lunedì 30 dicembre 2013

2013, un bilancio

6 gennaio 2013.
Eireen pubblica un post in cui chiede ai lettori di "scegliere tre parole che, mi auguro, segneranno l'anno che si è appena aperto".
Le mie (quattro) parole sono state: SODDISFAZIONE, BELLEZZA, REALIZZAZIONE e INCONTRI.

Quelle parole il mio 2013 lo hanno segnato veramente.
Questo è l'ultimo post dell'anno. E allora faccio un ricapitolo in quattro parti: uno per ogni parola magica.
Una cosa breve eh, che se sto qua a elencare tutto tutto tutto, rischio di sforare nel 2014.

1-BELLEZZA
Trieste. Il Carso. Piazza Unità d'Italia e Miramare. Il Golfo visto da San Giusto.
Milano. La maestosa Stazione Centrale. Parco Sempione. I Navigli.
I viaggi in treno, le stazioni appena toccate, paesaggi che promettono nuovi orizzonti.
Progetti. Entusiasmi. Confidenze. Conversazioni scintillanti.
Ovunque, nuovi angoli da scoprire. Libri che ti hanno preso per il colletto e ti hanno trascinato dentro a viva forza. Nuove iniziative a cui ho partecipato: una per tutte, WOR(L)DS. La gioia creativa dello Zelda was a Zine.
Film che emozionano (l'ultimo, Frozen, che mi ha stregato senza rimedio), foto che fanno sgranare gli occhi.
Ma soprattutto la bellezza di una grassa risata, una di quelle sguaiate da crampi alla pancia e lacrimoni giù per le guance.

2-SODDISFAZIONE
Scariche di adrenalina per aver passato prove da cardiopalma e avercela fatta.
Scariche di adrenalina per aver avuto accesso alla prime fasi di un progetto che poi non è andato in porto, ma volete mettere l'autostima quanto mi è lievitata??
Scariche di adrenalina per aver deciso di partecipare, così, per sport, a un'iniziativa che è andata felicemente in porto e che per un anno mi porterà regolarmente a Milano nei fine settimana.
La gioia di fare discorsi interessanti, croccanti, ghiozzi, che ti lasciano quell'emozione di "pieno" per tutto il giorno. La gioia di condividere idee, esperienze e impressioni con persone illuminate.
La partecipazione ai successi altrui ed essere lì per applaudire, urlare e sorridere.
Anche essere felici per gli altri è una soddisfazione mica da poco.

3-REALIZZAZIONE
Artistica, personale, interiore.
Mi sono realizzato come creatore, come giocoliere di parole, emozioni e battutacce.
Mi sono realizzato come persona per il puro gusto di volermi bene. Di fare quello che mi va per far piacere a me stesso. Fregandomene delle etichette, dei pareri, dei musi, del "chissà che penseranno".
Realizzazione nella rivoluzione.
Rivoluzione nell'ordinario.
E per miracolo più facevo quello che volevo, che mi piaceva, più fioccavano occasioni, opportunità che andavano a braccetto con la soddisfazione e la bellezza. Come la schiuma sui bignè una avvolgeva l'altra e io nel mezzo nuotavo in un mare di panna.

4-INCONTRI
Tanti, tantissimi, uno più emozionante dell'altro.
Venti nuovi volti conosciuti e da conoscere ancora e ancora solo nel mio progetto milanese.
Jane Pancrazia.
Camilla.
Justine.
Tutti i Wor(l)dsiani conosciuti in occasione del WOR(L)DS PARTY.
Persone di talento, entusiasmo, sfolgorante umanità e ricchezza. Creatività.
Ma penso anche agli incontri virtuali con persone altrettanto talentuose, collaborative e ottimiste.
Ed è l'intrinseca bellezza di questi incontri che ti fa capire quanto la vita sia generosa e ammiccante, se la trattiamo con altrettanta generosità e amore.

Sono imperfettamente fortunato e grato di questo 2013.

2013, prima che tu vada in pensione, me lo puoi fare un'ultimo favore?
Puoi dire al tuo collega entrante, il 2014, di essere se non migliore di te, almeno uguale?
Grazie.
Ti voglio bene anch'io.

venerdì 13 dicembre 2013

Santa Lucia

Una vecchia filastrocca recita:

Venesiani gran signori, 
padoani gran dotori,
vicentini magna gatti, 
veronesi tuti mati.

E noi veronesi un po' matti lo siamo davvero. Ma in senso buono. Siamo amabilmente frollati. Prendete me, per esempio. Vi sembro matto? Si, ma in una maniera del tutto adorabile, nevvero??

Noi non seguiamo le mode. Noi le facciamo.
Noi non abbiamo San Nicolò.
Noi non abbiamo Babbo Natale.
E non abbiamo nemmeno la Befana.
Noi abbiamo Santa Lucia.

Ovvero quella santa mezza ciecata, orba del tutto che nella notte tra il 12 e il 13 dicembre vaga di casa in casa, accompagnata da un musso (asino) sul cui groppone ci sono accatastati mille e più regali per i bambini buoni. Ai cattivi è riservata una manciata di carbone, un pugno di sabbia negli occhi e/o una tirata ai piedi. Sti santi eh, san essere stronzi come pochi.

Santa Lucia a Verona è la ricorrenza che ogni bambino aspetta da un anno all'altro. Già a fine ottobre si comincia a pensare a cosa si può ordinare alla santa coperta da un velo rosa. Ed ecco la lista chilometrica su cui si appunta ogni cosa: regali costosissimi che si possono chiedere proprio a lei che tutto può.

All'asilo e alle elementari, poi, è tradizione gonfiare tanti bei palloncini colorati a cui le maestre poi legheranno un biglietto con il proposito del caso. Una settimana prima del 13 dicembre tutti i bambini vengono radunati nel cortile della scuola e dopo qualche momento di esitazione liberano i palloncini che volando verso il cielo arriveranno prima da Santa Lucia che potrà così fare l'ultima lista, la definitiva e categorica, dei buoni e dei cattivi.

La sera del 12 si andava a letto in fibrillazione. Chiudere occhio era impossibile.
Si lasciava la tapparella un po' alzata perché non sbattessero la testa né lei né l'asinello strisciando in casa.
Si lasciava un biglietto carino e coccoloso in cui si davano indicazioni logistiche all'avvenente cieca su dove lasciare i regali. Possibilmente sul tavolo della sala, grazie.
Si sgomberava la tavola da tutte le cianfrusaglie inutili.
Si lasciavano in bella vista dei semi di carruba per il povero asinello a mo' di foraggio.
Ci si infilava il pigiama e ci si addormentava con le farfalle nello stomaco.

La mattina dopo, appena svegli, ci si fiondava in salotto o in cucina e...magia!!
La tavola era imbandita di regali e cioccolata, di biscotti e caramelle. Tutto disposto con maestria e classe. I santi in fatto di fashion la sanno lunga, lasciali fare!
Si andavano a svegliare i genitori e con mala grazia gli si saltava sulle caviglie al grido "È passata Santa Lucia, è passata Santa Lucia", tutti isterici e garruli. Si afferrava la roba più squanfia del ricco banchetto e la si portava a scuola da esibire agli altri compagni dicendo tronfi: "Questo me l'ha portato Santa Lucia".

E io, che sono rimasto più o meno a quell'età, la festeggio ancora. Sempre e comunque.
La qualità dei regali è cambiata. La quantità di cioccolata no.
A me piace rispettare certe tradizioni. Hanno quel sapore antico di amore incondizionato e tenerezza. Di attesa e ricompensa. Di eternità sempreverde.

La crisi passa.
Santa Lucia, con i suoi banchetti profumati in Piazza Brà, il suo carico di trepidante attesa e gioia gratuita, resta.

Ps: oggi è il 13/12/13. Che figata di data! Eh bhe, Santa Lucia non delude mai.

Pps: qualche informazione aggiuntiva ricavata da Wikipedia:
"Secondo la tradizione popolare veronese, intorno al XIII secolo, in città, in particolare tra i bimbi, era scoppiata una terribile ed incurabile epidemia di “male agli occhi”. La popolazione decise allora di chiedere la grazia a Santa Lucia, con un pellegrinaggio a piedi scalzi e senza mantello, fino alla chiesa di S. Agnese, dedicata anche alla martire siracusana, posta dove oggi c'è la sede del Comune: Palazzo Barbieri (Piazza Brà). Il freddo spaventava i bambini che non avevano nessuna intenzione di partecipare al pellegrinaggio. Allora i genitori promisero loro che, se avessero ubbidito, la Santa avrebbe fatto trovare, al loro ritorno, tanti doni. I bambini accettarono ed iniziarono il pellegrinaggio; poco tempo dopo l'epidemia si esaurì.
Da quel momento è rimasta la tradizione di portare in chiesa i bambini, per la benedizione degli occhi, il 13 dicembre e ancora oggi, la notte del 12 dicembre, i bambini aspettano l'arrivo di S. Lucia che porta loro gli attesi regali in sella ad un asinello accompagnata dal Castaldo, l'aiutante. Si lascia un piatto sul tavolo con del cibo con cui ristorare sia lei che l'asinello prima di andare a dormire. In quella sera i bambini vanno a letto presto e chiudono gli occhi, nel timore che la Santa, trovandoli ancora svegli, li accechi con la cenere. La mattina dopo, Lucia fa trovare loro il piatto colmo di dolci, fra cui le immancabili “pastefrolle di Santa Lucia”, di varia forma (stella, cavallino, cuore…), nonché l'altrettanto immancabile "ghiaia dell'Adige" ed il "carbone dolce" per i bambini "cattivi". Le formine delle frolle scacciano il male e sono di buon auspicio.
Dal secolo scorso si è sviluppata, per l'occasione la tradizionale grande fiera, che ancora oggi si tiene nei tre giorni precedenti il 13 dicembre, in una piazza Bra' riempita dai bancheti de Santa Lussia, ricchi di giocattoli e dolci di ogni tipo. Per sottolineare questo tradizionale giorno di festa per la città di Verona, su esempio del Teatro alla Scala, la sera del 13 dicembre si celebra ogni anno "La Prima", lo spettacolo inaugurale della stagione invernale di opera al Teatro Filarmonico. In quest'occasione l'entrata del pubblico della platea e dei palchi al teatro avviene dal Museo Lapidario Maffeiano."

mercoledì 4 dicembre 2013

Una domanda en passant

Nessuno ne parla più.
Nessuno se lo fila più.
Nei discorsi non lo si nomina più.

