterrisce, cosa li fa godere.

Sono tutti delusi, i blogger. Sono insoddisfatti dall’ipocrisia della conoscenza fisica, dall’apparire a discapito dell’essere, dal dover avere a tutti i costi. A volte sono esausti della quotidianità e si rifugiano nel loro circolo virtuale, che è privo di vincoli e quindi non tradisce.

Sono sognatori, i blogger. Vorrebbero scrivere di professione e camparci e farci i reading e leggere montagne di libri invece di lavorare o accudire; sono artisti intimiditi dall’apprezzamento delle proprie opere, oppure attanagliati da una disperata solitudine capace di fargli produrre strazianti scorci di sofferenza.

Sono compulsivi e monotematici, a volte. Trattano il sesso e la letteratura come la medicina che lenisce i vuoti inesorabili delle delusioni d’amore.

Sono poeti e poetici. Alcuni scrittori veri in attesa di editore, altri, geni, ma privi di talento letterario. Altri ancora, pochi, dei gran cazzoni in cerca di vetrine negategli altrove.

Raramente trovi straordinari catalizzatori d’affetto, col carisma esuberante che miscela l’amore all’alcool, che ti domandi come hai fatto a viverci senza, prima.

E quando succede che li incontri di persona, la dinamica d’approccio risulta stravolta. Perché gli conosci già l’anima e non ti curi del loro aspetto. Perché gli sei già amico, pur non avendoli mai visti. E spesso non dici ciao, o piacere. Dici: finalmente.

giovedì 10 gennaio 2013

Chi ben comincia

Come forse avrete avuto già modo di leggere da Eireen, l’anno è cominciato con doni, colpi di fulmine e iniziative esaltanti. Un inizio scoppiettante che mi fa allargare le labbra a mezzaluna felice.

Ogni tanto lo zapping è utile e ti fa scoprire delle perle che altrimenti lasceresti marcire nel mare torbido dell’ignoranza (intesa come mancata conoscenza dell’esistenza di tal cosa). È stato così che schiacciando compulsivamente i tasti del telecomando mi sono imbattuto nella trasposizione cinematografica del musical Il Fantasma dell’Opera. Cioè tanta roba. E dire che io non sono un patito di musical, si, oddio me ne piacciono alcuni come Tutti insieme appassionatamente, Grease, Mamma mia!, Hairspray e Jesus Christ Superstar. Ma morta li. Bhe ora aggiungo un nuovo titolo alla magra lista sopracitata. L’unica sfiga è che quando mi innamoro all’improvviso di qualcosa me ne stordisco. Nel senso che lo rivedo fino allo sfinimento, lo riascolto fino a che le orecchie passano dallo stato solido a quello liquido, faccio ripartire da capo le scene che più mi fanno ballare la lambada o mi cementificano il bosone dalla paura. Per pochi giorni divento ossessivo-compulsivo. Fosse per me il problema non si porrebbe nemmeno, ma provate a pensare la povera TorquiMamma che sente riecheggiare per tutta casa la stessa canzone ancora e ancora e ancora. Ogni tanto la disgraziata strilla da una camera all’altra, con la voce deformata dalla disperazione: “Ma non sei ancora stufo di sentirla sta canzone??”. Io, che ardo dal sacro fuoco dell’innamoramento fulmineo, le rispondo con voce flautata e sommessa: “Ma è troppo bella…”. Lei se ne esce con un sospiro rassegnato lungo lungo e siamo da capo. Il mio orecchio torna a bearsi della musica che si ripete all’infinito e il suo, scommetto, prega per avere requie. A che livelli di sopportazione arriva il tollerante, paziente e incondizionato amore materno…

Il film è tutto bello e le ambientazioni della Parigi fin de siècle spaziano dalla tipica commedia leggera a toni più gotico-noir. Piatto ricco mi ci ficco. In particolare una canzone mi si è infilata tra le gibbosità del cervello ed è questa (notate la citazione del celeberrimo vestito della Sissi):







Sublime.

Tra una scena e l’altra mi sono ricordato di andare a vuotare la cassetta della posta e guardate un po’ che vi ho trovato! Il regalo di Natale della Dresdnerin: un calendario con vere cartoline staccabili da utilizzare. Se l’anno continua a mantenere le promesse e la generosità con cui si è aperto…sarà un anno da panico!

