giovedì 25 ottobre 2012

Robe dell'altro mondo - II

Giorni fa sono tornato in Crucchia richiamatovi dai teutoni stessi. Avevo un colloquio di lavoro. Si, quando mi è arrivata la mail di convocazione ho fatto la ola per venti minuti saltando sul letto a mo’ di tappetino elastico. A furia di craniate euforiche ho lasciato delle belle crepe sul soffitto. Sono partito con le farfalle nello stomaco: il colloquio era a Monaco. Ansia. Aspettativa. Emozione. Innumerevoli film che mi proiettavo nella testa durante il viaggio. Non vedevo l’ora di riabbracciare gli amici espatriati e riprendere il gossip mai interrotto.

Solo che gli amici crucchi sanno sempre come sorprendermi. E ora capirete perché.

Veniamo al colloquio. Da dove posso iniziare. Dai convenevoli. Mi hanno fatto accomodare, la signorina (assai giovane tra l'altro) ha cominciato a inquisirmi con le solite domande. "Se ha lavorato qui, com'è che è tornato a casa e ora cerca di nuovo lavoro in Germania o in particolare a Monaco? - Quanto ci ha messo ad arrivare qui da Verona? - Dove alloggia al momento? - Dove abitava durante il tirocinio?". Io stavo per tirare fuori anche la tessera del codice fiscale, il bigliettino del sarto con le misure 60-90-60, la dichiarazione ISE dei miei e il mio CUD del tirocinio. Non so, vuoi sapere anche le mie misure intime?? Da li siamo passati al colloquio vero e proprio. Tenetevi forte, mi raccomando.

Mi avrebbero dato 400 euro mensili per lavorare 9 ore al giorno, con 1 ora di pausa pranzo, dal lunedì al venerdì. Sticazzi!! E tu me lo chiami Mitarbeit? Io direi piuttosto strozzinaggio bello e buono. Al che l'ho stoppata subito e le ho detto che 400€ per una città come Monaco sono veramente pochissimi, una somma al limite dell’indigenza. Gliene ho chiesti minimo 600. Mica per avarizia -ho puntualizzato- ma perché gli affitti in città sono altissimi. Che l'altra volta mi hanno fregato perché non sapevo niente e ho dovuto ballare non sapendo neanche i passi. Stavolta fregate qualcun'altro. Lei si è segnata la richiesta e ha chiarito che però -ovviamente- la prima scelta sarebbe ricaduta su chi avrebbe accettato i 400 senza fiatare. Accomodarsi le ho detto. Mi pareva una risposta più elegante di quella che mi bruciava sulla lingua: "se io dall'Italia vengo qua devo potermi mantenere con quello che mi date, non trova? Se devo mettercene del mio, non ha senso, dov'è il mio guadagno? Se c'è un monachese che per farsi l’esperienza si tiene i 400€ ma ha mammina e papino con casa sicura ecc ecc, che se lo prenda lui il posto". Invasato dal dio della contrattazione ho anche messo in chiaro che, in caso di buon esito, avrei voluto minimo 2 settimane per la ricerca alloggio (ammesso e non concesso che mi alzassero lo "stipendio"). Si perché han tentato di scusarsi dicendo che sono 400€ ma mi coprono l'assistenza sanitaria, che, voglio dire, non è da sputarci sopra, ma con quella mica ci pago l'affitto tutti i mesi, scusatemi eh. Basta subire, largo alla contrattazione –mi sono detto- che disperato non sono più e se vi va bene è così, se no chiamate qualcuno che prenda tutto senza fiatare. E per farle capire che dalla loro offerta non dipendeva il futuro della mia vita le ho spiattellato che ho in ballo altri due colloqui le settimane prossime, deutschlandweit.

-Posso chiederle dove? -mi ha chiesto.

Uno a D. e uno a N. (dandole altre città mi sono tutelato e ho conferito credibilità alla balla).

Mi ha chiesto delle mie mansioni all'ABZ e io ho sbrodolato le solite frasette fatte, il copione ben studiato in treno. E dopo un po' sono fioccate le domande inutili.