Il caro estinto.

Lo spread, che fine ha fatto??

lunedì 25 novembre 2013

Camilla, Justine e lo Zelda was a Zine

Ed è capitato così che verso le 14 di domenica 17, Pancri ed io, budella rifocillate in un buonissimo localino di specialità abruzzesi locato in Via Vigevano, Milano, ci dirigessimo al nostro appuntamento con Camilla e il suo workshop, lo Zelda was a Zine.

Lasciatemi dire che già solo la location era stupenderrima, la cornice ideale. Lo Spazio Piano si trova in una bellissima corte interna di una casa affacciata sul naviglio. L'aspetto è decisamente milanese: un piccolo androne che immette in un cortile interno raccolto e tappezzato di edera, circondato da porticine dal sapore antico. Ora, non so se questa sia la tipica casa a ringhiera milanese, noi a Verona non le abbiamo. Fatto sta che l'atmosfera raccolta, intima del cortile si rifletteva anche all'interno dello Spazio. Essenziale, con le sedie tutte diverse, con i banchi ingombri di penne, pennarelli, matite colorate, materiali eterogenei dalle consistenze più diverse. Avevo già gli occhi a stelline che brillavano e le mani che prudevano. Datemi un paio di forbici e vi solleverò il mondo.

Manco a farlo apposta siamo stati i primi ad arrivare. Justine e Camilla ci hanno aperto sorridenti il portone ed è stato subito cicaleccio. E Torquinate. Sì perché io non riesco proprio a trattenermi dal fare figure da giullare. Sapete la prima cosa che ho detto a Camilla??

"Guarda, te lo devo proprio dire, sei veramente altissima. Praticamente una betulla".
Se non mi faccio riconoscere non son contento.

La volete sapere la seconda cosa che ho detto, questa volta a Justine??
"Adoro troppo i tuoi occhiali!! Quando sono andato a cambiarli ho chiesto all'ottico un paio come i tuoi, tondi così. Stupendi. Solo che sembravo Harry Potter strafatto all'uscita da un rave, sembravo la rana che sta per essere stirata dal tir".

Eccomi! L'uomo senza filtri.

Lo Zelda was a Zine non è stata un'esperienza qualsiasi. È stata un'esperienza con la E maiuscola, altrochè. Colorato, divertente, gossipparo, giocoso, esilarante. E che sono dovuto venir via venti minuti prima (mannaggia alla tirannide dei Frecciabianca e di Trenitalia)!! Mi è dispiaciuto tantissimo. Io triste.
È durato poche ore, sì, ma sono state ore piene di creatività, di risate, di scambio, di condivisione, apprezzamenti e sodalizio artistico. In parole povere: energia creativa pura. C'era elettricità nell'aria. I cellulari si sono scaricati a forza di fare foto e schiaffarle su Instagram. Nonostante conoscessi solo Jane Pancrazia, è stato facile legare con le altre partecipanti al workshop. Sembravamo bambini delle elementari che si scambiano e rubano a vicenda i pastelli.

"Chi ha la scatola dei pennarelli?"
"Qualcuno ha visto lo scotch coi baffi?"
"Lo usi il pizzo marrone??!
"Qualche anima pia mi può passare il washi tape stile letterina vintage?"

"Ma tu ci sei su Instagram?!"
"Certo"
"Fuori il nome!!"

E sopra di noi, a vegliare come numi tutelari, stavano loro, Camilla e Justine. Due personalità fantastiche, propositive, calorose, stimolanti. Impagabili. Di Camilla mi ha impressionato la facilità con cui sfornava idee geniali e la grinta con cui ci motivava a confrontarci, a sviluppare o prendere in prestito le idee altrui. Il suo entusiasmo. Nonché il suo concetto di Reciclo Creativo che mi è piaciuto a pacchi e che ho fatto subito mio (Instagram testimone). Di Justine la sua affabile semplicità. Lei si è definita "tamarra", io l'ho trovata semplicemente GANZA. Termine forse un po' old-fashioned, ma di grande impatto secondo me.

Per non tacere poi del thé e dei cioccolatini offertici a merenda. Cioè, cosa può volere uno di più??
...un nuovo workshop targato Zelda...magari?

Conoscerle, parlarci insieme, farmi consigliare da loro (sia Camilla che Justine hanno dato il loro contributo artistico alla realizzazione della mia zine, grazie!!), mi ha riempito veramente tantissimo. Sulla metro verso la stazione e sul treno verso casa non riuscivo a smettere di sorridere, pattinavo per aria trasognato. Ce l'avevo stampato in faccia, quel sorriso un po' ebete e un po' idiota che hanno le persone realizzate e soddisfatte. Gli altri passeggeri avranno pensato che fossi innamorato...o cerebroleso. Tutto vero. A Milano mi sono innamorato della creatività semplice e fantasiosa. Di quella creatività gratuita e spontanea, solidale tra estranei.

In sintesi, questa esperienza è stata T.O.P. (troppo obiettivamente pazzesca)!
Uno dei picchi più alti di felicità condivisa toccati quest'autunno.

Già non vedo l'ora che sia domenica per (re)incontrare Camilla, Justine e tutti gli altri Wor(l)dsiani in occasione del WOR(L)DS Party alla Maison Borella.

Non si era sbagliato poi più di tanto Steve Jobs.
Stay hungry, stay foolish.
Stay funky.

(Ho detto bene Justine?)

giovedì 21 novembre 2013

15X25 - Blogger incontro/i

Il punto 3 della lista delle 15X25 recita: fare ALMENO un altro blogger incontro.
Durante il mio strabiliante fine settimana a Milano non ho fatto uno, non ho fatto due, ma bensì TRE blogger incontri. Volete sapere chi ho incontrato? Ve lo dico subito:

1) Jane Pancrazia (Pancri) Cole di Radio Cole

2) Camilla di Zeldas was a writer

3) Justine di Le Funky Mamas

Cioè, mi sono o non mi sono superato? L'elemento catalizzatore è stato il toppissimo e coloratissimo workshop di Camilla, lo Zelda was a zine. Workshop che è stato, questo posso già anticiparvelo, semplicemente T.O.P (troppo orgogliosamente pazzesco). Ma di Camilla, Justine e del workshop vi parlerò in separata sede, in un post apposito.

Oggi mi occuperò di lei, Jane Pancrazia, Pancri la Sfacciata di Pancrazia in Berlin, la ricciuta disc jockey che sta dietro al fighissimo progetto che appare quotidianamente su Radio Cole.
Per farvi un piccolo riassunto la prima volta che ho "incontrato" Pancri è stato sulle pagine di Pancrazia in Berlin. Inutile dire che mi ha conquistato subito con la sua scrittura brillante e comica (ma quanto ruffiano sono??) e da lì l'ho sempre seguita. Lei a sua volta, stregata dai miei sublimi commenti (perché, avevate dubbi che i miei commenti fossero di altra natura?), ha cominciato a seguire me. Tutto chiaro?

Ma mentre io avevo un piccolo vantaggio su di lei (l'avevo già vista, in tutta la sua gloria, in carne e video), lei invece ignorava completamente il mio aspetto. Ci siamo incontrati a Milano Centrale. Ed è stato subito pettegolezzo spinto, gossip a gogò come due vecchie comari di paese al lavatoio. Uguali.

E questa è una delle magie del web. Nessun imbarazzo, nessuna esitazione nei discorsi. Anzi. Condivisione immediata delle figure di m***a, delle situazioni più imbarazzanti vissute, di piccole perle di vita vissuta che sarebbe meglio lasciare ai porci. A me sta cosa sorprende sempre. Epperò me la godo!

Insieme a Pancri ho passeggiato per una Milano per lo più sconosciuta, ho scoperto nuovi scorci e nuovi angoli di una città che per me si poteva riassumere in tre punti cardinali: Stazione, Duomo, Castello. Punto. Grazie a Pancri ho rivalutato la grande capitale lümbarda. Cioè, mica banane!

Pancri è esattamente come traspare dal suo blog: divertente, spiritosa, brillante, vulcanica, avventurosa e aperta alle nuove idee e ai nuovi stimoli. Eclettica e sofisticata. E, per quello che mi riguarda, incredibilmente stoica e paziente. Mi ha sentito blaterare a ruota libera per un'ora buona senza emettere fiato, senza fare un plissè, senza dare segni da tramortimento verbale. Va detto che non avendo lei letto la mia (dis)avventura francofortese, dovevo ragguagliarla sull'argomento in tempo reale. Povera Pancri, appena conosciuta e già con le orecchie panate, con i padiglioni auricolari foderati dalle mie sciocchezze. Tornato a casa ho dedicato una statuetta di stagnola al suo Genio Paziente.

Conoscerla è stato bellissimo. Puro scambio. Puro conforto: a essere frollati siamo in tanti. La tribù dei diversamente schizzati è ampia e io ci sguazzo dentro come un maiale nel trogolo. Pura condivisione. Conoscerla mi ha riempito il cuoricino. Un altro blogger incontro TOP. Soddisfazione a pacchi. A cespi come la lattuga, a mazzi come gli asparagi.

Pancri la rivedrò presto (di sicuro con l'anno nuovo). Torino è nella mia lista delle città da visitare e con una guida d'eccezione come lei non potrà non piacermi. L'egregia collega blogger non ha scampo.
Sappi però, stimatissima Jane Pancrazia, che per il nostro prossimo incontro m'impegnerò a rispettare un proposito: frenare la mia parlantina a caduta libera. Se poi non ci riesco sei autorizzata a tirarmi un sonoro pestone sul piede.