VLUU L100, M100  / Samsung L100, M100


VLUU L100, M100  / Samsung L100, M100

Dulcis in fundo, dato che non c’è due senza tre, una sera sono stato invitato dalla Super Genia a un concerto di beneficenza tenutosi in uno dei palazzi più prestigiosi di Verona: la Gran Guardia. Si, proprio lei, la dirimpettaia dell’Arena in Piazza Brà. Mica palle. Va da sé che il concerto è stato spettacolare, altrimenti perché starei qui a parlarne?! Sembrava una versione pro loco di Sister Act: un misto di canzoni religiose e laiche pop-rock. A concerto finito avevo le mani scarnificate da tanto che ho applaudito e sulla scia del momento non ho potuto fare a meno di riflettere che le chiese sarebbero molto più piene se si intonassero cori un po’ più yeah e meno bleah!

[caption id="attachment_2013" align="aligncenter" width="510"]Palazzo della Gran Guardia Palazzo della Gran Guardia[/caption]

domenica 6 gennaio 2013

Archeologia natalizia

Gemelli_aAttenzione: questo è un post minimal-moralista.

Questo Natale mi ha dimostrato che l’archeologia è viva e vegeta e sta a due passi da casa mia. Quest’anno il Natale ha riportato alla luce due gemelli andati perduti. No, non ho fortunosamente ritrovato due bronzi romano-ellenistici. Né li hanno ritrovati un’équipe di archeologi. In realtà sono due gemelli in carne e ossa, in vera pelle umana, occhialuti e alti un metro e una pertica. Talmente alti che per parlare con loro dovevo alzare la testa. Mi sentivo un nano da giardino piazzato sotto due pini secolari. Quasi quasi avevano più loro l’aria dei ventenni che io del diciasettenne.

E voi sarete li che vi state chiedendo: ma chi son sti due! Presto detto. Sono cugini. Cugini visti rarissimamente anche se locati al di là del pianerottolo della TorquiNonna. Curiosa la vita, no? Hai parenti che sai che esistono, ma che non calcoli pari. Ogni tanto ti giunge voce che hanno finito le medie, si sono iscritti alle superiori. Si si quelle dietro Via Boni. Ah ok. Fai mente locale e qualche breve calcolo. A dividervi ci sono solo 7 anni. La riflessione porta a galla ricordi ingialliti fissati su di una foto mischiata ad altre negli album che hai in camera. Ricordi di averli tenuti in braccio, di avergli preso le manine calde e minuscole, di averli voluti tutti per te, sti bambolotti Sbrodolino. Ora li guardi dal basso verso l’alto per poterli guardare in faccia.

E tò che anche il giro parenti ti regala un momento di gioia e scoperta inaspettata. Ti regala un’ora di perfetta armonia e complicità con due sconosciuti che in realtà sono legati a te da legami invisibili a cui nemmeno avresti dato peso, prima. Un’ora perfetta ed equilibrata in cui una parola in più avrebbe sbilanciato la conversazione e una in meno l’avrebbe fatta languire. All’improvviso la rivelazione: quante occasioni sprecate! Un giorno prima li tenevi in braccio sul divano, il giorno dopo sono 17enni stangoni e già con un filo di barba. Quante confidenze, quanti momenti di complicità che avrebbero potuto essere e non sono state. E tutto per quella sorta di sovrana indifferenza tipica degli adolescenti che li rende insensibili a qualsiasi cosa tranne i loro problemi (anche se c’è da dire che spesse volte è proprio quel naturale egoismo che ti salva…).

Mentre ognuno è impegnato a vivere la propria vita, altre vite si sviluppano al di là del pianerottolo. Per cui oltrepassatelo sto pianerottolo e gettate un ponte oltre l’indifferenza e il disinteresse. Fate la differenza! Per voi e per loro. Arricchirete la vostra vita di momenti caldi e confortevoli in cui accoccolarvi nei momenti bui e tristi. Perché più avrete dato e più avrete in cambio!

NdR: non si accettano reclami sul tema "natalizio" nonostante sia il 6 gennaio. Per un soffio sono entro il termine massimo. Perchè si sa, arriva l'Epifania che tutte le feste si porta via!!

giovedì 3 gennaio 2013

Anno nuovo...

...vita nuova!! Non so perchè, ma ho appiccicata addosso la sensazione che questo 2013 sarà un anno epocale. Di quelli che spaccano di brutto. Di quelli in cui ne combinerai e te ne capiteranno di ogni. Di quelli che restano impressi a viva forza e segnano una svolta epocale. Che, lo devo proprio dire, il 2012 è stato un anno fantastico, emozionante e eccitante, ma caspita se è stato faticoso.

Il 2013 sarà tutta un'altra musica, tutta un'altra storia.

Perciò io lo dico, poi sarà quel che sarà.


Gogo, Momo, Erika, Redpoz e tutti voi giovincelli che mi leggete dalle Piramidi alle Ande, state sereni e ditelo insieme a me:

Il 2013 sarà il NOSTRO ANNO!!!!


Ecco, io ve l'ho detto.


Ed ora libiamo libiamo ne' lieti caliciiii...