-Lei è capace di priorizzare le mansioni?
Si… (e lì tutta la spiegazione del perché e del come)
-Lei si sente portato per l'organizzazione e il Planung?
É il mio forte! Sono uno molto pratico bla bla bla…
-Dovrebbe rispondere al telefono, redigere le liste dei partecipanti ai corsi, rispondere alle mail di informazioni, avere a che fare con i docenti...
Tutte cose già fatte all'ABZ baby, niente di nuovo sul fronte occidentale per me!

E la ciliegina sulla torta. Oltre allo stipendio da fame mi ha fatto capire che i primi due mesi sarebbero stati di prova. Per vedere se mi svegliavo fuori, se mi velocizzavo, se mi integravo. Cito: "Per farle capire come funziona qui le faremo fare più che altro attività di back office". Va che ti ho capito cocca, la sinfonia mi è chiara.

Ha testato il mio inglese (prima ti fanno gli zebedei a striscioline sulla conoscenza del tedesco, parallelamente devi anche sapere inglese come un pescatore delle brughiere). Che devo dire è uscito meglio delle altre volte, ma assai inquinato dal tedesco. Amen. Se ti va bene è così, se no capperi tuoi. Ha osservato che dovrei migliorare le mie skills in english perché quando tiriamo su il telefono non sappiamo se sono tedeschi o inglesi e bisogna essere rapidi nel rispondere (ma rilassati darling, respira!!). Inoltre –ha proseguito-  abbiamo a che fare con insegnanti madrelingua inglese che non parlano tedesco e dobbiamo interagire con loro nella loro lingua madre (cioè belli sti qua, tirano i soldi in Germania ma non imparano la lingua. Vogliamo fare un minuto di silenzio?). Mi ha classificato come B1 scarso. Se lo dici tu che non sei manco madrelingua…

Si è dilungata in spiegazioni che ho già dimenticato e alla parte "domande da farmi" le ho chiesto come avesse trovato il mio tedesco. B2 abbondante. Non proprio C1. Bhe contando il mese e mezzo di lassismo, va più che bene. Mi ritengo soddisfatto. Ancora bla bla bla e bla. Le ultime formalità: Ich melde mich wieder in 5 Tage und ich sage Ihnen bescheid ob es geht oder nicht (mi farò viva tra cinque giorni e le dirò se la prendiamo oppure no). Si si grazie e arrivederci. Per me anche se non si fanno più sentire mica mi dispiace. Per uno sfruttamento così un lavoretto lo trovo anche a Verona senza avere lo sbattimento della lingua, della ricerca alloggio e della valigia sempre tra le balle. In una parola: poleggio.

Cioè ma vi rendete conto?! Finché ero là seduto tutto sorrisi e "certo...non sarebbe un problema...ma sicuramente, lo posso capire...assolutamente...", ma quando ho infilato la porta ho detto ciao belli e grazie a voi. In più mi aveva chiesto se scrivevo, sia in tedesco che in inglese, meglio o peggio di come parlavo. Le ho refilato una risposta pronta preriscaldata: “bhe parlare è essenzialmente improvvisazione, ci scappano più errori. Lo scritto invece dà l'opportunità di pensare meglio a cosa si vuole dire cercando di eliminare gli errori più frequenti”. No perché sa -ha controribattuto- se arrivano delle mail di richiesta informazioni, lei deve essere veloce nel rispondere. Al che mi sono pensato "copio e incollo la risposta da un'altra mail cambiando eventuali date o prezzi e la risposta pronta ce l'ho già, senza star li a sbattermi a scriverla ex novo ogni volta". Ogni tanto i tedeschi mancano di furbizia. Ma di tanta anche.
Come se non bastasse mi ha esortato a valutare la mia capacità di lavorare sotto stress. Di saper gestire le situazioni di emergenze improvvise e risolverle brillantemente. Volevo risponderle che per un italiano mettere una pezza durante un'inondazione è il suo pane quotidiano, ma mi sono trattenuto. Se no mi scappava che loro un'emergenza la sanno gestire solo se riportata nel libretto delle istruzioni.