Ecco, l'ho detto.

martedì 19 novembre 2013

Torqui in Milano

Due giorni possono essere eterni. Minchia se possono esserlo! Non solo per via della noia, ma anche e soprattutto per via dell'intensità, della densità di sentimenti, stimoli e paesaggi che assorbiamo.
Questo week end a Milano:
  • ho iniziato un nuovo progetto annuale pieno zeppo di incontri, scambi e confronti
  • ho fatto due blogger incontri (forse anche tre)
  • ho fatturato ore e ore di spettegolio ciarliero e sbragato
  • ho passeggiato per le strade di una Milano sconosciuta inondata di sole
  • ho finalmente visto 'sti Navigli tanto chiaccherati e misteriosi quanto il toupè di Silvio
  • ho accumulato ore bonus di risate spensierate (ho la tesserina zeppa di timbrilli!)
  • ho assaggiato un pane abruzzese orgasmatico
  • ho partecipato a un workshop con la W maiuscola
  • ho tagliuzzato, ho incollato, ho piegato, ho srotolato washi tape come i boccia delle elementari
  • ho creato una tela di Penelope di complicità e imbarazzanti lati intimi
  • ho faticato ad addormentarmi ubriaco di tanta bellezza e soddisfazione
  • ma più di tutto a Milano tra sabato e domenica ho semplicemente CREATO. E mi sono sentito pieno, realizzato, soddisfatto. Felice. Che forse è un po' semplicistico come stato d'animo, ma le cose semplici sono anche le più complesse. 
Curiosi? Frementi di sapere? Presto tutte le indicazioni, le spiegazioni e i racconti del caso.
Il mio povero cuore non è abituato a tanta entusiasmante elettricità. È un attimino provato. Giusto i tempi tecnici perché si riprenda e saprete tutto (o quasi)!

domenica 10 novembre 2013

La chirurgia delle parole

Oggi volevo scrivere un post, ma c'ho il blocco.
Vorrei scrivere qualcosa di brioso e divertente, spiritoso e frivolo, leggero. Ma niente.
Fisso la tastiera sperando che le lettere sparse mi diano un'idea. Mi parlino. E invece ciccia.
Allora ho pensato a un metodo alternativo. In mancanza di parole mie, riporto quelle di qualcun altro.

Chi di voi non ha mai visto Il Grande Dittatore di Charlie Chaplin?
Chi non l'avesse visto corra a vederlo. È di per sè un'esperienza.
Chi l'avesse visto so di cosa parlo. Chi l'avesse visto è pregato di darmi la sua opinione in proposito.
Per me, oltre a essere un capolavoro di satira e ironia, di crudele e disincantata ironia, è anche un film commovente ed emozionante. C'è umanità e c'è sofferenza. C'è la speranza e la luce del futuro.

La mia parte preferita non è la scena del barbiere, non è la scena del mappamondo lanciato in aria come un palloncino. La mia scena preferita è il finale. Il monologo finale che il povero barbiere ebreo scambiato per il dittatore tiene di fronte all'auditorio in silenzio.

Oggi in mancanza di parole mie, voglio condividere le parole di Charlie Chaplin.
Parole di un comico con la vocazione da profeta.
«Mi dispiace, io non voglio fare l'imperatore. Non è il mio mestiere. Non voglio governare né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti se possibile. Ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo. Non odiarci o disprezzarci l'un l'altro. In questo mondo c'è posto per tutti, la natura è ricca. È sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica, ma noi abbiamo dimenticato.
L'avidità ha avvelenato i nostri cuori. Ha precipitato il mondo nell'odio, ci ha condotti a passo d'oca tra le cose più abbiette. Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo rinchiusi in noi stessi. La macchina dell'abbondanza ci ha dato povertà. La scienza ci ha trasformato in cimici. L'abilità ci ha reso duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchine ci serve umanità; più che abilità ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è violenta e tutto è perduto.
L'aviazione e la radio hanno avvicinato le genti. La natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà dell'uomo, reclama la fratellanza universale. L'unione dell'umanità. Persino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo, milioni di uomini, donne e bambini disperati. Vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente.
A coloro che mi odono io dico: "Non disperate, l'avidità che ci comanda è solo un male passeggero, l'amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano. L'odio degli uomini scompare insieme ai dittatori e il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al popolo. E qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa!"
Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare, che vi irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie. Non vi consegnate a questa gente senza un'anima! Uomini-macchina con macchine al posto del cervello e del cuore. Voi non siete macchine, voi non siete bestie. Siete uomini!! Voi avete l'amore dell'umanità nel cuore. Voi non odiate. Coloro che odiano sono quelli che non hanno l'amore altrui. 
Soldati! Non difendete la schiavitù, ma la libertà! [...] Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, la forza di creare la felicità. Voi, il popolo, avete  la forza di far si che la vita sia bella e libera, di fare di questa vita una splendida avventura. 
Combattiamo per un mondo nuovo, che sia migliore, che dia a tutti gli uomini lavoro, ai giovani un futuro, ai vecchi la sicurezza. Promettendovi queste cose dei bruti sono andati al potere. Mentivano. Non hanno mantenuto quelle promesse e mai lo faranno. I dittatori forse sono liberi perché rendono schiavo il popolo. Allora combattiamo per mantenere quelle promesse! Combattiamo per liberare il mondo eliminando confini e barriere, eliminando l'avidità, l'odio e l'intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole. Un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. [...]
Dovunque tu sia, abbi fiducia! Guarda in alto. Le nuvole si diradano, comincia a splendere il sole. Prima o poi usciremo dall'oscurità verso la luce e vivremo in un mondo nuovo. Un mondo più buono in cui gli uomini si solleveranno al di sopra della loro avidità, del loro odio, della loro brutalità. Guarda in alto!
L'animo umano troverà le sue ali e finalmente comincerà a volare, a volare sull'arcobaleno verso la luce della speranza, verso il futuro. Il glorioso futuro che appartiene a te, a me, a tutti noi. Guarda in alto! Lassù...»
Charlie Chaplin    

martedì 5 novembre 2013

D'ispirazione e di tecnica

Io sono un grande fan dell'ispirazione. Un po' meno della tecnica.

Non credo molto a quella storia che bisogna scrivere tutti i giorni per almeno un paio d'ore. Quando sento sta massima mi viene subito in mente la tipica immagine della produzione seriale. Invece dello sforna-pasticcini c'è lo sforna-pagine. Tu inserisci una trama generica e lui ti sputa fuori una ventina di fogli dattiloscritti con una storia imbastita sopra.

Ecco, personalmente questa cosa mi urta. Mi piace di più pensare allo storia che lo scrittore è talmente immerso nella folla di frasi, battute e personaggi che gli murmugliano in testa, da cadere nel pozzo o tenere il naso levato alle stelle e scivolare nel fiume. Immagini forse un po' infelici, ma teneramente poetiche.

C'è poi da dire che l'ispirazione, per quanto fulminante e travolgente, è, nella mia esperienza, schifosamente tirannica. Non sai mai quando arriva, per quanto resta, cosa ti fa fare e dove deciderà di colpirti. È un po' come quei parenti eccentrici che non avvisano del loro arrivo e te li ritrovi una mattina sulla porta di casa con la valigia in mano. Snervante. Con l'ispirazione poi c'ho un rapporto di amore e odio. Amore perché quando mi fa compagnia mi rende bel gioioso e mi tiene compagnia per ore di fervore e concentrazione. Odio perché non sceglie propiamente momenti o orari canonici per piombarmi in testa. Il più delle volte si fa annunciare poco prima che mi addormenti, mentre mi trovo in quella regione grigia tra la veglia e il sonno. Ecco che intere frasi, nei momenti migliori interi paragrafi, mi si formano in testa e scorrono in sovrimpressione come se li stessi leggendo. Tutto molto bello e idilliaco. Peccato però che se non li fissi subito tutta sta grazia di dio svapori come nebbia nella notte. Le prime volte, ottimista io fino al ridicolo, credevo che al mio risveglio le frasi sarebbero state ancora li e che le avrei con calma fissate su carta. Pie illusioni.

Capita così che prima di spegnere la luce, la sera, dopo aver chiuso il libro-concilia sonno, metta a portata di mano il mio "taccuino degli appunti". Che così non mi va perso niente.

Altro momento non topico in cui l'ispirazione scende a farmi visita è poco prima di aprire gli occhi sul mondo. Non ho ancora realizzato di essere al mondo, letteralmente, che in testa si formano frasi. E arivia: afferra la matita (si, sono un fanatico della matita, scrivo a penna solo se costretto con la forza), squaderna le pagine e scrivi, scrivi, scrivi. Ma il momento più classico è mentre sono sull'autobus. Son li che guardo fuori dal finestrino, che mi faccio gli affari miei e d'improvviso arrivano le frasi. O riflessioni. Dipende dalle giornate. In questi casi è la tecnologia a venire in mio soccorso: ho il cellulare pieno di memo con frasi, spezzoni di dialoghi e descrizioni. Estenuante.



La tecnica. Ammetto: è sempre stato il mio punto debole. Per me non c'è niente di più bello del libero pensiero, del tema libero, del bla bla personale. Al liceo ho patito moltissimo dover scrivere entro i limiti del "genere". Giornalistico, argomentativo, saggio breve, storico-artistico. Ognuno codificato in schemi su cosa si può dire e come, su cosa non si può assolutamente dire e su cosa sarebbe meglio non dire, ma mettendola giù in quella maniera li si può. Io mi deprimevo. Mi sentivo derubato della mia libertà d'espressione. Se devo dire le robe come vuoi tu, che ci sto a fare qui? Difatti i primi dieci minuti li passavo a rileggere testi e consegne in cerca di appigli a cui afferrarmi, citazioni che mi dessero il la. Tra quello e free climbing per me non c'era differenza. Specialmente la tipologia "articolo di giornale" m'ha fatto sudare una dozzina di camicie.

