martedì 11 marzo 2014

In udienza dal Papa

A 16 anni non avevo ancora fatto all'amore con Roma.
La capitale era oggetto di studio in storia, arte, diritto e latino. Ma per tutto il resto ero un verginello.
Sicché, quando è stata decisa Roma come gita scolastica -la prima gita seria di quattro giorni da spendere tra bagordi, gossip e ore piccole musei, passeggiate e siti archeologici- io sguazzavo nell'etere come un tordo nella bacinella. Ero tutto un cinguettio di gioia. E ansia e angoscia e eccitazione.

Perché, tra l'altro, uno dei nostri accompagnatori era il prof di religione. Che non era un prete, ma un don mancato. Occhialetti tondi, sguardo mite, pelata da frate, cardiganini marroni con le toppe e collo rinsecchito. Gli mancavano solo i sandali da fraticello e a posto. Tra lui e la prof di ginnastica non si sapeva chi fosse il più eccitato. La seconda sognava un piatto di spaghetti all'amatriciana in qualche localino sfizioso di Trastevere, lui di salire la Scala Santa in ginocchio e mettere una rosa sulla tomba di Giovanni Paolo II.

E, udite udite, si era anche industriato per farci andare in udienza dal Papa. Cosa che alla fine gli era anche riuscita. Ora, non so in che modo e tramite quali conoscenze altolocate (difese il segreto con aria da agnello che guarda avanzare il pastore con le cesoie in mano), ma una delle nostre mattine romane sarebbe stata dedicata a Sua Santità. Figurarsi i genitori che spasimi e che zufolate di gioia. I miei hanno fatto gli occhioni da fattoni di crack quando sono arrivato a casa sventolando l'invito.

All'epoca Benedetto XVI era fresco di nomina. Sedeva sulla sedia di San Pietro da qualche annetto scarso. Mia nonna era una delle sue fans più scatenate. Quando lo vedeva in televisione sembrava una metallara ai concerti degli Iron Maiden. Lo incoraggiava, lo applaudiva, lo incitava. Le mancava solo il santino sul comodino in camera. La sua raccomandazione è stata "salutamelo".


La mattina fatidica ci informano che l'udienza non si svolgerà nella solita sala, ma addirittura in San Pietro. Il prof di religione era in brodo di giuggiole. Lo vedevi pattinare sulla piazza tanto era soddisfatto. La prof di ginnastica avrà avuto paura che volasse via come un palloncino, se no non si spiega il motivo di portarselo a braccetto per tutto il colonnato.

Finalmente eccoci lì, in piena basilica di San Pietro, seduti tutti composti, tirando il collo come struzzi per vedere apparire dalla porta principale il Papa, guardarcelo un po', coccolarcelo con gli occhi che...diciamolo pure...quando ci sarebbe ricapitato?? Ecco, appunto.
Se non che, prima ancora che ci raggiunga, sentiamo un gran casino, gente che urla, gente che si alza. Minchia, sta a vedere che siamo finiti in mezzo a un attacco terroristico! Alcuni urlano "è caduto, è caduto". Altri invece "aiutate il Papa, aiutate il Papa". Una voce isolata chiede "ma quella chi è?" Ve lo ricordate di quando Papa Benedetto venne braccato da quella signora a metà navata? Signora un po' irruenta che l'aveva sbattuto a terra nella foga di abbracciarlo, salutarlo, fargli un saluto di cuore?
Era successo quello e io c'ero in mezzo.
Ero a Roma, in udienza dal Papa in San Pietro e questo veniva placcato da una fervente vecchietta.
Non ci potevo credere.

Una marea di gente che mi spinge verso il parapetto della recinzione per vedere, per commentare, per farsi un piattino di affari altrui. Persone che gridano e bisbigliano, che spintonano per sbatterci fuori, per evacuare la basilica. Un parapiglia di piedi e gomitate (certi pestoni me li ricordo ancora!).

Ma Ratzinger è un teutone, è tedesco, è fatto di duro granito delle Alpi. Si è rialzato, si è liberato dell'imbarazzante abbraccio della suorina mancata, l'ha affidata alle sapienti e caritatevoli mani della sicurezza, s'è lisciato la tonaca bianca e ha puntato il famoso baldacchino.

E lì l'ho visto. A un metro da me.
Avevo il Papa a un metro da me e l'unico pensiero che ho fatto è stato "che tappo, 'sto Benedetto!".
Pensiero profondo il mio, nevvero?
Eh si, non mi smentisco mai!

Sicché avevo fatto tripletta: ero in udienza dal Papa che era stato appena aggredito e ora stava a un metro dal mio naso.
Arrivato all'altare Benedetto cominciò a snocciolare i nomi di quelli che stavano in udienza (o che erano rimasti) e quindi nominò sia la mia sezione che il mio liceo. Per ringraziamento facemmo degli urletti striduli come quelli delle galline a cui tirano il collo e per dieci minuti ci sentimmo fighi come non mai.

Peccato però che non ci abbiano inquadrato quando poi il servizio sul placcaggio al Santo Padre andò in televisione. Per una volta che c'ero non m'ha intervistato nessuno.
Che brutta gente!

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