Per dirvela tutta il mio atteggiamento era di puro scazzo. Tenete presente che per 40 minuti scarsi di colloquio io mi sono fatto 10 ore di viaggio (5 di andata e 5 di ritorno), per cui l'ansia era già andata a farsi benedire. Che se pensavano di aver davanti il tipico italiano disperato, pronto ad accettare tutto pur di venir via dalla crisi, avevano chiamato l'italiano sbagliato. Assumetevi qualche bel monachese figlio di papà. 400 euro. Non ci paghi nemmeno la camera. O se riesci a starci dentro, gli altri 50 euro ti vanno via di abbonamento mezzi. E per mangiare ci devo mettere del mio. Sto a casa mia e faccio prima. Ovviamente non mi aspettavo nemmeno 2000 euro pronti, serviti su un piatto di porcellana di Meißen. Sarà anche la Germania, ma la gavetta è d'obbligo in qualsiasi paese. Tò, avrei capito 800 euro. Mica sta gran cifra, ma se gestita bene arrivi in fondo al mese dignitosamente. Ma con la metà ci paghi si e no mezza pannocchia al Viktualienmarkt (quando ci sono le svendite di fondo magazzino).
Per quel che mi riguarda, il discorso è già chiuso. Io da Verona mi sposto solo se ne vale la pena, altrimenti sfruttate un vostro bel crucchetto, che non sono servo qui e di certo non lo vengo a fare Oltralpe. Patti chiari amicizia lunga.

Prima di lasciarvi una minigalleria: la prima neve dell’anno sul Brennero. Che emozione!!!

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mercoledì 24 ottobre 2012

Ma parla come mangi!

Questo post fa il pendant con il post precedente. Dopo aver parlato di come gli stranieri stramazzino l’italiano, è il momento di svelare come anche gli italiani evitino i termini nostrani in favore di una terminologia straniera considerata molto più “ficcante” del corrispettivo italiano. Primi fra tutti i beneamati/odiati Enzo e Carla che si danno un’aria da intenditori usando termini anglo-francesi nel tentativo di risultare più chic, finendo invece per essere snob e incomprensibili. Ditemi voi cosa capite della seguente lista (e questa non è che la punta dell'iceberg) :

Tela canvas (normalissima canapa eh, trattenete gli entusiasmi)


Gonna gypsy in sangallo


Dress code (per i comuni mortali: divisa, tenuta da lavoro)


Jaboux


Govonierre di seta (una misteriosa forma di seta lavorata)


Color toup con foudre morbidissima (è una variante parigina di pelle di lontra?)


Foulard con boules crepe de chine


Borsa big-size (in italiano: grande formato)


Maxi dress in mini poule (traduzione: un gran vestitone con piccole zampe di gallina)


Outfit iperromantico


Fascia tricot


Ancor-boute sandal (chi conosce il sumero?)


Collier bianco


Broche (chiamarla spilla, fa schifo?)


Bicolor trompe l’oeil (due colori che ti fanno gli occhi a panda)


Niente brown (un colore che abbiamo anche noi, si chiama marrone!)


Clutch (borsetta porta-mentine?)


pochette


tubino animalier (leopardato, zebrato, muccoso: ultime urla dalla Savana)


mini-dress semiaderente


pajette da color tiffany o coute tendente all’avorio (chi ci capisce è bravo)


dettaglio gold


lato bijoux (gioielli, ragazzi, gioielli)


oversize


tricot larghissimo


plissé (pieghe, le sempiterne pieghe)


trench


ma come sei glam!


collier plastonne (?)


scarpa plat (qui si mangiano anche le parole)


color cognac


effetto fifty spant (stiamo ancora aspettando l’esperto di sumero…)


scarpa con traforo seducente


vernissage fashion o drink estemporaneo


tonalità dal brown al bourdeaux


abito con stampa provenzale (è dagli anni ’60 che sappiamo che c’è)


open toe


cocktail ring


fisico a colonna, mela, pera… (altra frutta?)


rosa schiapparelli


seta delavé total black


scarpe noirée


bangles (semplicissimi bracciali rigidi)


bauletto Speedy (aspettiamo quello per Willy il Coyote)


una magnifica Kelly


torchon


la parigina check nudo e nero (i vecchi calzettoni della nonna)


vitello spazzolato (la pulizia innanzitutto)


mood board


spencer in jersey (e Susannah a New York)


tessuti cadì, marouquine, madras e argan (Samarcanda, Baghdad purchè sia oriente!)