Nonostante sta avversione per i limiti e i paletti qualcosina è rimasto impigliato. Cioè l'idea del labor limae, il lavoro di lima. Magari si potesse scrivere come Mozart che buttava giù note già perfette, prive di correzioni o ripensamenti! Invece una volta che si ha in mano la pasta grezza bisogna modellarla. Non troppo e non subito, altrimenti si rischia di storpiare il tutto e avere in mano un qualcosa che a furia di cambi e tagli non conserva nulla della base di partenza. Bisogna invece fare una prima opera di raffinatura. Lasciarla li un paio d'ore. Rileggerla e ricambiare qualcosa se credete che qualcosa da cambiare ci sia. Altrimenti se già vi suona bene così com'è, lasciatela di nuovo li a lievitare un paio di giorni. Rileggete un ultima volta. Se vi piace quello è quello che avete modellato. Se trovate che manchi qualcosina aggiungete o togliete, ma non in maniera maniacale. Siate indulgenti. L'arte della modellatura richiede il suo periodo di apprendistato.

E voi come la pensate? Pro o contro l'ispirazione?
Meglio un pezzo ispirato, ma ancora piuttosto informe o un pezzo ben strutturato, ma pensato nei minimi dettagli?
Edulcoratemi!

lunedì 28 ottobre 2013

TorquiFantasie

Dopo le TorquiFisse vorrei presentarvi le TorquiFantasie. No, non fate i maliziosi. Non aspettatevi parole chiave stile bondage, lattex, frustini, sadomaso e compagnia bella.

Le TorquiFantasie di oggi riguardano i Blogger incontri. Che, giusto per la cronaca, sono anche un punto sulla lista delle 15X25: fare ALMENO un altro blogger incontro. Per chi non lo sapesse al mio attivo ho due blogger incontri. Nella ridente e birrosa Monaco ho incontrato Eireen e Momo. Due incontri che si sono trasformate in amicizie profondissime, pettegole e solidali. Il top tra le amicizie. Grazie Projekt Dresden di questo miracolo.

Ora, tornato qui a bordo Adige, mi sono accorto che spuntare la voce "Blogger incontro" dalla lista è una bella gatta da pelare. Premesso che non conosco nessun collega blogger di Verona (anzi, se ci sei/siete battete un colpo!!), l'unica alternativa che mi resta è mettermi in viaggio. Che mi va benissimo, non è quello il problema. Anzi. Il vero problema è da chi cominciare.

Vado a rompere i maroni alla ricca di talenti Pancri, a Torino?

O mi tengo in territorialità veneta e vado a fare un agguato a Redpoz?

E un giretto a Milano per andare a fare un saluto all'esplosiva Camilla di Zelda was a writer?

Cioè è un casino.

Per non parlare dei colleghi espatriati!! Da dove comincio??

Da Monica Mel nella sciccosissima Vienna?

Dalla sagace Brunhilde a Düsseldorf?

Oppure faccio una capatina a nord che più a nord non si può e vado a ballare il tango sulle croste di Piperpenny e Bianca-Hamburg o di Paleomichi??

Per dire. Son problemi grossi.

Però con voi devo e voglio essere sincero. La mia TorquiFantasia è ospitare una sorta di Blogger Reunion qui a Verona. Una roba shalla e paciosa, com'è nel mio stile. Una roba improvvisata e allegra. Una roba tipo
«Cari blogger che mi leggete e anche voi commentatori, avete voglia di vederci, chiaccherare, superare la barriera virtuale e fare un po' di sano pollaio?? Ottimo! Ci vediamo alle 11 del 16 (inserite un mese a caso) nel Caffè Volemose bene di via Compagnia 3, Verona. Mi riconoscerete dal libro Il Piccolo Principe che avrò con me sul tavolino. Vi aspetto numerosi. Torqui. Ps: nel primo pomeriggio seguirà, per i non veronesi, piccola passeggiata guidata per il centro storico.»
Cioè non sarebbe bellissimo??? Io al solo pensiero vado in brodo di giuggiole.
Sarà che le due esperienze precedenti mi han reso fiducioso, sarà che seguendo assiduamente un collega lo si conosce già un pochino e non c'è il pericolo dell'imbarazzo, ma solo del gossip sfrenato con conseguente gola riarsa!! Ma...a me piacerebbe proprio farlo.

E perché non lo fai, vi starete chiedendo. Ma per paura, ovvio! E se poi non si presenta nessuno? Cioè sarebbe una delusione da cui potrei non riavermi mai più. Povera TorquiFantasia! Scivolerebbe giù per lo sciacquone come giusto ridere...

Che dite, faccio bene o faccio male? Ci provo??
Edulcoratemi!

lunedì 21 ottobre 2013

TorquInstagram Reloaded

Che io avessi problemi di comunicazione con la tecnologia mi è sempre stato chiaro. Fino a che punto però, non mi era dato sapere. Ora l'ho scoperto.

Quei quattro gatti tra voi che mi seguono anche su Instagram si saranno accorti che non posto foto da un botto di tempo, come mai? No, non è che non avessi tempo. No, non è che non avessi soggetti da fotografare e pubblicare. Si, mi si era spammata di brutto l'applicazione. Ma di brutto proprio. Tipo ogni giorno mi comparivano tra i 10 e 15 soggetti sconosciuti e vagamente fake nella lista dei following. E avete voglia ogni mattina star li a toglierli tutti? Anche perché alcuni erano veramente coriacei. Io li toglievo e loro cocciuti, capatosta, mi restavano nella lista incriminata, appiccicati e indesiderati come le gomme americane sotto i banchi. 'Na tragedia greca.

Finché una sera il fattaccio: faccio per entrare in Instagram e mi compare una deliziosa finestra in cui mi si comunica che la mia password è stata cambiata d'ufficio per proteggere la mia privacy. "Si prega l'utente di seguire la procedura per inserire una nuova password". Le vene del collo hanno iniziato a pulsare come taburi watussi e il mio umore da blu oltremare era nero tempesta. Seguo tutti i passaggi e alla fine mi chiedono se voglio che mi mandino il link per reinserire la password via mail o sul mio account Facebook. Mail. Una mail che non è mai arrivata. Io ero già pronto a rompere qualche bottiglia di birra in testa a qualcuno. Minchia delle minchie.

Rifaccio tutti i passaggi e mi faccio rispedire la mail. E non arriva. Allora mi rivolgo alla guida on-line, dove, ovviamente, ti danno tantissimi consigli utili come la margarina nel cemento. E in cui si declina ogni responsabilità: se la mail non è arrivata consultare il webmaster della posta elettronica.

Ho scritto a Google facendogli presente il problema. Risposta: a noi non risulta un account con questo indirizzo e-mail. Bene.
Faccio un altro paio di tentativi di recuperare sta benedettissima password su Instagram. Niente.
Scrivo direttamente alla direzione di Instagram spiegando tutta la verbosissima storia dall'inizio alla fine, chiedendo umilmente che o mi facciano il santissimo miracolo di mandarmi sta mail incriminata al mio indirizzo e-mail principale o che mi chiudano loro d'ufficio l'account spammato e che non se ne parli più. Risposta: ci dispiace una cifra, ma per la privacy noi non possiamo entrare in un account personale e cancellarlo. Anche se spammato deve restar li finché lei non riuscirà a entrarci in qualche modo. Buona vita.
La mia risposta mentale: ma allora siete tutti un branco di scemi!! Sappiamo che siamo tutti controllati e intercettati, proprio quando serve che vi facciate gli affari miei tirate fuori la privacy???

Sicché non c'è stato rimedio. Ho girato in tondo come un pollo senza testa per settimane, cercando di risolvere questo problema informatico. Proprio io che di informatica ci capisco come un iguana della filosofia esistenzialista. Non mi è rimasto che lasciare l'account Torquitax vivo, ma silente e inutilizzato, putrido come una mela bacata e crearne uno nuovo di balla.
Quindi, se siete uno dei quattro gatti in croce che mi segue su Instagram, questo annuncio è rivolto a voi: Torquitax è morto, lunga vita a Torqui_tax. Tutto chiaro? Stesso discorso vale per i following. Cancellate Torquitax dalla vosta lista, accogliete Torqui_tax.

Meno male, meno male che non ho Twitter o Facebook, altrimenti non so se ne uscirei vivo!

venerdì 18 ottobre 2013

Ognuno ha una storia da raccontare/4

Tutti i diritti dell'idea letteraria "Ognuno ha una storia da raccontare" sono di Jane Pancrazia Cole. A me va solo il dubbio merito di aver voluto aggiungere una quarta puntata alla sua trilogia originaria.

Era l'ottico più bravo della città. Ed era cieco.

A tutti quelli che nel venirlo a sapere si profondevano in melensi dispiaceri lui rispondeva sorridendo: "I miei occhi non vedono, ma le mie orecchie sentono, le mie mani sentono, il mio intero corpo sente. Vibro insieme alle foglie sugli alberi, mi commuovo origliando i sussurri tra innamorati, il vento mi accarezza più dolcemente di quanto voi potrete mai avvertire. Il sole mi abbraccia con i suoi raggi e illumina i miei passi."

Nessuno riusciva a capire come potesse svolgere il suo lavoro meglio degli altri ottici. Lui, che non aveva occhiali in grado di restituirgli in nessun modo la vista perduta, era in grado di abbinare perfettamente montature e visi al primo colpo. I suoi clienti lo definivano un miracolo. Lui una questione di semplice affinità.

Entrare per la prima volta nel suo negozio era per chiunque un'esperienza strana, surreale e irrinunciabile. Non appena la porta si apriva lui si affacciava al bancone. Non c'erano campanelli che potessero indicargli l'entrata di qualcuno nel suo regno. "È facile accorgersi della presenza di un'altra persona: cambia la densità dell'aria" minimizzava lui.

Poi avveniva il rito a cui tutti si dovevano sottoporre, senza eccezione, senza riguardo a stato sociale, età, colore della pelle, statura. Tutte cose per lui senza importanza: ai suoi occhi tutti erano ugualmente famigliari e misteriosi. Prima di estrarre anche una sola montatura dai cassetti stipati sulle pareti, chiedeva il permesso di poter toccare la faccia del cliente, di studiarne la geografia, le imperfezioni, i laghi, le pianure e i rilievi. Mentre lo faceva si scusava. Ma doveva farlo. Le sue mani erano i suoi strumenti di conoscenza.

Terminata l'esplorazione di quel nuovo territorio, quelle stesse mani si dirigevano sicure a un determinato cassetto e, apertolo, ne estraevano una e una sola montatura. Raramente erano costrette a sceglierne una seconda. Il silenzio che ne seguiva era il suo momento preferito: il momento dello stupore, del balbettio, della totale assenza di parole.

Solo ai bambini svelava il suo segreto: "Non sono un mago, magari lo fossi! Ogni persona ha delle originalissime imperfezioni impresse sul volto che raccontano il modo in cui la vita le ha rese uniche. E solo un occhiale le può esaltare donando vera bellezza. Il mio mestiere non è un affare estetico, ma di cuore. Di vibrazioni. Di sentimenti. Uomini e oggetti sono fatti di materiali diversi, ma condividono la stessa anima. Li faccio incontrare. Li faccio conoscere. Li lascio andare l'uno affidato all'altro.
Li espongo a un nuovo tipo di amore.
Che lo capiscano non ha importanza.
L'importante è che continuino a camminare insieme."

lunedì 14 ottobre 2013

Se...

Avete mai visto qualcuno e in quel momento la vostra vita insieme vi è letteralmente passata davanti agli occhi?

Il suo nome sarebbe stato Davide, Angelica, Giacomo, Serena, Giuliano, Francesca, Sebastiano, Marina, Stefano, Alberta, Marco, Viola, Lorenzo, Camilla, Fabrizio, Matilde.

Avremmo passato intere giornate a letto insieme. Avrebbe guardato fuori dalla finestra, cosciente del mio sguardo sulla sua pelle. Amava mettersi in quella posa, felice che stessi li ad ammirarlo. Avremmo passato tutti i sabati mattina al tavolo della colazione. Avrebbe riso a tutte le mie battute.

Adorava quando le passavo la mano su e giù per la schiena, con fare poliglotta lo chiamava chris cross o spider scrolling. Mi soffiava sul collo dandomi gentili pizzicotti. Era meraviglioso svegliarsi così al mattino.

Sarebbe stato intelligente e creativo. Avrebbe lavato i piatti senza che io gli chiedessi di farlo. Mi avrebbe portato il caffè. Avrebbe saputo esattamente cosa desideravo prima ancora che io stessa lo capissi.

I suoi baci sarebbero stati magici, teneri e dolci, soffici, profondi e leggeri, invadenti e inebrianti. Mi sarei saziata solo di quei suoi baci. Il suo tocco aggressivo, elettrico, esploratore, appassionato e insistente. Delizioso.

Ci saremmo divertiti a giocare a smorfie e facce buffe, facendoci ridere a vicenda, l'un l'altro. Lo avremmo fatto per scherzo e avremmo superato l'imbarazzo insieme, per non esserlo mai più.

Al primo appuntamento mi avresti portato in quella piccola galleria a vedere il cielo stellato. E i miei occhi avrebbero visto, da quel momento in poi, stelle ovunque.

Il suo cibo preferito sarebbero stati i dolci.
I suoi dolci preferiti sarebbero stati i cioccolatini al rum e uvetta.

Ridendo avremmo fatto i romantici in pubblico. Stanchi ci saremmo presi per mano e saremmo andati a casa a cucinare qualcosa di accogliente e confortevole.

Saresti stato perfetto e mi avresti lasciato essere me stesso. Sarebbe stata un'imbattibile baciatrice e alcuni dei suoi baci sarebbero stati decisi e autoritari.

Non avrebbe iniziato inutili litigi. Il suo tocco sarebbe stato sensuale, timoroso.

Saremmo andati a vedere le vetrine insieme, indicando le cose che avremmo voluto e spendendo una fortuna con ironia e leggerezza.

La cosa che avrei preferito di lui? Avrebbe lasciato che mi leccassi le dita mangiando le patatine fritte.

Se...  

venerdì 11 ottobre 2013

lunedì 7 ottobre 2013

Il tormentone della settimana #3

Apparte che non so se anche dalle vostre parti, ma qui l'autunno è calato impietoso su di noi manifestandosi con pioggia battente, sensibile abbassamento dei gradi giornalieri (oggi siamo a 11gradi...brrrrrr) e un paio di strati di coperte in più. Oh sì e anche una diminuzione delle ore di luce: alle 6 si accendono già i lampioni!

E il vostro puccioso amico Torqui che fa per sopravvivere al brusco cambio di stagione? (Eh si, non ci sono più le mezze stagioni...) Si ritrona tutto il santo giorno con questa meravigliosa canzone. Unica pecca: finisce troppo presto. >Sigh!<


Lo so, lo so che è vintage, però...le cose vintage non sono stupenderrime??
You are my world, you are my night and day...

venerdì 4 ottobre 2013

Il Nr dopo il 199

...cioè questo è il post numero 200!! No dico, avete sentito bene?? 200 post! Fatemelo ripetere: 200!! 200 TorquiPost. 200 monologhi balenghi. 200 chiaccherate tra me e voi. So' soddisfazioni!

Si si ora mi ricompongo. Orbene, come posso festeggiare degnamente questo meraviglioso (e lo ammetto, insperato) traguardo?? Con un regalino. Un piattino di affari miei. Una tazza di TorquiBrodaglia. L'ho scovato in rete zompando di blog in blog in blog in blog in blog. Morale: ho zompato un sacco.

E come direbbe Miranda: Right! Let's go to the show!

Qual è il primo libro letto? Un gatto non è un cuscino di Christine Nostlinger
Qual è il tuo autore preferito? Luciana Littizzetto
Quando esce la versione cinematografica di un libro vai a vedere il film o preferisci evitare? Se ho letto il libro e mi è piaciuto guardo il film (armato di una massiccia diffidenza critica), se non ho letto il libro, ma il film mi ha intrigato, vado a leggermi il libro
Il/I libro/i che ti ha/hanno commosso di più?  La tela di Carlotta e Il Piccolo Principe
Cosa ti convince ad acquistare un libro? La trama e il passaparola
Quali sono i tuoi hobby? Cinema, libri e passeggiate all’aria aperta sui monti (i miei)
Cosa ti ha spinto ad aprire un blog? Mi sembrava di avere qualcosa di “sensato” da dire (dove "sensato" è, nel mio caso, un concetto del tutto opinabile)
In quale personaggio di un libro ti riconosci di più? Scrat
Quale libro ti sarebbe piaciuto scrivere? Le memorie di Adriano
Spiegami il titolo del tuo blog cosa significa? Significa che ogni giorno è quello giusto per reinventarsi
Se potessi cambiare lavoro che lavoro sceglieresti? Mi metterei dietro una scrivania a leggere le fatiche letterarie di gente che nessuno si fila con l’intenzione di promuoverle e, se ci riesco, pubblicarle
Qual è la città in cui vorresti vivere dovendo cambiare? Un anno fa avrei detto Monaco, ora direi Trieste
Qual è l’ultimo libro che hai letto? L’isola che c'è di Susanna Tamaro
Il tuo viaggio più bello? Monaco e i castelli di Baviera, Roma e Trieste
Il tuo desiderio più grande ? La serenità dell’anima  
Se potessi regalare un sogno a qualcuno a chi lo regaleresti? A Eireen, Pancri e Momo. So che ne farebbero buon uso
Quando sei nervoso cosa fai? Ascolto musica, esco a camminare, stordisco qualcuno con i miei lamenti e poi scrivo in maniera compulsiva
Che musica ascolti? Tutta quella che mi fa muovere il sedere
Il tuo colore/i preferito? Blu e verde
Il tuo piatto preferito? Spaghetti…in tutte le salse e varianti
Il tuo più grande difetto? Il cinismo (condito da una spruzzata di malizia)
Il tuo più grande pregio? La comprensione
Città preferita? Al momento in fase di ricollocazione
Quanti veri amici hai? Un paio. Anche tre se abbondiamo
Potendo cambiare epoca in cui vivere, quale sceglieresti? L’800 viennese
Qual è il personaggio del passato che ti piace di più? Ludwig II di Baviera
Qual è il personaggio contemporaneo che ti piace di più? Luciana Littizzetto
Qual è la canzone che accompagna la tua vita? Beauty school drop-out di Grease
Cosa ti fa più arrabbiare? L’ipocrisia
Cosa ti fa più felice? Condividere le gioie e le confidenze...e riderci abbondantemente su!

Bona. Direi che anziché un piattino vi ho servito una bella porzione abbondante di affari miei!
E voi non avete voglia di condividere qualcosa?? Se si lasciatemi un commentino, dai!

venerdì 27 settembre 2013

Ultime letture

In questo post vi avevo chiesto aiuto. Ho raccolto i suggerimenti, li ho ordinati e questi sono i libri che ho letto da quel momento fino a oggi.

Le indagini di Publio Aurelio Stazio, Danila Comastri Montanari
È stata Michi a consigliarmeli e per questo la ringrazierò in eterno. Sono stati un'autentica rivelazione e una goduria letteraria da panico: casi intricati, ironia e sarcasmo taglienti conditi da dialoghi e descrizioni brillanti. Se poi ci aggiungete che sono un patito della storia romana (si, ho letto tutti e tre i libri di Alberto Angela sull'argomento e lo rivendico con orgoglio!), l'epoca e le ambientazioni erano quello che faceva al caso mio. Soprattutto finalmente una scrittrice di gialli italiana che ti ingarbuglia talmente le acque che fino al colpo di scena finale non si capisce né il movente né il colpevole. E un italiano che è italiano: ricco, piano, suggestivo. Perfetto. Peccato che dei 16 casi che vedano Aurelio protagonista ne siano stati ristampati in una nuova edizione solo cinque. Sbrigatevi a ripubblicare gli altri 11!