par-dessus in seta cruda (quella cotta solo con i dessert)


total look gold


dare un tocco shine (splendente, che fai prima)


abito in shantung (a Pechino ci devo arrivare)


Non che Briatore sia da meno mentre prendi a calci in culo i concorrenti di The Apprentice. La patina da grande imprenditore esige un linguaggio settoriale e manageriale. Per i profani un vocabolario minimo:

Teambuilding (ita: spirito di gruppo)


Business (ita: affari)


Headhunters (ita: cacciatori di teste)


Packaging (ita: il caro vecchio confezionamento, scatola, inscatolamento)


Pricing (ita: fare i prezzi)


make up (ita: trucco!!!)


restyling


buyer (ita: compratore eh!)


testimonial publicitary


junior assistant (ita: apprendista)


boss


teamleader (ita: capogruppo)


Enzo, Carla, Flavio, un consiglio da uno che le lingue le sa: parlate come magnate!

venerdì 19 ottobre 2012

L'italiano mortificato

Che l’italiano sia una lingua minoritaria è cosa certa e universale. Il che (non) giustifica che la nostra lingua, considerata da molti l’idioma dell’amore e della poesia, venga mortificata a ogni piè sospinto. Chi come me avrà preso il treno per Monaco spesso e volentieri, avrà notato che la nostra lingua viene continuamente smoccicata, calpestata e maciullata.

L’esempio più fulgido di cotanto scempio? Gli annunci trilingue del treno DB per Oltrebrennero. Dato che l’amato mezzo locomotore viaggia attraverso ben tre stati, la multilinguistica è d’obbligo. Multilinguistica che, per inciso, segue regole tutte sue. Alla partenza da Verona la corretta successione è: italiano, inglese e tedesco. Alla partenza da Monaco invece l’italiano va in coda e il tedesco in testa. Solo l’inglese gode della neutralità territoriale. In entrambi i casi lo speaker sbrodola una serie di frasette ruffiane molto ben studiate, alquanto toccanti, nonché smielate. Le avrete sicuramente sentite anche voi. Di solito il discorsetto standard d’apertura è: Diamo il benvenuto ai signori viaggiatori sul treno XD 459/doppia Z 56 per Monaco. Il treno fermerà alle stazioni di (inserite alcune città a caso). L’arrivo previsto a destinazione è per le 2.58. Vi ringraziamo per aver scelto Ferrovie Crucche. Vi auguriamo buon viaggio. Poi segue una traduzione alquanto annacquata in inglese (strapazzato anch’esso da un povero controllore imberbe la cui pronuncia è simile a quella di un macaco della pampa) e un balbettio confuso di un controllore imbarazzato, percepito come una serie di monosillabi incomprensibili classificati sotto la categoria “versione tedesca dell’annuncio”. Che non oso immaginare cosa pensino i teutoni della nostra pronuncia, se persino a me si rizzano i peli dal disdegno.

Proseguendo verso il Brennero questa macabra danza linguistica si ripete a ogni sosta. Anche se già da Bolzano in poi l’italiano si affievolisce e nei vagoni si sente sempre più bisbigliare in teutone. E fin qui l’italiano ancora ancora si salva. Anche solo per una questione formale: fino al Brennero quella che sfila sotto i nostri occhi è ancora Italia (un misto acrilico 20% italiani e 80% sudtirolesi). Dal Brennero in poi cominciano le bastonate e le omissioni. Ora lo speaker non è più un mangiaspaghetti, ma un mangiacrauti. E nel passaggio è l’italiano a perderci. Sia a livello informativo che per qualità della lingua (l’unica cosa che mi consola è che loro mortificano la nostra tanto quanto noi mortifichiamo la loro). Così, mentre il treno sferraglia verso Innsbruck, potrete godere delle sensibili differenze tra un annuncio e l’altro.

-Versione tedesca: Si avvisano i signori passeggeri che il treno è in arrivo alla stazione di Innsbruck. Da qui è possibile raggiungere Salisburgo recandosi al binario 7, Bad Termalen dal binario 3 e AlpeggenParadies dal binario 5. Si ringraziano i signori viaggiatori che concludono qui il loro viaggio per aver scelto Ferrovie Crucche. Vi auguriamo una buona giornata.