Lui è tornato, Timur Vermes.
Mi ha fatto morir dal ridere. Certo, l'eventuale ritorno di Hitler su questa terra sarebbe un'eventualità mica tanto piacevole, ma si sa, nella finzione narrativa tutto è possibile (e esorcizzabile). L'ironia dissacratoria e disincantata dell'autore fa centro: ci mette a nudo per quello che siamo e come possiamo apparire a uno sconosciuto piombato qui dal 1945. La cosa migliore però è leggere le parole (tradotte) di un tedesco che critica senza tanti giri di parole la sua stessa patria e filosofia di vita. Definire la Merkel "una donna tarchiata dalla stessa allegria di un salice piangente" è stato l'apice della goduria. Non siamo i soli a vedere le crepe nel sistema.

L'orribile karma della formica, David Safier
Stranamente anche David Safier, tedesco di Brema, scrive libri dallo stile ironico (con lui la risata è assicurata); il che, ne converrete, è cosa insolita ed eccezionale. Di lui avevo già letto Delirio di una notte di mezza estate in treno di ritorno da un viaggio. L'intero vagone mi guardavo male ogni volta che sghignazzavo di soppiatto appiccicato al finestrino, ma che altro si può fare quando la storia è tremendamente divertente, comica, assurda e surreale? Non lasciatevi ingannare però, sotto la patina irriverente e canzonatoria Safier lancia messaggi rivoluzionari e attuali. Volete sapere quali? Non vi resta che leggere i suoi libri e tirarvi le vostre conclusioni.

Le indagini del Commissario Laurenti, Veit Heinchen.
Terzo autore tedesco di questa book review. L'unico che non vi consiglio. Mi era stato consigliato per via delle ambientazioni triestine e carsiche (l'autore infatti, anche se originario della Foresta Nera, vive da mo' a Trieste) molto dettagliate e quotidiane. L'ho trovato pallosissimo, noiosissimo e sciapissimo. Un tris di -issimo. Una brutta copia di Montalbano solo in chiave triestina (d'adozione, dato che il protagonista è in realtà di Salerno). Le descrizioni della città sono praticamente nulle, del Carso non si parla che di sfuggita, l'unico elemento caratterizzante è la bora. Come se Trieste non fosse sinonimo di bora. Sai che scoperta. Ho mollato a metà il primo caso (con l'ultimo uscito a inizio 2013 siamo a quota 7) e senza rimpianti gli ho combinato un incontro galante con il bidone della carta.

Le donne del Re Sole, Simone Bertiére.
L'ho semplicemente adorato. Pettegolezzo in puro stile XVII secolo. Intrighi, amori, altarini, matrimoni, tradimenti, lettere e paternalismi. Il tutto in uno stile vivacissimo e brioso che rende l'insieme più simile a una telenovela in crinoline che a fatti storici documentati e effettivamente accaduti. C'ho sguazzato come un tordo in una bacinella d'acqua, come un maiale in una pozzanghera fangosa. Me lo sono proprio gustato. Vabbè, potrei anche dirvi che getta nuove luci su sto osannato Re Sole che alla fine della fiera risulta essere un comandone fighetto e pure infoiato cronico, sempre con il pennone alzato in segno di saluto alle signore. Ma soprattutto conferma il detto "dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna" (in questo caso "grandi donne"). Perché ste favorite avran pure contato poco agli occhi della storia, ma si facevano un mazzo cubico ste poracce. Su una scala da uno a cinque vince cinque stelline.

La bambinaia francese, Bianca Pitzorno
Ogni volta che sento il nome Pitzorno mi vengono in mente gli anni delle elementari. Ah, i primi libri illustrati, i grandi classici della mia infanzia firmati, appunto, Bianca Pitzorno e Roal Dahl. Ah, che nostalgia di sentimenti e tenerezza. Ah, quanto ho adorato Ascolta il mio cuore. Rprendere in mano un libro di questa autrice mi ha fatto capire com'è che la adoravamo tutti in classe: la semplicità dei termini, ma nello stesso tempo la dolcezza di sentimenti, le atmosfere calde e accoglienti, parole chiare ma potenti. Non so, secondo me sta donna c'ha un dono. O forse sono io che crescendo con i suoi libri ho ricevuto un inprinting mica da scherzo. Fatto sta che la storia, liberamente ispirata a Jane Eyre, mi ha commosso e fatto sospirare. Perché non ne scrivono più di libri così??? C'è bisogno di qualità per le future generazioni!!

Prossima lettura: non pervenuta. Idee? Proposte?

martedì 24 settembre 2013

15coseX25anni

Tanti auguri a me, tanti auguri a me, tanti auguri caro Torqui, tanti auguri a meeeeeee!

E tanti auguri anche a te, a te e a te! Come per cosa?? Per il tuo non-compleanno!!

Grazie grazie per gli auguri, grazie grazie troppo buoni, ma ora torniamo al motivo principale del post. Come avrete notato la lista delle cose da fare si è accorciata, da 25 sono diventate 15. Perché? Bhe ho pensato di seguire la moda generale e togliermi dieci anni, per sentirmi più giovine e fresco. Tutti si tirano, tutti si lipposuzzano, tutti si esfoliano il visino, ho pensato che dichiarare virtualmente 15 anni fosse un buon compromesso. No, seriamente. La lista si è accorciata perché tra tutte le varie proposte che ho ricevute queste sono quelle che veramente hanno suscitato il mio interesse barra entusiasmo e così ho preferito sceglierne 15 che mi piacessero veramente e che sicuramente farò. Meglio poche ma fatte bene che molte e fatte male, no? Dopotutto avevo specificato che la decisione finale sarebbe spettata a me e questo ho deciso. In più la maggior parte di voi mi ha consigliato viaggi e mete e sarebbe stupendo visitare tutti i luoghi che m'avete indicato, ma purtroppo mancano i requisiti fondamentali: tempo e denaro. Sigh sob sob sigh, gulp!

Prima di darvi la lista completa voglio ringraziare tutti quelli che hanno partecipato e si sono presi quei 5 minuti per scrivermi e sottopormi le loro proposte. Ho apprezzato molto. Anche le iniziative più bislacche, tipo: fare parapendio (ho un cuore debole, rischio di lasciarci giù un ventricolo e mezzo sistema arterioso), vivere in campagna per un mese, fare volantinaggio contro la caccia alle balene, vincere alla lotteria (magari), spendere 10.000 euro in un giorno (averli tutti sti soldi), fare paracadutismo (allora volete proprio vedermi morto!!) e andare in udienza dal Papa (cosa che ho già fatto, ma questa è un'altra storia). Ogni volta che spunterò un punto alla lista scriverò un apposito post in cui vi spiegherò e/o racconterò tutto per filo e per segno.

E ora ta-daaaaaaan, le 15 cose per 25 anni:

1) Mettere finalmente una mia foto sul blog - Una e una soltanto, unica e irripetibile. Non per essere scontroso, ma la mia timidezza me l'impone e poi...ci tengo alla mia privacy.

2) Vedere Torino - Una mia ex compagna di triennale che ora lavora e vive là continua a invitarmici, direi che questo è l'anno buono per andarla a trovare.

3) Fare ALMENO un altro blogger incontro - Decisamente. Sarà che fino ad ora sono stato fortunato con i blogger incontri e direi che uno in più ci sta. Poi se riesco a farne anche un quarto o addirittura un quinto, meglio!

4) Scrivere una lettera al mio me 30enne - Questa iniziativa mi è piaciuta nel momento stesso in cui l'ho letta. Grazie Pinguino per la splendida idea.

5) Andare a teatro per vedere un VERO spettacolo teatrale - A teatro ci sono andato solo alle elementari a vedere Pierino e il Lupo e alle superiori per vedere qualche opera di Pirandello. Ora direi che una bella commediola è cosa buona e giusta.

6) Tornare - almeno per una notte - a Monaco per riprendere la gossip session tra espatriati - Questa è tassativa. Che continuo a dire "eh ma quando ti vengo a trovare, eh ma quando vengo in su" e per il momento son rimaste parole al vento. Sia mai che mi trasformi in uno di quei tira bidoni stile "ti scrivo appena ho un attimo di respiro" e poi si nebulizzano nell'aria.

7) Cucinare tutto da solo - senza chiedere consigli a nessuno, ma solo servendomi di un libro di cucina - una torta al cioccolato - Dopo il riuscitissimo esperimento della Bavarese, direi che è il momento di testarmi ulteriormente e quando si parla di cioccolata sono in prima linea. Sempre.

8) Leggere da capo a piedi l'Ulisse di James Joyce (anche in italiano va bene) - Questo è un autentico guanto di sfida che mi viene lanciato. Rispondo con coraggio al singolar tenzone.

9) Raccontare il lato più intimo della mia esperienza a Monaco - Mi è stato fatto notare che su queste pagine virtuali ho raccontato solo la facciata più splendente del mio espatrio a tempo determinato. Dopo un anno sono pronto a svelare alcuni aspetti meno scintillanti. Non tutti eh, che un po' d'atmosfera magica certe esperienze devono mantenerla.

10) Continuare Filippo anche se non so dove mi porterà - Assolutamente si. Anche solo per un esercizio di scrittura ho deciso di portare avanti questo progetto a oltranza. Ammetto di essermi affezionato alla mia stessa storia. Capita.

11) Leggere La coscienza di Zeno - Ultimamente Trieste e la sua particolare atmosfera sono molto presenti nella mia quotidianità, per ciò ora che il liceo è storia passata, perché non dare una chance a questo che è il classico triestino per eccellenza? Proviamoci.

12) Leggere ALMENO un classico della letteratura russa - Ammetto di essere completamente a digiuno di letteratura russa. Se qualcuno fosse così gentile da suggerirmi il primo libro con cui cominciare un approccio soft a questo ambito gliene sarei molto grato.

13) Indire un Give-away tutto mio - Prometto che ci proverò. In un anno dovrei riuscire ad inventarmi qualcosa di decente. In caso contrario mi inventerò qualche altro "concorso" alternativo!

14) Girare un giorno intero con in testa il mio sciantosissimo cappello bavarese - Imbarazzante, ma doveroso.

15) Tornare per almeno tre giorni a Trieste e vederne i posti più bohémien - Giusto per studiare ulteriormente questa strana città  a metà strada tra Vienna, Roma e Venezia. C'è ancora tanto da scoprire!

Non vedo l'ora di iniziare questa nuova avventura da oggi in poi. Fibrillation!!

lunedì 16 settembre 2013

Latitanza

Ditela la verità al vostro puccioso amico Torqui...vi sono mancato vero?

Anche voi.

Purtroppo però dovremo aspettare ancora un po' per intavolare una chiassosa riunione tra blogger e affezionati lettori. Non so perché, ma è nell'ordine astrale della mia vita che settembre sia sempre un mese da esaurimento. Da pant pant puff puff. E sì che a me settembre piace: è il mio mese, l'inizio dell'autunno, delle prime manichette lunghe e delle felpe, dell'ultimo sole cristallino prima del piombo invernale. Eppure mi tocca il più delle volte girare come una trottola e fermarmi solamente ai primi di ottobre, spompo e con gli occhi a mulinello. Al momento il mio sedere tira il divano come la calamita il ferro.

Spero di non latitare ancora per molto perché far languire il Projekt Dresden sia mai!!

Please abbiate ancora un pochino di pazienza e poi riprendiamo le nostre gossip session!

Grazie e a presterriiiiiiiiiiimo!


sabato 7 settembre 2013

TorquiFisse

È ufficiale: ho una nuova serie preferita del momento. Miranda.

A malincuore devo ammettere che in fatto di serie tv brillanti e ironiche gli inglesi la sanno più longa di noi -sigh- però grazie a quella meravigliosa risorsa chiamata internet posso ingurgitare quantità massicce di queste serie impunemente e senza mettere su nemmanco un etto in più. Tié al dietologo!

Se avete occasione guardatela. Ve la consiglio. Anzi no, ve la stra-consiglio.

Go Miranda!


Waiting for season 4! Arf arf arf

martedì 3 settembre 2013

Un anno dopo

La mia casa a Monaco (2piano, le 2 finestre sulla sx)
Un anno fa questo era il primo giorno della mia nuova vita da reimpatriato.

Sto 2013 è l'anno degli anniversari significativi: sei anni di maturità, due anni di laurea, un anno da reintegrato. Anniversari a mazzi come gli asparagi, a cespi come la lattuga.

E dopo un anno si sa, è tempo di bilanci. In un anno di tempo uno ha avuto ben 365 giorni per pensarci, ripensarci, soppesare col bilancino cosa è stato e cosa no, quel che avrebbe potuto essere, quel che uno avrebbe dovuto imparare (non imparare dai fatti accaduti è un delitto capitale) e cosa effettivamente ha ricavato dall'esperienza. Riflettere infine con animo lucido e archiviare con serenità quel che è stato. Io non so se l'ho fatto, ma di sicuro ho riflettuto, ponderato, analizzato e sceso a patti con il "fallimento".

Non starò qua a fare bei discorsi. Vi dirò invece quel che ho capito (o credo di aver capito) da tutto sto marasma che è stato il mio ritorno a casa. Gli effetti benefici.

1) Tornare in Italia dopo un espatrio mi ha regalato una sorta di orgoglio patriottico. Se prima ero partito con appiccicata alle caviglie la vergogna della mia nazionalità, ora la rivendico con fermezza. Io sono italiano. Si, abbiamo tanti difetti, forse troppi, ma sono in larga parte smorzati da altrettanti pregi. Si sa: nella vita tutto si equilibra. E non c'è niente di cui vergognarsi. Anzi. Tutto quello che di migliore c'è nel mondo in fatto di moda, cibo, arte e monumenti ha nome italiano. Ed è ora che ne prendiamo coscienza, invece di avere la mania dell'esterofilia.

2) Per quanto possa essere piccola, provinciale, un po' snob e bacchettona, rigida e pettegola, Verona è la mia città e io sono veronese. In ogni fibra del mio esile corpicino. Nella mentalità, nel modo di affrontare il mondo, di pesarlo, di giudicarlo e criticarlo. Posso trotterellare per il globo in lungo e in largo, andare a vivere in Guatemala o in uno sperduto villaggio andino, ma gli occhi con cui vedrò attorno a me avranno sempre il metro di paragone veronese.

3) L'espatrio ha portato molta più essenzialità nella mia vita, ha sfrondato i rami secchi. E all'inizio è stato spiacevole prenderne atto. Nessuno vuole tornare e sentirsi solo come un cane. Ma poi ho capito che è stata una benedizione. Niente più ipocrisie, sforzi inutili per gente inutile, compagnie stantie come un pandoro scaduto, noiosissime serate passate a parlare di niente. Qualità al posto della quantità. Era ora.

4) L'espatrio mi ha cambiato. E dirlo è riduttivo. Mi ha cambiato talmente tanto e in talmente tanti lati e ambiti di me che ancora non so fino a che punto, profondità e campo ha operato il suo miracolo. Stranamente tutti cambiamenti in meglio. Sono il primo ad esserne stupito. Difatti ogni volta che avverto un cambiamento in me o un atteggiamento diverso mi pare impossibile che sia cambiato senza esserne minimamente accorto. Per avere conferma non sapete quante volte ho chiesto alla Torquimamma "ma ero così??" e lei "bha, non lo so". Namo bene...

5) Un anno a casa ha cambiato la mia percezione del "fallimento". Ora so che non lo è stato. È stata un'evoluzione. Un indispensabile ritorno alle radici. Probabilmente se fossi rimasto avrei finito per perdermi: avrei nascosto le mie origini, le avrei barattate con delle altre e così non sarei stato né carne né pesce. In questo modo invece sono stato graziato: nel caso di un nuovo espatrio ho un'identità precisa ed elastica. Che si adatta, ma non si vergogna. Che si piega al vento, ma non dimentica da dove viene.

Alla fin fine, in un modo del tutto contorto e imprevedibile, è andato tutto per il meglio.

Cioè ho anche fatto pace con i Deutsch: l'altro giorno ho dato delle indicazioni a due turiste sperdute per il centro. Fate un po' voi!

venerdì 23 agosto 2013

Ne ho timore...

Di pubblicità è lastricata la nostra vita televisiva. E questo si sa.

Di tutti i tipi, di tutti i gusti, di tutte le ore, su qualunque canale. Non c'è scampo. E noi, da bravi, ce la sorbiamo. Ci sciroppiamo spot su spot su qualunque cosa e, diciamocelo, ogni tanto ci scontriamo con di quei réclam che manco alla fiera campionaria del trash.

Due in particolare, secondo me, staccano su tutti. Insuperabili. Inimitabili. Il trionfo del kitch del piccolo schermo. Le pubblicità del Chilly e di Thomas Tawn (il guru dei capelli che te li resuscita solo sfiorandoli).

E parliamo del primo. Il Chilly. Ovvero quel miracoloso sapone liquido barra gel con cui ci pulisce le zone sante e che promette di regalare freschezza duratura e una magnifica sensazione di benessere per tutto il giorno. Sottotesto: cara ragazza, cara donna, cara nonnina, non vi preoccupate, se vi lavate adeguatamente le terga con questo prodotto, anche una giornata bollente da 40 gradi all'ombra vi lascerà il vostro giardino segreto fresco e rigoglioso. E per sottolineare l'efficacia del messaggio subliminale, nello spot, una gallinella dalla coda di cavallo afferra un signor cubetto di ghiaccio da una caraffa piena d'acqua e ghiaccio e se lo strofina sul collo. Il nuovo spot si spinge ancora più in là: stavolta la gallinella, stanca del cubetto di ghiaccio, affonda un dito in un enorme cono alla menta e se lo porta voluttuosamente alla bocca. Alcune volte mi chiedo se i pubblicitari non si fumino di qualcosa mentre sono in ufficio. Fatemi capire: quando una si lava col Chilly è come se la mettesse in freezer? Deve andare in bagno con tre minuti di anticipo che se no appena abbassate le mutandine esce la nebbiolina di condensa come quando apri il freezer di scatto? Cioè se una ragazza si lava col Chilly cos'ha là basso? Dei cristalli di brina mattutina che scintillano al sole se esposti alla luce? Un leggero strato di neve fuori stagione? Metti caso che una c'ha un appuntamento galante e prevede che si andrà al sodo nel dopo cena, è meglio che non se la sia strofinata con quello, altrimenti rischia che il suo dolce amore resti incastrato nel suo dolce forno. E quando il timer avrà suonato dubito che ne uscirà un soufflè al cioccolato con morbido ripieno, tutt'al più un bastoncino Findus mezzo spanato.
A me sta pubblicità inquieta. E non sono nemmeno una donna, per cui sono esonerato dal potenziale utilizzo del favoloso Chilly. Sicuramente se lo fossi lo metterei le sere in cui temo che il mio dolce lui voglia fare del chupa dance imprevisto. Invece del mal di testa o del mal di stomaco avete idea quando figo/a sembrerei dicendo: "No amore, scusami, ma stasera mi sono lavata con Chilly, la poverina non si scongela prima di ventiquattr'ore. Facciamo domani eh? Smack! Smack! Notte notte". E morta lì.