-Versione inglese: Ladies and gentlemen, siamo in arrivo alla stazione di Innsbruck. Da qui è possibile proseguire per Salisburgo, Bad Termalen e AlpeggenParadies. Grazie per aver viaggiato con noi.

-Versione italiana: Si informano i gentili viaggiatori che siamo in arrivo alla stazione di Innsbruck. Grazie per aver scelto Ferrovie Crucche.

No e il resto dov’è finito?! Perduto tra le fitte maglie dell’etere. E mica vi potete lamentare. Anzi. Accontentatevi che te l’hanno detto anche in italiano, se no bisognava farsi andar bene il crucco o l’albionico. Ad ogni modo una via di mezzo tra la logorrea dell’annuncio tedesco e la stitichezza dell’annuncio italico non pervenuta.

Se si impegnano però, gli amici germanici possono fare anche di meglio. Ogni tanto l’annuncio in italiano viene dimenticato per direttissima o tagliato nella parti “sensibili”. Tipo:

-Versione tedesca: Si pregano i signori viaggiatori di scendere dal lato sinistro del treno, grazie.

-Versione inglese: Le uscite sono posizionate sul lato sinistro del treno. Please, scendere solo dal lato sinistro.

-Versione italiana: Preghiamo i signori viaggiatori di scendere dal lato –click- (Della serie aprite gli occhi e vedete un po’ voi se dovete scendere a destra o a sinistra). Sti tedeschi burloni…

Viaggiare in treno è un’esperienza sensoriale che ognuno dovrebbe provare. Anche solo per le gaffe inconsapevoli di cui si è testimoni. Come quando il controllore ti apostrofa direttamente in tedesco 5 minuti dopo la partenza da Verona. O come quando partendo da Monaco il controllore bavaro prima esordisce in bavarese, poi in tedesco, in seguito in inglese e quindi in italiano, affermando però che il treno è in partenza da Verona (tò, ero già a casa e non me ne ero nemmeno accorto). O come quando il controllore quasi ti butta giù la porta del bagno accusandoti di star fumando. Mah, a me sembrava di star facendo dell’altro…A meno che la mia non sia la prima pipì al sapor di nicotina…

In pratica, tra il cartello dell’altra volta e questi nuovi obbrobri, quando si parla di italiano all’estero bisogna solo metterci una pietra sopra. Siamo gente complicata che parla una lingua complicata!

giovedì 11 ottobre 2012

Imparare tedesco è...

…è ritrovarsi a fare un po’ di ordine negli scaffali della libreria e trovare una valanga e mezza di libri di tedesco, grammatiche varie e vecchi testi scolastici imprestati da questo mondo e quell'altro. Vedendo tutto questo mare magnum di testi, testini e testoni mi è venuta l’idea di farvi una piccola lista di “volumi” che potete reperire per allenare il vostro tedesco fai-da-te o trovare pronte risposte a tutti i dubbi grammaticali che possono assalirvi.

Pronti…partenza…via!!

Il primo titolo che vi faccio presente è Il Tedesco della collana Assimil.



Veramente ben fatto. All’interno trovate unità riassuntive di grammatica, dialoghi con note a margine, piccole chicce culturali, trascrizioni fonetiche, esercizi di ripasso e di apprendimento lessico.

Heft vari bimestrali. I miei preferiti restano gli Spiegel Geschichte, di cui ho un discreto numero.



Anche gli heft della Stern non sono male. Più incentrati sull’economia e sulla politica. Decisamente non il mio genere. I primi li vendono anche qui a Verona. Avere i teutoni sempre sulla soglia di casa ha i suoi lati positivi.

Deutsch Perfekt.



Rivista principe dell’apprendimento della lingua tedesca. Offre inserti con esercizi, traduzioni, vocabolario specifico e una vasta gamma di letture suddivise secondo il grado di difficoltà. Base, intermedio e avanzato. Il classico caso di divertirsi imparando.

Ora passiamo al box grammatiche:

In università mi avevano costretto a comprare questa grammatica Die neue Gelbe – Grammatica tedesca con esercizi di Dreyer e Schmidt (casa editrice Hueber).



I professori millantavano che era la migliore grammatica in circolazione. Io mi trovavo malissimo. Spiegazioni spiccie e raffazzonate. Esempi pessimi e esercizi incomprensibili. Non lasciatevi però influenzare dal mio giudizio. Quello che va bene a uno non va bene all’altro.