Ma veniamo al secondo. Thomas Tawn, il mago del capello liscio e perfetto che sa come stirartelo. Quest'uomo, che corre sempre in soccorso delle dame afflitte dal mostro tricologico, ha brevettato, oltre a uno shampoo rivoluzionario che ti rende il capello liscio meglio di uno spaghetto scondito, un ancora più rivoluzionario olio che si spruzza sui capelli quando questi sono sfibrati dal sudore e/o dallo stress. Anche in questo caso una ragazza cammina per strada, si da un'occhiata ai capelli visibilmente sciupati e con un largo sorriso sulla faccia estrae dalla borsetta sto olio d'argan del Marocco (rigorosamente del Marocco) e si spruzza sui capelli la prodigiosa lozione magica. Tempo due secondi ce li ha come fosse appena uscita dalla parrucchiera sotto casa. Bon. E pensano che noi ce la beviamo. Certo perché se io son li che aspetto alla fermata dell'autobus e mi spruzzo l'olio d'argan, non ho più un gomitolo di capelli sudati in testa, ma un caschetto rilucente di tutto rispetto. Così, di punto in bianco, con un paio di spruzzetti veloci veloci. Quanto scommettiamo che se me lo mettessi io, tempo due secondi mi trasforma i capelli sudati in ancora più sudati? Talmente sudati che sembra che sia appena uscito da una nuotata in una piscina di melassa? Per non parlare dell'effetto collaterale: uno sciame di vespe, calabroni, api e mosche che mi girerebbe intorno alla testa regalandomi un delizioso cappellino di moschini affamati. Ma per favore!!! Non siamo ancora così fumati. Ultimamente i miracoli non li fa manco Dio, figuriamoci se ha capito come farli Thomas Tawn. Poi se una l'ha provato e si è vista ringiovanire i capelli in un nanosecondo meglio. Io resto scettico.

Di belle promesse è costellata la nostra condizione di spettatori impotenti. E per carità, noi siamo pazienti, sopportiamo tutto con stoica rassegnazione. Di una sola cosa vi preghiamo: imparate a dirle meglio!!
Che almeno anche noi possiamo far finta d'averci creduto.

venerdì 16 agosto 2013

E-book? No, grazie!

“No no li devi assolutamente leggere! Tò, ti presto l’Ebook e te li leggi. Categoricamente. Prendilo, smanettaci, leggili e quando hai fatto me lo restituisci. Bon”. Le sorelle sanno essere molto democratiche. Sicché mi sono ritrovato con un Ebook in mano da utilizzare.

Lo dico subito: è stata un'esperienza un po', un po’ tanto, macchinosa. Almeno per me che sono un feticista del cartaceo.

Oddio è comodo perché pesa quanto un filo d’erba, contiene un sacco di libri e non ha quella fastidiosa retroilluminazione allucinogena del computer che ti regala un bell’occhio cerchiato a panda. Particolarmente indicato, secondo me, per i viaggiatori: non ti fa volume nel bagaglio a mano e ci carichi su tre libri per precauzione che se dovessi finire il primo ne hai altri con cui ammazzare il tempo. Così uno si evita il saccheggio d’emergenza alla libreria dell’aeroporto subito dopo l’atterraggio.

Ma. Bisogna accenderlo e spegnerlo. Ricaricarlo perché si scarica come un cellulare o una macchina fotografica. Voltare pagina con l’apposito bastoncino (operazione durante la quale il caricamento ogni tanto s'ingrippa). Trovare i file in internet (e anche li un mare magnum di formati che supporta o non supporta o che devono essere convertiti per non farti bugs ecc ecc). Scaricarli sul computer. Passarli sull'e-reader. Se poi son tutti di formato diverso rischi che si impalli, che carichi una pagina si e una no. Insomma si porta appresso tutte le magagne tipiche degli affarini tecnologici. Il lato estetico poi, ‘na tristezza infinita: sfogli sfogli e tutte le pagine sono uguali. È il trionfo dell’indifferenziato: ci si riduce a leggere milioni e milioni di pdf, senza copertina, senza una vera impaginazione editoriale, senza stile, senza personalità e, in certi casi, con pagine mangiucchiate perché il formato è supportato fino ad un certo punto.

Capitemi. Per me è una tragedia: un libro è li, lo apri ed è subito a disposizione, giri pagina senza aspettare che carichi e non ha problemi di batteria. Metti caso che uno voglia rileggere quel tale libro, che fai se l'hai già cancellato? Accendi il computer, collega l'ebook, ripassa il file sul reader… Un libro invece lo prendi dallo scaffale ed a tua disposizione. Subito. Immediatamente. Con la cara vecchia carta ti porterai pure appresso un attimino di peso in più, ma compensi in praticità. Sono uno della vecchia scuola: come il cartaceo non ce n’è. E poi vogliamo mettere il risvolto estetico? Ti guardi la copertina, lo sfogli, lo giri, lo rigiri, vedi a che punto sei del libro solo guardando il segnalibro spuntare fuori dall’insieme di pagine (ebbrezza che l'ebook non da), i dorsi scoloriti e le pagine ingiallite. Quello è il fascino del libro vissuto! La cosa poi che più mi scoccia/ha scocciato è che se vuoi rileggerti alcune parti, con il reader ti tocca prendere e andare tutto indietro (perdendo il segno di dove eri) per poi tornare di nuovo dov'eri. Con la carta ci infili il dito, sfogli, rileggi e ritorni a dove stavi. Senza drammi e senza dover risfogliare da capo 130 pagine elettroniche. 

Che volete che vi dica? In questo campo sono un reazionario. Mi piacciono le cose vecchie. Quelle che danno emozioni e che anche se non parlano, lo fanno con linguaggio muto.

Un libro formato cartaceo non lo batte nessuno!

Questo il mio punto di vista. Dopo libertà assoluta. Il mio giudizio vale come il vostro. Se, e dico se, un giorno mi farò vagabondo alla Jack Kerouac considererò, forse, e sottolineo forse, l'idea di dotarmi di un e-reader. Per ora…ma manco per la cippa!!

venerdì 2 agosto 2013

Deutscher in Italien

La grande invasione ha raggiunto la sua fase di massima espansione. Il suo vertice assoluto. I veronesi lasciano le sponde dell’Adige in cerca di frescura sulla Riviera o sugli speroni delle Dolomiti, loro calano a frotte per colonizzare le rive del Lago di Garda e la città sguarnita dalle truppe locali. Il flusso migratorio è al culmine. Sono ovunque. Scorrazzano, entrano, li vedi, li senti parlottare, si siedono, mangiano. Ovunque. Almeno i bisognini vanno a farli nei posti giusti. Almeno quello dai.

Non ti puoi sbagliare, li riconosci subito. Anche se non parlano ce l’hanno scritto in faccia. Li vedi a un miglio di distanza. Biondi, occhi spenti dalla calura, visi in fiamme ustionati dall’impietoso sole italiano, mascelloni, sciabattano per la città in infradito ridotte a sottilissimi listelli di gomma consunta, pantaloncini mini (unisex, si badi bene) più simili a costumi da bagno che veri indumenti civili, magliettine bianche slavate sostituite nelle ore più calde da canotte dalle scollature ombelicali o, nel peggiore dei casi, da pallidissimi petti nudi la cui vista offende il buon gusto e il minimo rispetto di sé. Avete già capito chi sono vero? I tedeschi. Come non riconoscerli!
Poi si stupiscono se, non appena chiedono indicazioni in inglese, invece di rispondere alla domanda, gli si chiede se sono tedeschi. Allora li vedi illuminarsi e annuire soddisfatti ja ja ja. Cioè è palese: chi può andare in giro per il centro a piedi nudi sui sanpietrini bollenti con il costume da bagno sotto la canotta?? Solo loro. Che subito si entusiasmano decantando la bellezza del luogo e svelando il vero motivo dietro il loro look da bordo piscina: sono qui in giornata dal Gardasee dove campeggiano in tutta allegria. Ma va’? Non s’era capito. Difatti quale veronese non sciama per la vie del centro in costume da bagno??

Sgomitano per entrare nei negozi dove si avventano sui capi in saldo come avvoltoi sulla carogna di un animale. Smanazzano, frugano, tastano, esibiscono, esclamano, confabulano, intasano i camerini di prova e corrono su e giù per il negozio a piedi nudi con nonchalance. Il tratto peculiare che li contraddistingue in queste occasioni, nonostante non aprano bocca, è la scelta infelice di scarpe e vestiti. Hanno infatti un vero dono, una dote rara, un metal detector innato per tutto quello che per noi è battonchic-trash. Scarpe con la zeppona e lustrini, borchie e pizzi sono loro. Le adorano. Le passano alla cassa e se le infilano per direttissima. Magliette unicolor nelle sfumature più tristi, dal giallo vomito al marrone fumé, trovano nelle loro mani degni padroni. Sbavano davanti alle vetrine con occhi sbarrati dalla meraviglia. Testimonianza eloquente del loro passaggio è lo stato in cui versano i negozi dopo la loro visita: uno tsunami vandalico. Lasciano dietro di sé cumuli di vestiti spiegazzati, gettati alla meno peggio sugli scaffali e scatole di scarpe esplose sul pavimento. La cosa che mi preoccupa è che quella roba, che noi ci chiediamo come possa esser stata messa in commercio, finisce poi nelle loro valigie e, una volta tornati in madrepatria, verrà esibita con gioia e immensa soddisfazione davanti ad amici e parenti  al grido di “Questa l’ho comprata in Italia!!”. E lì la nostra nomea di paese del buongusto e dell’eleganza per antonomasia, scivola tristemente giù per lo sciacquone.

Questo per quanto riguarda i giovin signori. Per i signori di una certa età cambia sia il look che l’atteggiamento. I tedeschi allampanati, quelli stagionati si muovono per le vie con fare stupito, calcando il suolo in shantosissimi e sempre di moda sandali marroni da escursionismo, accompagnati da imbarazzanti bermudine color sabbia multitascate, corredate a loro volta da camicie scozzesi a quadrati extra large, tipici dei boscaioli delle Montagne Rocciose che, diligentemente infilate nei pantaloncini, mettono così bene in mostra il fisico allenato da bevitore seriale. Il tutto è coronato da un cappello texano degno di una guida del deserto. Immancabile la macchina fotografica ultra professionale al collo e lo zainetto sportivo da camminata alpina a spalle. Un paio di gioviali baffoni bianchi dona al tutto quell’adorabile gusto retrò, un po’ vintage che fa tanto bavarese nostalgico.

Ma i migliori sono quelli che girano per le cittadine del lago ubriachi marci, sbronzi come una zampogna che, inneggiando alla Bella Italia armati di una bottiglia di birra, aspettano la corriera per la città sul ciglio della strada a mezzanotte.

Italia, parco divertimenti d’Europa.