Personalmente preferisco i Wie Bitte, vere grammatiche-culto delle superiori. E per un buon motivo. Oltre alle unità pluritematiche sono corredate di schede e spiegazioni grammaticali chiarissime e alquanto intuitive. Un vocabolario molto ben fornito a fine unità completa il quadro. Aver ereditato i tre volumi della collana da una vecchia conoscenza del liceo è stata a dir poco una mano santa!

Altro testo valido è il Deutschestunde kompakt A e B. Un po’ più dispersivo del Wie Bitte, ma va bhe, da un volume per le scuole mica si può pretendere chissà cosa. Ringraziamo che ci sono questi vah…

Em neu – Deutsch als Fremdsprache (Hueber) era il libro di testo che usavamo al laboratorio di tedesco C1 in università. Fatto maluccio, ma per scovare qualche lettura dal lessico un po’ fiorito è un valido alleato. Più che per la sua utilità l'ho tenuto per ricordo: mi ricorda che ho passato il C1. Che poi io sappia tedesco a livello C1...bhe questo è tutto un altro paio di maniche...

E per concludere una nota culturale. A me piace molto rovistare nelle bancarelle o nelle librerie dimesse e acquistare libri sulla vita delle città prima e dopo. Se hanno anche delle belle foto d’epoca poi. Affare fatto!





Altri suggerimenti? Altri libri salvavita da far presente?

sabato 6 ottobre 2012

Reperti archeologici

Ma ve li ricordate gli albori del Projekt Dresden? La settimana di cattività francofortese…il tedesco scassamaroni…il fraticello spagnolo semipedofilo…la città orribile e il mio tedesco ancora peggio…

Ecco. Oggi ricorrono due anni esatti da quell’esperienza. E pensate un po’ la fatalità. Facendo pulizia nel mio vecchio computer ho riscoperto in una cartella di una sottocartella le foto-testimonianza di quell’esperienza (da notare la mia allora scarsa attitudine con la macchina fotografica: non ero ancora capace di togliere data e ora preimpostate). Così, per onorare l’evenienza, vi lascio una galleria di foto che abbracciano tutta la settimana di “soggiorno forzato” (perciò non stupitevi se vedrete giornate di sole in alcune e nuvole minacciose in altre). Le didascalie vi aiuteranno a ripercorrere le mie orme per le strade di Francoforte. In una vi aspetta anche una sorpresa. Enjoy!

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martedì 2 ottobre 2012

Sinceritàààààààà...

Per chi mi segue da un certo tempo un’idea su di me se la sarà fatta. Capita che ogni tanto nei miei post lasci cadere briciole d’informazioni personali. Così, perché ci sta. E perché scrivere sempre degli altri è divertente, ma ogni tanto un piccolo riferimento all’autore del blog ci sta. Che Narciso che sono!

Giusto per farvi un riassunto ho già reso noto che: non bevo caffè, sono cioccolata-dipendente (in particolare dalle Gocciole), la mia migliore amica è una pazza furiosa nonché mente eccelsa (con lei il detto “genio e sregolatezza” è più che mai vero), mi piace malignare su come è vestita la gente (in Italia tutti giudicano come ci si veste, perché non dovrei farlo anch’io?), sono filobavarese (e continuo ad esserlo nonostante le batoste ricevute), non sono una persona vendicativa (anche se ci sono volte in cui vorrei esserlo), il mio sport preferito è lo sport del divano (se lo includessero nel novero degli sport olimpici, mi darei allo sport anima e corpo), sono un feticista dei libri (regalatemene uno e solleverete il mio mondo). Se trovate altre briciole che non ho raccattato notificatemelo.

Ma oggi mi spingo oltre. Rivelerò alcune cose di me altamente imbarazzanti (ma forse anche no). Così. Che oggi mi gira bene e c’ho il friccicorio dell’animo sincero.

I – Ho la patente, ma non mi piace guidare. Guidare mi manda fuori dai gangheri, mi esaspera, mi pezza le ascelle in un batter d’occhio. Tempo 10 minuti e tutte le ore di meditazione del giorno prima vanno a farsi benedire. Guidare non mi da gioia, né tantomeno delirio di onnipotenza. Anzi. Mi annoia da matti. Freud sarebbe deluso da me: non potendo essere la macchina l’estensione  della mia terza gamba, mi manderebbe in analisi per direttissima. Sorry Siegmund. Mi sposto in autobus. Così posso godermi il viaggio senza farmi venire i calcoli biliari ed evito lo stress dal cercare parcheggio. Potessi permettermi un autista lo assumerei domani.

II – Il mare mi fa cagarissimo. Odio tutto del mare. La spiaggia affollata, le temperature elevate (o afa insopportabile che dir si voglia), i marmocchi che ti tirano i palloni in testa, le panze flaccide e le tette mosce che ti tocca vedere, i marmocchi over forty che si aggirano famelici alla ricerca di qualcuna da abbordare, la sabbia tra i piedi che ti finisce pure tra i denti, il mare caldo come brodo, lavarsi di continuo il costumino, puzzare di salsedine, i capelli ridotti a spago per candele, la risacca sulla battigia, le discoteche in cui si ammucchia e ci si pesta i piedi a suon di tecno music, le persone unte come polli di olio abbronzante. Resisto due ore poi tiro di matto. Portatemi invece su un prato di montagna. Lasciatemi li con un libro e una sdraio sotto un pino e io mi sentirò talmente in armonia con l’universo da scrivere I monologhi dell’ago di pino.

III – Il mio eroe non è Batman, non è Spiderman, non è Wolverine, non è Ironman. È Jean Claude. Non Van Damme. Il Jean Claude di Sensualità a Corte interpretato da Marcello Cesena. Quello oppresso da Madre, schiavizzato dalla vogliosa Cassandra e dalla dubbia identità sessuale. Ecco, quello è il mio eroe. Non me ne perdo una puntata. E da quando ho scoperto che da Mai dire martedì lo hanno trasferito a Quelli che il calcio lo seguo anche li. Senza guardarmi la trasmissione ovvio. Lo cerco su YouTube il giorno dopo.

IV – Se il calcio non esistesse sarebbe un mondo migliore. Almeno per me. Lo trovo lo sport più stupido, se non inutile dell’intero pianeta. Firmerei qualsiasi petizione pur di farlo sparire. Da piccolo gli sfottimenti cadevano a pioggia perché non lo praticavo e non riuscivo proprio a farmelo piacere. Io volevo fare tennis. Ma guarda un po’ te.

V – Il mio sogno più grande è incontrare Luciana Littizzetto. Ho tutti i suoi libri, tutti i cofanetti dei suoi interventi a Che tempo che fa e mentre ero in Germania la seguivo da YouTube. Poterla vedere in diretta la domenica sera è uno dei pochi vantaggi riacquisiti con il reimpatrio. Tenetevi pure Angelina Jolie, Zoe Saldana e la Scarlett Johannson. Datemi la Littizzetto!!

VI – Da piccolo sapevo tutte le canzoni di Tutti insieme appassionatamente a memoria. Quando ancora esistevano le cassette video e i DVD e i Blu-Ray erano solo murmugli da infanti io ho sbindato il videoregistratore a forza di fare rewind e ascoltare le canzoni ancora una volta. Ero un’anima semplice infarcita di idee romantiche e fiducia nel supremo bene. La mia preferita era quella della capretta nella scena del teatrino (“Una capretta che pascolava…”). Quando vedevo il Comandante e Maria ballare il Ländlei in terrazza piangevo come un lattante. Avevo il cuore tenero.

VII – Amo così tanto Scrat da averne pure il peluche. È una delle mie molte manie. Anche se questa devo dire è stata un puro caso. Non sono andato apposta al Disney Store a comprarlo. No no. L’ho vinto per puro culo alla macchinetta con il gancio meccanico alla modica cifra di 1 euro. Scrat è il mio maestro di tenacia e perseveranza. Trovatemi qualcun altro che si smazzi così pur di inseguire una misera ghianda e che non si arrenda mai all’evidenza. Chiamasi avere degli obiettivi ben chiari in mente.

E voi non avete niente da confessare al buon vecchio Torquitax? Non abbiate timore, eventuali segreti imbarazzanti rimarranno tra me e voi…e qualche lettore! Ehehehehehe